La violenza crescente tra i giovani: cause e strategie per intervenire
Negli ultimi anni molti osservatori insegnanti, educatori, psicologi, forze dell’ordine segnalano un aumento di episodi violenti tra adolescenti e preadolescenti: risse, bullismo, cyberbullismo, aggressioni improvvise, danneggiamenti, comportamenti a rischio.
Non si tratta di un’allarmistica “emergenza giovani”, ma di un fenomeno complesso, che richiede analisi lucida e interventi sistemici. La violenza adolescenziale è un segnale, non un destino: dietro comportamenti aggressivi ci sono fragilità, bisogni non riconosciuti, carenze educative, contesti poveri di legami significativi. Comprendere le cause è il primo passo per costruire soluzioni efficaci.
Molti ragazzi faticano a dare nome a ciò che sentono: rabbia, frustrazione, vergogna, senso di inadequatezza. Senza strumenti emotivi adeguati, l’aggressività diventa una via rapida per esprimere un disagio che non trova parole.
Genitori e adulti spesso sono sovraccarichi, assenti o confusi. Alcuni hanno paura di porre limiti, altri adottano uno stile educativo troppo rigido o troppo permissivo.
I ragazzi crescono così senza confini chiari, fondamentali per sentirsi al sicuro.
La cultura online amplifica:
spettacolarizzazione del conflitto;
ricerca di visibilità;
assuefazione alla violenza in video e challenge;
disinibizione anonima;
logiche di branco e umiliazione pubblica.
Il confine tra reale e virtuale si assottiglia e un insulto online può rapidamente trasformarsi in una rissa offline.
Paradossalmente, i ragazzi sono iperconnessi ma spesso isolati emotivamente. Molti non hanno un gruppo solido, vivono sentimenti di esclusione, o percepiscono gli altri come minacce anziché risorse.
La violenza diventa un modo — distorto — di affermarsi o di essere visti.
Nei contesti privi di occasioni culturali, sportive e relazionali, la frustrazione aumenta. Mancano alternative positive in cui investire energia e identità.
Alcuni ragazzi crescono con l’idea che per essere “forti” occorra dominare, non mostrare fragilità, reagire con forza fisica.
La violenza diventa così un linguaggio identitario.
Ansia, depressione, impulsività, disregolazione emotiva e traumi possono esprimersi con comportamenti esternalizzanti: esplosioni, aggressioni, chiusura empatica.
La scuola deve diventare un luogo in cui insegnare:
riconoscimento delle emozioni;
comunicazione non violenta;
gestione della rabbia;
capacità di chiedere aiuto;
empatia e ascolto.
Allenare le competenze socio-emotive riduce drasticamente comportamenti aggressivi.
Servono adulti che:
diano regole chiare;
mantengano coerenza;
non abbiano paura di dire “no”;
sappiano ascoltare senza giudicare;
mostrino alternative sane per affrontare conflitti e frustrazioni.
Scuole, famiglie, servizi sociali, associazioni, centri sportivi devono collaborare. Nessun contesto da solo può contenere il disagio giovanile.
I ragazzi hanno bisogno di sentirsi parte, non solo di “essere controllati”.
Attività sportive, musicali, artistiche, teatrali, laboratori creativi e di cittadinanza attiva proteggono dall’aggressività perché danno un senso di identità e scopo.
Accompagnare i ragazzi nell’uso critico dei social:
riconoscere dinamiche di violenza online;
imparare a non amplificare contenuti dannosi;
comprendere la responsabilità delle proprie azioni digitali.
Quando emergono segnali come:
esplosioni improvvise;
bullismo;
isolamento;
autolesionismo;
abuso di sostanze,
occorre intervenire subito con psicologi scolastici, sportelli d’ascolto e percorsi personalizzati.
Molti episodi di violenza sono agiti in branco, non da soli.
Interventi sul gruppo (role playing, circle time, peer education) riducono la pressione del conformismo e rinforzano relazioni positive.
La violenza tra i giovani non è il sintomo di una “generazione perduta”, ma il risultato di vulnerabilità individuali e collettive che non trovano risposta. Per intervenire davvero occorre coltivare competenze emotive, offrire presenza adulta, creare comunità accoglienti e fornire alternative positive in cui i ragazzi possano riconoscersi. Investire sui giovani significa investire sulla capacità di vivere insieme in modo rispettoso, costruttivo e gentile. E una società che educa alla gentilezza è una società più forte, per tutti.
Psicologo, Psicoterapeuta - Lecco
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