La violenza di genere: comprendere il fenomeno per prevenirlo
La violenza di genere è una delle forme più diffuse, complesse e persistenti di violenza nella nostra società. Colpisce soprattutto le donne, ma riguarda tutti: scuole, famiglie, istituzioni, comunità. Non è un fatto privato, né un evento isolato, ma un fenomeno strutturale, radicato in squilibri di potere, stereotipi culturali e modelli relazionali distorti. Comprenderlo significa poterlo prevenire. E la prevenzione passa in modo decisivo dalla scuola, dalla cultura e dall’educazione all’affettività.
Con “violenza di genere” si intende qualsiasi atto di violenza basato sul genere, che provoca o può provocare danni fisici, sessuali, psicologici o economici.
Rientrano nella definizione:
violenza psicologica (controllo, isolamento, umiliazione);
violenza fisica;
violenza sessuale;
violenza economica;
persecuzione e stalking;
violenza digitale;
violenza assistita (subita da minori che assistono a maltrattamenti).
Le donne sono le principali vittime, ma il fenomeno riguarda anche persone LGBTQ+ e, in casi specifici, uomini in situazioni di dipendenza o vulnerabilità.
La violenza di genere non è un raptus, né un conflitto di coppia.
È il prodotto di una cultura che, per secoli, ha costruito ruoli maschili e femminili rigidi, asimmetrici e gerarchici.
L’uomo dominante, forte, controllante.
La donna accudente, docile, disponibile.
Questi modelli rigidi generano sofferenza in entrambi i generi, ma diventano pericolosi quando l’uomo interpreta la perdita di controllo come una minaccia alla propria identità.
In molte relazioni la violenza nasce quando un partner cerca di controllare l’altro, limitandone libertà, scelte, amicizie, autonomia economica.
La cultura romantica spesso confonde la gelosia con l’amore, il controllo con la cura, la dipendenza con la passione.
Questo terreno favorisce dinamiche di abuso.
Tra giovani e giovanissimi emergono forme specifiche di violenza di genere:
Controllo dei telefoni, richiesta di password, monitoraggio dei social, invio non consensuale di immagini intime.
Frasi come “se non sei geloso non mi ami” o “non devi mettere like a nessuno” sono segnali di dinamiche di controllo.
Richieste insistenti, ricatti emotivi, minimizzazione del consenso.
Derisione dell’aspetto fisico, commenti svalutanti, paragoni umilianti.
Riconoscere i segnali precoci è fondamentale. Tra i più comuni:
controllo degli amici, degli orari, del telefono;
commenti umilianti o denigratori;
esplosioni di rabbia seguite da scuse e promesse;
gelosia eccessiva;
alternanza destabilizzante tra idealizzazione e svalutazione;
senso di colpa costante della vittima;
isolamento progressivo dalla famiglia o dal gruppo dei pari.
La violenza raramente inizia con un gesto eclatante: cresce lentamente, in modo subdolo.
Le ragioni sono molteplici e complesse:
paura di ritorsioni;
dipendenza economica o emotiva;
vergogna;
isolamento;
presenza di figli;
mancanza di sostegno sociale;
effetto “ciclico” della violenza (tensione – esplosione – luna di miele).
Comprendere questi fattori aiuta a non giudicare le vittime e a offrire supporto reale.
La scuola può fare moltissimo:
Aiutare ragazzi e ragazze a riconoscere emozioni, limiti, consenso, gestione del rifiuto.
Promuovere modelli di maschilità e femminilità plurali, non basati sul controllo o sulla dipendenza.
Offrire spazi di ascolto sicuri e figure competenti che possano riconoscere situazioni a rischio.
Favorire relazioni rispettose, prevenire bullismi e dinamiche di esclusione.
Psicologi, centri antiviolenza, educatori, forze dell’ordine formate sul tema.
dare ascolto senza giudizio;
credere al racconto delle vittime;
offrire informazioni chiare sui servizi sul territorio;
non minimizzare o normalizzare comportamenti controllanti;
essere modello di relazioni sane.
La violenza di genere non è inevitabile. È un fenomeno prevenibile se la società investe davvero in educazione, cultura, sostegno alle vittime e responsabilizzazione degli autori.
Proteggere le ragazze e le donne significa proteggere l’intera comunità, perché una società in cui la metà della popolazione vive nel timore o nella svalutazione è una società meno libera per tutti. Parlarne a scuola, con gentilezza e competenza, significa offrire a ogni studente strumenti per riconoscere e costruire relazioni rispettose, equilibrate e consapevoli.
Psicologo, Psicoterapeuta - Lecco
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