Il potenziale creativo del Sè

INDICE
Introduzione

CAP.1
La creazione dello Stile di Vita : pag.3
1.1 Verso una differenziazione del Sé pag.3
1.2 Verso l'individuazione e la valorizzazione del Sé pag.4
1.3 Verso la creazione del nucleo prototipico pag.5
dello Stile di Vita adulto

CAP.2
La creazione dello Stile di Vita patologico pag.6
2.1 Creazione dello Stile di Vita nevrotico pag.7
2.2 Creazione dello Stile di Vita depressivo pag.9
2.3 Creazione dello Stile di Vita schizofrenico pag.11

CAP.3
La creatività in terapia: pag.13
3.1 Il rapporto tra creatività del terapeuta
e creatività del paziente pag.16
3.2 Creatività patologica del Sé: caso clinico pag.17
Conclusione pag.24
Bibliografia pag.25


INTRODUZIONE
Stimolato dalle letture sulla pratica clinica di Fonagy, dalla sua valorizzazione di una relazione
terapeutica che potrei descrivere come nell'interazione del Sé dello psicologo che diviene motore
del movimento condiviso col paziente verso lo svelamento di mete fittizie e la costruzione di
compensazioni utili e collaborative, mi sono posto alcune domande per me cruciali nel lavoro in
terapia : da dove trae origine la capacità “dell'individuo sociale” di adattare le proprie esigenze
personali alle esigenze della società permettendosi di esprimere quelle che Fromm definì come
passioni? In cosa differisce l'individuo che esprime i propri desideri in forma collaborativa o
addirittura compiendo profonde trasformazioni positive per il benessere sociale, dagli individui che
tendono al raggiungimento di scopi di superiorità che comportano comportamenti antisociali?Una
prima risposta potrebbe essere trovata nel rafforzamento del sentimento di inferiorità e nella carenza
di Sentimento Sociale. Sarebbe una risposta parziale.

Non spiegherebbe ancora in che modo si struttura uno Stile di Vita non collaborativo e, soprattutto, cosa accade in psicoterapia
nell'interazione tra i simboli guida del paziente e i simboli guida del terapeuta. Mi sono reso conto
ad esempio, durante la mia attività di psicoterapeuta individuale, di come il rapporto col cliente
viene a interessare non solo il materiale conscio e inconscio condiviso nella relazione di transfertcontrotransfert
me che, già nelle prime fasi della terapia, avviene inesorabilmente la partecipazione
di quegli elementi storici individuali, educativi, di quei sistemi di ideali , di quel modo di
appercepire la realtà, sia da parte del terapeuta che da parte del paziente, che rappresentano la
“disposizione” soggettiva della personalità organizzata nel Sé individuale.

Nel tentativo di fornire
risposte soddisfacenti ai quesiti espressi precedentemente e per comprendere meglio cosa comporta
l'interazione di due Stili di Vita in terapia,. mi sono reso conto dai lavori di autori rappresentativi
della Psicologia Individuale Comparata come Fassino, Ferrero, Rovera, gli Ansbacher, Parenti, e
da innumerevoli lavori compiuti in ambito clinico e di ricerca esposti nelle riviste della Psicologia
Individuale, come lo Stile di Vita venga considerato il prodotto di una atto creativo soggettivo
emergente da un nucleo di potenzialità innate nell'uomo. Potenzialità che, a veder bene negli scritti
della letteratura di matrice adleriana, sono già nel neonato pronte a plasmare Stili di Vita molto
personali.

Ho avvertito perciò la necessità di unificare gli elementi teorici sulla creatività umana,
che si ritrovano nei più svariati testi individual-psicologici , e farne un “corpo organizzato e
coerente” che permetta allo psicoterapeuta, così come allo psicologo che si vuole avventurare nella
teoria adleriana, di avere una “guida” del “significato profondo” di uno dei concetti chiave della
teoria a cui io stesso faccio riferimento nella mia pratica clinica:il Sé Creativo.

La creatività del Sé
viene ben definita da Arieti e da Stevenin come uno stato soggettivo di ricerca delle somiglianze tra
le esperienze. Sono quindi le esperienze assimilate e organizzate in rappresentazioni mentali dal
soggetto, accompagnate da una valutazione soggettiva , a fornire quel sentimento di inferiorità
vissuto come spinta motivante verso una meta di valorizzazione individuale. L'individuo proverà ad
adattarsi all'ambiente modificandolo in parte e in parte venendone influenzato nel suo sviluppo.
Verrà fornita, nel primo capitolo, una breve descrizione delle fasi di sviluppo dello Stile di Vita
come creazione di un Sé reale sano in cui risiedono, in equilibrio, le forze della “Volontà di
potenza” e del “Sentimento Sociale”.

Sarà successivamente descritto lo sviluppo di uno Stile di Vita
che, per reazione a eventi di stress eccessivo o per gravi mancanze nel rapporto col caregiver
interpolate a cause biologiche, diviene caratterizzato da una sintomatologia nevrotica,
schizofrenica o depressiva. Nel secondo capitolo, dedicato alla patologia del Sé, evidenzio infatti la
differenza tra la creazione di un nucleo della personalità che possa avere in sé il potenziale per uno
Stile di Vita patologico e la manifestazione sintomatica di quel potenziale. I sintomi risultano
pertanto come una ulteriore creazione dell'individuo che compensa il suo sentimento di inferiorità
attraverso una sofferenza psichica. Pur di raggiungere la meta ideale di superiorità, il nevrotico
“adleriano” è “disposto” ad attuare compensazioni o super-compensazioni rinunciando anche alla
propria libertà di scelta e alla propria salute psico-fisica.

Nel terzo capitolo viene sviluppato e
analizzato il rapporto terapeutico tra il Sé Creativo del cliente e il Sé Creativo dello psicoterapeuta.
Attraverso il lavoro psicoterapeutico effettuato con un mio cliente (che al momento del presente
lavoro è al sesto mese di terapia), termino il terzo e ultimo capitolo dimostrando nella pratica clinica
come il Sé Creativo possa essere strumento (nell'interazione transfert-controtransfert) ed obiettivo
(nel senso di uno sviluppo sano del potenziale creativo del Sé) del lavoro condiviso tra paziente e
terapeuta.


CAP.1
La creazione dello Stile di Vita

Lo Stile di Vita si struttura durante la prima infanzia. Secondo la teoria adleriana in questo periodo
l'eredità organica esercita una grande influenza nello sviluppo delle competenze adattive del
bambino. Inoltre, l'ambiente esercita pressioni sullo Stile di Vita influenzandone lo sviluppo in
modo interdipendente dalle qualità dell'agente “pressante” e dalla percezione soggettiva che il
bambino ha delle caratteristiche del fattore ambientale. Ne le inferiorità d'organo, ne le influenze
ambientali bastano per prevedere ciò che il bambino farà.

Il bambino impiegherà gli stimoli trasmessi dal suo corpo e dal mondo supportato dalla forza
creatrice di un Sé che si sta sviluppando e la cui attività è riscontrabile già nei primi giorni di vita
attraverso il comportamento. All'interno di possibilità limitate, il neonato infatti si muove e si
impegna verso uno scopo di autoconservazione iniziale per poi, con lo sviluppo delle competenze
psicofisiche in confluenza con una educazione corretta, in uno meta di perfezione. Muovendosi nel
mondo verso uno scopo inconscio, cioè guidato dal suo Senso della Vita, il bambino costruisce il
suo Stile di Vita. Durante tutta l'esistenza l'individuo penserà, sentirà e agirà in accordo con il suo
Stile di Vita (Ansbacher).

1.1 Verso una differenziazione del Sé
Il neonato percepisce a livello sensomotorio, inizialmente un senso di inferiorità per la propria
condizione di minus rispetto a un ambiente extra uterino ricco di stimoli che, un sistema cognitivo
immaturo, non è in grado di differenziare e integrare.

In questo periodo, quindi, potrà avvertire
emozioni semplificate di piacere e dispiacere provando pertanto un senso di piacere/dispiacere in
base alla propria esperienza nella fase di allattamento con la madre, attraverso il contatto fisico, le
espressioni facciali e le risposte che la madre stessa effettuerà alle esigenze istintuali ( bisogni di
mangiare, bere, defecare,dormire) del neonato. Dalle risposte del genitore ai suoi comportamenti di
richiesta di soddisfacimento dei bisogni fisiologici prima e di sicurezza, accudimento poi, il neonato
comincerà ad associare certi suoi comportamenti aggressivi non intenzionali (espressione di una
primordiale volontà di potenza) con alcune risposte specifiche del genitore.

Da uno stato sensoriale
indifferenziato (Pagani), il bambino passerà, verso il sesto mese, ad uno stato di percezione di un Sé
, contenitore di bisogni fisiologici, da un Non-Sé (la madre) col quale è in simbiosi. Anche le
emozioni cominciano a differenziarsi e cominciano a formarsi vissuti di gioia , rabbia, paura,
tristezza e disgusto collegati a esperienze in cui il bambino si sente potente o impotente rispetto a
richieste sempre più esigenti dell'ambiente. Dopo il primo anno ad esempio, gli si richiede sempre
di più il controllo del muscolo sfinterico, e di modificare i propri comportamenti di aggressione in
comportamenti socialmente adeguati.
Il Senso Sociale innato che, seppure prevaricato alla nascita dalla Volontà di potenza, esiste nel
potenziale umano, permette al bambino, nella sua prima infanzia, di mantenere la vicinanza del
caregiver attraverso il quale può sopravvivere. Quindi, man mano il bambino si differenzia e si
individualizza dal care-giver, deve abbandonare una posizione di “illusoria onnipotenza” che gli ha
permesso di raggiungere una meta primaria di autoconservazione.

1.2 Verso l'individuazione e la valorizzazione del Sé
Verso la fine del secondo anno di vita , il bambino comincia a individuarsi rispetto il Non-Sè
materno. Utilizzando una primitiva capacita di simbolizzazione, originaria del primo anno di vita
(Lichtenberg), comincia a memorizzare le esperienze emotive di potenza e impotenza vissute nei
primi anni di vita e a “rafforzarle” in sentimenti di potenza e di inferiorità che porteranno al
rimaneggiamento delle esperienze inferiorizzanti e al mantenimento di quelle valorizzanti.

Il bambino passando dal soddisfacimento di bisogni fisiologici del primo anno di vita, a bisogni di
autostima, comincia a organizzare, verso i 3 anni, un “circuito corporeo del come se” (Damasio)
Cioè nel periodo del gioco del far finta il bambino simula attraverso le emozioni provate durante il
gioco il superamento di quel senso di inferiorità originario corporeo che, nella formazione di un Sé
psicologico, si è trasformato in sentimento di inferiorità.

Dai due anni quindi si ha la formazione di sentimenti legati ad esperienze educative in cui la
capacità riflessiva del genitore dovrebbe aver permesso una separazione e individuazione sicura e
una successiva capacità di riflettere sui propri sentimenti e desideri e su quelli dell'Altro
comprendendo che l'Altro ha desideri e credenze propri. Verso i tre anni il bambino acquisisce la
consapevolezza di Sé e la volontà di potenza, ormai arrivata allo stadio maturo di desiderio,
intrecciandosi con il sentimento sociale, permette di compensare in modo socialmente adeguato e
individualmente valorizzante il sentimento di inferiorità del bambino.

Attraverso un processo di identificazione empatica il sentimento sociale sviluppato dal bambino
diviene, in uno sviluppo ideale, forza che alimenta il nucleo creativo del Sé: il Sé Creativo.
Il Sé creativo è quell'area intrapsichica che ha in sé il potenziale per creare uno Stile di Vita sano e
adattato positivamente alla società e alla cultura di appartenenza. Se adeguatamente alimentato da
un sentimento sociale sviluppato attraverso una educazione e un apprendimento per imitazione
rivolta al “piacere del dare”, il Sé Creativo determina mete realistiche consce di un Sé ideale che
comporta compensazioni adattive.

1.3 Verso la creazione del nucleo prototipico dello Stile di Vita adulto
In uno sviluppo ideale quindi il rapporto tra il bambino e il caregiver non minaccia l'integrità di un
Sé ancora fragile e permetterà, dopo l'adolescenza, quando il Sé corporeo si sarà stabilizzato,
l'evolversi di un concetto di Sé verso l'autostima. L'energia aggressiva, energia utilizzata dalla
volontà di potenza per il raggiungimento di mete di auto-realizzazione e di crescita dell'autostima, si
esprimerà nella volontà di potenza e in uno Stile di Vita che non tenderà a un fine di superiorità
all'interno di una logica personale e non allontanerà i comportamenti compensatori dalla realtà
socialmente condivisa.

In uno sviluppo sano in tutti i compiti vitali, la Volontà di potenza, integrata al sentimento sociale,
lavora per l'espressione, nello Stile di Vita, dei desideri personali dell'individuo.

Il Sé Creativo
organizzerà la realtà esterna in schemi appercettivi interni che permetteranno un “libero” evolversi
delle dinamiche interpersonali e intrapsichiche verso l'espressione di desideri personali all'interno di
una capacita di identificarsi con lo stato mentale altrui, comprendendo e rispettando le esigenze
personali (Fromm). Il Sé ideale, creato dal Sé creativo, sarà il risultato di valori socialmente
condivisibili e di mete di perfezione che, costruite partendo da interiorizzazioni “sane” del
rapporto di attaccamento sicuro Sè-Non Sé in modelli operativi interni (Bowlby), supporteranno il
concetto di Sé, permettendogli di attuare compensazioni positive soddisfacenti il bisogno di
autostima e di autoaffermazione, attraverso la rimozione di esperienze eccessivamente frustranti e
la consapevolizzazione di quelle affettivamente soddisfacenti.

La rimozione, è una difesa che viene utilizzata (in uno sviluppo sano), a partire dai 4 anni, per
permettere al bambino di integrare il far finta del gioco nella realtà senza vivere le proprie paure
come eccessivamente reali ma con la consapevolezza che rientrano nel far finta (Fonagy) . Risulta
quindi una difesa da esperienze e idee pericolose per la costruzione di uno Stile di Vita in cui la
Volontà di potenza e il Sentimento Sociale devono rimanere intrecciate in equilibrio omeostatico
per permettere al Sé Creativo il mantenimento di una meta di perfezione (cooperazione
empatica+desideri di elevazione personale).

Quindi, ogni individuo ha una personalità unitaria che egli stesso crea secondo il principio del
movimento (Ansbacher ). Fin dalla nascita il suo potenziale creativo viene sviluppato con il fine di
raggiungere una posizione di plus, per superare un ostacolo. Lo Stile di Vita è quindi la traccia della
personalità che l'individuo crea guidato dall'opinione che ha della vita e dello stile di vivere (l'ideale
di Sé, i valori, la mete personali ). Già dopo i primi 6 anni di vita l'individuo avrà creato un
prototipo della personalità adulta, i tratti temperamentali a 5-6 anni saranno predittivi di quelli a
25-35 anni (Cloninger), e il bambino percepirà le situazioni date in accordo con le proprie mete
consce e inconsce (desideri e bisogni-Maslow).


CAP.2
La creazione dello Stile di Vita patologico

Esperienze e idee pericolose per la costruzione di uno Stile di Vita in cui la Volontà di potenza e il
Sentimento Sociale devono rimanere intrecciate in equilibrio in modo per permettere al Sé creativo
il mantenimento di una meta di perfezione (cooperazione empatica+desideri di elevazione
personale) vengono solitamente rimosse.

Il contenuto rimosso però rimane attivo a livello inconscio
fornendo il potenziale per una futura eccessiva attivazione della volontà di potenza a scapito
dell'equilibrio raggiunto col sentimento sociale. La rimozione non è altro che una “scelta” che
l'individuo compie inconsciamente sotto la guida del Sé ideale (Mosak e Shulman ). Se il bambino
subisce precocemente traumi nel suo sviluppo che ne accentuano il senso di inferiorità, la meta
prevalente che il Sé creativo immaturo, dominato dalla volontà di potenza, creerà nel complesso
del Sé ideale, sarà lontana dalle reali possibilità dell'individuo e dalle reali richieste della società,
sarà quindi finzionale e verrà a identificarsi con l'ideale di Sé.

La potenzialità quindi dell'individuo di adattarsi alle richieste della comunità sarà limitata da una
meta prevalente fittizia di superiorità che lo allontanerà, nel suo Stile di Vita, dalla “comprensione
sana” del vivere comune.
Più lontana dal sentimento comunitario sarà la costruzione di un Sé difensivo (Masterson) maggiore
sarà il rafforzamento delle finzioni di superiorità e più rigido e disadattivo sarà lo Stile di Vita della
persona che utilizzerà compensazioni che potranno comportare uno Stile di vita nevrotico, uno
Stile di Vita psicotico, uno Stile di Vita depressivo o uno Stile di Vita che rispecchierà una
organizzazione della personalità borderline con eventuale disturbo della personalità (disturbi in asse
II del DSM IV-TR).

Nel presente capitolo, verranno affrontate le costruzioni della personalità con sintomi nevrotici,
psicotici e sindrome depressiva. Non verranno presi in considerazioni i disturbi di personalità in
quanto determinati da una varietà maggiore nell'uso di difese del Sé che, su base scissionale del
rapporto Sé-Oggetto, forniscono una personalità che può rientrare in qualsiasi dei tre cluster
indicati dal DSM IV-TR.

Inoltre, una, seppur breve, descrizione della costruzione personale di uno
Stile di Vita nevrotico, psicotico e depressivo sono sufficientemente esplicativi della lotta che
l'individuo compie per il mantenimento di un senso finzionale di superiorità come compenso di
quel complesso di inferiorità che ha spinto la volontà di autoaffermazione oltre il sentimento
comunitario con il quale dovrebbe intrecciarsi, per permettere al Sé Creativo di esprimersi nelle
sue potenzialità adattive.


2.1 Creazione dello Stile di Vita nevrotico
Per la psicologia individuale comparata adleriana l'adattamento non deve essere confuso con il
conformismo ad una ideologia dominante. Si intende invece la capacità dell'individuo, sotto la
spinta del sentimento di inferiorità, di apportare il suo specifico individuale contributo nei tre
compiti vitali (lavoro, affetti, relazioni sociali).

L'individuo modifica l'ambiente e ne viene
modificato. Un buon adattamento è quindi “lottare per il lato comunemente ritenuto utile, mentre
scarso adattamento è il lottare per lato ritenuto inutile” (Ansbacher). Se il sentimento di inferiorità è
la spinta che origina il movimento al cambiamento e il sentimento sociale è il bisogno a cooperare
che permette all'individuo di adattarsi positivamente alla società di appartenenza, il potere creativo
del Sé crea la meta che guida lo Stile di Vita individuale.

Si può quindi concludere che c'è adattamento positivo quando lo Stile di Vita in un soggetto è
orientato secondo la direttrice che passa per “il significato vero della vita: la collaborazione” (Adler,
1927).
Ma in che modo la creatività del soggetto permette una compensazione positiva del sentimento di
inferiorità originario?
La creatività del Sé configurerebbe, riprendendo le definizioni di creatività di Arieti e di Stevenin,
uno stato soggettivo di ricerca delle somiglianze tra le esperienze. In tal senso viene ricercato un
equilibrio tra la Volontà di Potenza e l'interiorizzazione delle richieste sociali esterne dovuta al
Sentimento Sociale (Secondo Fassino) .

L'oggetto intrapsichico o intersoggettivo creato modificherà l'ambiente interno od esterno
accrescendo l'autostima. L'aumento dell'autostima accrescerà a sua volta la creatività in un “circolo
virtuoso”, che costituisce l'adattamento creativo dell'individuo (Secondo Fassino).

Quando il Sentimento Sociale viene poco sviluppato nel rapporto genitore-figlio e nel rapporto
individuo-ambiente accudente durante lo sviluppo dell'infanzia e dell'adolescenza , all'ora la Volontà
di Potenza innalzerà la meta finale ad una meta prevalente finzionale di superiorità. Tale meta sarà
creata sulla base di una logica privata che renderà difficile il mantenimento di uno Stile di Vita
guidato da un Ideale di Personalità creato a partire da giudizi errati sul Sé, sul mondo e su come il
mondo dovrebbe comportarsi per facilitare il raggiungimento del sentimento inconscio di
superiorità dell'individuo.

In questo modo la creatività del Sé è sotto il controllo di spinte
narcisistiche di autoaffermazioni e un sentimento sociale poco sviluppato rende incompatibile
l'adattamento personale che la meta prevalente richiede, alle esigenze di empatia, collaborazione e
capacità di contribuire allo sviluppo della comunità, attraverso competenze personali che vadano
oltre agli interessi imposti dalla volontà di autoaffermazione.


Lo scarto esistente in questi individui tra le esigenze della società e il Sé Ideale creato sotto la
spinta di una sentimento di inferiorità, che non ha trovato nella capacità riflessiva del soggetto lo
strumento per mantenere la sua valenza di spinta ad un adattamento positivo, comporta l'utilizzo di
compensazioni negative, cioè socialmente inutili, per il mantenimento dello Stile di Vita pianificato.
Le mete fittizie che il soggetto andrà a perseguire saranno tentativi di superare, attraverso finzioni
rafforzate, un rafforzamento del sentimento di inferiorità in complesso di inferiorità.

Per tanto, la deficitaria educazione al Sentimento Sociale grazie al processo di mentalizzazione
poco sviluppato in lui dal care-giver (Fonagy), comporta nel soggetto la difficoltà a mantenere la
coesione intrapsichica delle strutture del Sé. Ciò comporta anche nel bambino la valutazione
soggettiva errata alle proprie competenze e alle esigenze dell'ambiente in cui vive, amplificando la
posizione percepita di minus e portandolo a sviluppare, nel tempo e con ripetute esperienze di
abbassamento dell'autostima, quel complesso di inferiorità che spingerà il Sé Creativo
“immaturo” a innalzare la meta prevalente a una meta prevalente di superiorità e, per questo,
fittizia.

Il livello di rigidità dell'organizzazione del Sé avvenuta nelle prime interazioni dipenderà molto
dall'origine del complesso di inferiorità.

Nella formazione di uno Stile di Vita nevrotico, come risposta difensiva alla difficoltà di affrontare
le richieste della società e di autoaffermazione nei compiti vitali, vi è il raggiungimento comunque
di un sentimento di inferiorità di secondo tipo (Bolteraurer), base per un intensificarsi in complesso
di inferiorità nel nevrotico, che esprime comunque già la capacità dell'individuo a ricercare in un
ambiente separato dal Sé il soddisfacimento dei bisogni personali. L'individuo che conduce uno
Stile di Vita nevrotico utilizza finzioni rafforzate fino a creare sintomi e sofferenza, con lo scopo di
soddisfare i propri bisogni superiori ( di affetto, di successo ecc...) all'interno di un rapporto
intersoggettivo. Tale rapporto non è raggiunto invece dal bambino che avverte un sentimento di
inferiorità di primo tipo (Bolteraurer).

Tale sentimento di inferiorità è vissuto nella fase sensomotoria
piagettiana. E' quindi da intendere come un senso di inferiorità in quanto, in questa fase di
sviluppo, il bambino non possiede la capacità di rappresentazione simbolica della relazione Sè-
Altro. Non si può pertanto parlare di un vero e proprio sentimento di inferiorità. Nel primo anno di
vita tale senso di inferiorità spinge verso la gratificazione di un “bisogno di tenerezza primaria”
(Brunner), antecedente anche a quello di nutrizione e di sostentamento fisico.

Sarà quindi il nucleo prototipico del Sé Creativo, formatosi nei primi 5 anni di vita a fornire, in base
al sentimento di inferiorità fissato (di primo tipo o di secondo tipo) la possibilità della
pianificazione sociale o antisociale dello Stile di Vita adulto.
Quindi, nel soggetto nevrotico vi è uno squilibrio tra le due istanze fondamentali (Volontà di
potenza e Sentimento Sociale) che lo rende impreparato a far fronte ai sentimenti che emergono dal
confronto con una realtà frustrante. Attraverso strategie collaudate sin dall'infanzia costituirà “dei
precursori psicopatologici che , associati tra di loro, ed in particolari situazioni di soglia biologica e
di predisposizione costituzionale, possono venire rimobilitati in seguito a conflitti interni,
relazionali o ambientali” (Rovera, 1992).

Il nevrotico è in grado di distinguersi in modo stabile dagli altri e dal proprio Ideale di personalità,
con la possibilità di relazioni ambientali realistiche. L'ambivalenza tra la volontà di autoaffermarsi
e il sentimento sociale, tra l'aspirazione alla supremazia e il bisogno di convalida sociale, propria
del nevrotico, fissato al sentimento di inferiorità di secondo tipo (Bolterauer), verrà espressa in un
comportamento che Adler definì del tipo “si” e “ma”.

Il nevrotico viene meno ai problemi della vita poiché nutre maggior interesse in ciò che ha espresso
col “ma” piuttosto che in ciò che ha espresso col “si” (Andrea Ferrero). Il nevrotico cioè riconosce
il senso comune, gli altri distinti da Sé e Sé come distinto dagli Altri, ma teme che essere individuodistinto
lo ponga in una situazione di difficoltà . La scarsa auto-consapevolezza dell'angoscia
provata nelle situazioni problematiche della prima infanzia provoca nel nevrotico una tensione
eccessiva che può provocare una ipertrofia del mondo fantastico interiore, il quale può diventare un
sostituto di un adeguato esame di realtà.

L'atteggiamento del nevrotico non è quello di chi rifugia nella fantasia,negando una realtà dolorosa,
ma quello di che tenta una soluzione dei conflitti in modo che la fantasia sembri la realtà.
Occorre però precisare che nel nevrotico la patologia non rappresenta solo una via all'isolamento
ma anche un richiamo alla cooperazione Il nevrotico utilizza i sintomi per nascondere la
conflittualità inconscia dell'individuo.

2.2 Creazione dello Stile di Vita depressivo
Da quanto descritto sopra si comprende come la funzione generale del comportamento nevrotico, in
tutte le sue molteplici forme,consiste nel fornire rassicurazioni al nascosto sentimento di superiorità
(Ansbacher,1956). L'evoluzione nevrotica dello Stile di Vita può assumere sintomi depressivi come
tristezza,prostrazione, scoraggiamento,idee di fallimento, mancanza di decisione, inquietudine
interiore, senso di colpa, fantasie di disistima, disturbi fisici, idee suicidarie. Inoltre possono essere
presenti anche momenti maniacali.

Questa evoluzione di uno Stile di Vita nevrotico ha sempre come fine una meta di superiorità e non
necessariamente è preceduta da un trauma specifico come nelle depressioni reattive ma può essere
evocata in qualunque fase dello sviluppo infantile da uno scoraggiamento ad opera di fattori esterni
come la situazione familiare, esperienze infantili sfavorevoli e dallo svantaggio sociale (Andrea Ferrero).

Diverse sono quindi le condizioni che possono condurre un bambino ad un comportamento
depressivo. Genitori depressi hanno poche capacità di incoraggiare un figlio educandolo al
Sentimento Sociale. Essi non rafforzeranno la sua immagine di Sé. Uno stile educativo severo che
punisce i comportamenti spontanei e impedisce manifestazioni utili della volontà di potenza verso
un'espressione di Sé, delle proprie passioni (Maslow), utile a un rafforzamento dell'autostima
all'interno di una rete ideale di collaborazione empatica e uno stile educativo viziante, che renderà il
bambino eccessivamente esigente, condurranno alla creazione di uno Stile di Vita che utilizzerà in
forma endogena o reattiva una aggressività auto-diretta in forma di sintomi depressivi per esprime
l'esistente aspirazione alla superiorità.

La rabbia e gli impulsi aggressivi non possono essere manifestati a causa della mancanza di
relazioni interpersonali che caratterizza la struttura caratteriale del depresso e l'inibizione fa sì che
essi vengano deviati contro la propria persona. Questa deviazione dell'aggressività viene favorita
dalla presenza di sensi di colpa e da conseguenti tendenze autopunitive.

Sia in uno Stile di Vita depressivo su base endogena, quindi in rifermento a un disturbo bipolare, sia
in uno Stile di Vita nevrotico che si deprime reattivamente a fattori endogeni traumatizzanti, una
realtà vissuta come eccessivamente esigente può comportare idee di fuga anche suicidarie.

Il depresso vorrebbe vivere ma in condizioni migliori e col riconoscimento del proprio valore da
parte dell'ambiente che lo circonda. L'immagine che ha del mondo è però quella di un Non-Sé non
capace di comprenderlo o di aiutarlo. Il mondo è ostile e tale visione si contrappone alla
idealizzazione, strutturata dal suo sé creativo depresso, di un mondo invece che deve essere appunto
presente, sostenerlo ed essere alle sue dipendenze. Nelle sue fantasie di fuga, il depresso simula
l'elevazione del suo sentimento di superiorità (Adler,1920). Le idee suicidarie rappresentano la
massima espressione di tali fantasie di superiorità, di grandiosità del Sé (Kohut).
Quindi si può aiutare il depresso inserendolo in una rete di sostegno sociale in cui può sentirsi
compreso e dove viene evitato l'isolamento.

Il nevrotico che utilizza uno Stile di Vita depressivo, si rammenta al lettore, ha superato la fase del
sentimento di inferiorità di primo tipo, quello legato al “bisogno di tenerezza primaria”
incondizionata (Brunner) e sta reagendo a un sentimento di inferiorità di secondo tipo. Ha la
capacità di compiere un buon esame di realtà per la presenza di un Sentimento Sociale deficitario
ma non negato alla coscienza, determinato dalla relazione col genitore-Oggetto Sé. Quindi è
possibile aiutare il soggetto con uno Stile di Vita depressivo (cioè nevrotico con sintomatologia
prevalentemente depressiva) rafforzando in terapia il coraggio nella relazione e gli interessi utili che
sono ancora a disposizione del soggetto (Andrea Ferrero).


2.3 Creazione dello Stile di Vita schizofrenico
Shulman definisce la schizofrenia come il risultato di un piano di vita. Cioè è presente una
interazione negativa tra la progettazione e il processo psicotico. Il limite estremo di tale interazione
è rappresentato dalla schizofrenia catatonica in cui l'arresto ideomotorio conferma che l'unico
programma possibile è quello di non programmare (Parenti).

La schizofrenia ha sia una base biologica intrapsichica che può alterare, attraverso un processo
psicotico, la primitiva struttura del Sentimento Sociale, sia un determinante nelle precoci alterazioni
del Sentimento Sociale, provocate da disturbi relazionali che possono generare disturbi nelle
strutture biologiche intrapsichiche del Sé provocando una sua frammentazione.
Quindi, appare di primaria importanza definire gli stadi evolutivi del paziente psicotico per
comprenderne al meglio l'interazione del progetto di vita con il progetto psicotico.

Il progetto psicotico propone come meta prevalente la somiglianza a Dio e occorre comprendere in
che modo si forma un complesso di inferiorità tanto destrutturante per la coesione del Sé da
condurre alla creazione di una meta ideale così distante dalla logica comune da richiedere la
formazione di allucinazioni, deliri e dissociazioni psicotiche per il mantenimento del progetto di
vita che permette allo schizofrenico l'evitamento dell'angoscia di frammentazione.

Il modello per comprendere la patogenesi dello Stile di Vita schizofrenico è quello trifasico di
Lehmkul. Tale modello si può semplificare in questo modo ( Fassino):

FASE I. Le cause genetiche e biochimiche associate ad alterazioni famigliari che provocano
disturbi nella interazione intra e interpersonali fornendo una predisposizione a livello dello Stile di
Vita. In tale fase le interazioni famigliari patogeniche sono caratterizzate principalmente da doppi
legami e da identificazioni multiple che determinano la frammentazione del sé.

FASE II. I life-events scatenano lo scompenso relazionale in sintomi che ripristinano la coesione
del Sé rinforzando la meta prevalente di onnipotenza e diminuendo il Sentimento Sociale
intrapsichico con evidente disfunzione dell'esame di realtà.

FASE III. Si verificano le relazioni famigliari che condizionano la remissione comportando una
cronicizzazione.
Adler nel “Temperamento nervoso” (1912) aveva individuato come nello psicotico la tensione tra i
bisogni dell'esistenza reale e quelli del mondo immaginario lo conduce al tentativo di “tradurre in
realtà la sua finzione”.


Negli schizofrenici l'immagine di Sé scissa ostacola la formazione del simbolo. Ciò comporta che
l'immagine diviene realtà. Il paziente schizofrenico quindi non associa l'immagine di Sé a un
simbolo che viene compreso dal paziente stesso, ma diviene allucinazione. Lo schizofrenico quindi
non crea uno Stile di Vita associando la meta prevalente ad una immagine simbolica del Sé Ideale
ma viene compreso nel delirio di onnipotenza perdendo la differenziazione tra l'immagine di Sé e
l'Ideale onnipotente di personalità.
Si può ipotizzare che lo schizofrenico abbia un estremo bisogno di contatto sia con la realtà, sia con
la propria “fantasia”, dal momento che entrambe sono perse nella “logica privata” delle psicosi
(Andrea Ferrero).

Per logica privata in psicologia individuale non si intende la mancanza di comunicazione con
l'Altro, in quanto anche lo schizofrenico presenta una comunicazione che vede nell'Altro il proprio
interlocutore, ma risulta un termine efficace nel far comprendere come “è solo in virtù del sintomo
nervoso, con il ritiro psichico, con l'isolamento, che l'individuo arriva ad un relativo equilibrio”
(Adler, Prassi e teoria della Psicologia Individuale, 1920).

Per quanto riguarda la seconda e la terza fase dello sviluppo dello Stile di Vita schizofrenico
proposta da Lehmkul è presente un rapporto del bambino con sua madre nella prima infanzia che
comporta, come afferma Searls (1965), un suicidio della personalità del paziente per salvare la
realtà psicologica della propria madre. E' una madre alle cui richieste il bambino non è in grado di
rispondere. Le richieste multiple contraddittorie della madre, il doppio legame che instaura col
figlio, impediscono l'evoluzione del sentimento sociale e al bambino di individuarsi . in assenza di
un esame di realtà adeguato il figlio immagina che se si individua, la madre interiorizzata impazzirà
e, quindi, sacrifica se stesso.

L'aggressività autodiretta nelle prime fasi dello sviluppo psicosessuale, successivamente nello
schizofrenico adulto si esprimerebbe anche in modalità eterodirette. Al suicidio intellettuale (Adler)
si affiancherebbe anche un omicidio psichico attraverso manifestazioni colleriche, oppositive
violente, perpetuate sia dal paziente che dai familiari all'interno di un sistema patogeno di tipo
schizofrenico.

Schema della struttura del Sè-Stile di Vita

Legenda:
Se reale =Stile di vita con mete reali = linea di sviluppo realistica
Sé difensivo=Stile di Vita con mete fittizie =linea di sviluppo finzionale
Sé reale Sé difensivo
Concetto di Sè Visione del mondo
Sentimento di inferiorità
Complesso di inferiorità
Tendenza al superamento
Tendenza mascherante
Volontà
di autoaffermazione
Sentimento sociale
Volontà
di autoaffermazione Sentimento sociale
Se Creativo
maturo Se Creativo
immaturo
Valori Metodi operativi
Ideale di Sé come
meta prevalente di collaborazione Ideale di Sé come
meta prevalente
di superiorità
Sé ideale
collaborativo/Sè
ideale di superiorità
Valori distorti Metodi operativi
errati
Autostima
reale
Compensazioni
utili e mete reali
Autostima
fittizia
Compensazioni
inutili e mete fittizie
Errori nel
concetto di Sè
Visione
errata del mondo


CAP.3
La creatività in terapia

Nei due capitoli precedenti ho condotto una disanima semplificata dello sviluppo “creativo” di uno
Stile di Vita sano e patologico evidenziandone le differenze in termini di coesione del Sé, di mete
prevalenti e di capacità a mentalizzare.

Inoltre nella creazione di un piano di vita compensatorio di un sentimento di inferiorità rafforzato
nell'infanzia ho focalizzato l'attenzione sui livelli di sviluppo del Sentimento Sociale (intesa come
istanza intrapsichica di coesione del Sé e come bisogno di collaborazione) in rapporto all'intreccio
con la Volontà di potenza per il perseguimento della meta di superiorità secondo una “logica
privata” che assume un “verso” nevrotico, nevrotico-depresso, psicotico-schizofrenico, in base
all'interazione negativa tra elementi biologici intrapsichici, il tipo di relazione con il care-giver, nel
sistema di accudimento prima e attaccamento poi e la soggettività del Sé.

E' quest'ultima ad
organizzare e sintetizzare l'esperienza in uno schema appercettivo e in un sistema di valori e
comportamenti compensatori secondo la guida di una meta prevalente di superiorità.
Andando, in un continum immaginario, dalla formazione nevrotica a quella schizofrenica, i fattori
predisponenti, biologici e interpersonali, saranno sempre più dominanti fino ad impedire, nello
psicotico, la formazione di una creatività del Sé in grado di formare simboli guida come meta
prevalente. In tal modo, come descritto nel paragrafo 2.3, la meta dominante sarà concreta in
quanto l'immaginario domina lo schizofrenico in una realtà allucinatoria e delirante.

Nei paragrafi successivi verrà fornita una descrizione di come la creatività di un Sé, che organizza
la realtà in uno schema appercettivo personale sulla base di errori di valutazione, costruisca uno
Stile di Vita intorno a un nucleo nevrotico psicotico o borderline che rende latente la risposta
patologica al conflitto interpersonale. Il paziente che presenta uno Stile di Vita con tratti nevrotici o
psicotici può essere comunque inserito all'interno di una condizione di vita sana.

Qualora le finzioni
utilizzate dal soggetto per compensare l'emergere del complesso di inferiorità dominano lo Stile di
Vita individuale, allontanando il comportamento del paziente dalle richieste di collaborazione
empatica espresse dal senso comune, allora si entra nell'area della patologia del Sé.

Quando un paziente presenta sintomi dell'Asse I del DSM IV-TR vive il suo disagio relazionale ed
esistenziale ed è più propenso a lavorare con lo psicoterapeuta su un obiettivo comune rappresentato
dal miglioramento nella qualità della sua vita. Pazienti che presentano invece un disturbo di
personalità, con Stile di Vita formato su un nucleo di organizzazione di confine della personalità
( borderline secondo Kernberg, al limite secondo Bergeret), se non presentano anch'essi sintomi in
Asse I del DSM IV-TR, si trovano in una situazione egosintonica rispetto la loro patologia e risulta
perciò estremamente difficile un intervento psicoterapeutico per mancanza di motivazione
intrinseca.

Quindi, nonostante il caso clinico esaminato si riferisca a un paziente con un disturbo di personalità,
verrà descritto sulla base di sentimenti di vergogna, sentimenti di colpa e di disistima in
riferimento a esperienze di conflitto familiare che hanno risvegliato in lui nel tempo un doloroso
senso di autocritica, contrastato dalla tendenza del suo Stile di Vita a conservare il proprio Ideale di
personalità resistendo alle forze esterne e, dalla guida rigida di un Sé ideale (vedere schema della
struttura del Sé) che esige comportamenti di dipendenza (a spese di un conflitto intrapsichico tra
posizione passiva e attiva del Sé in riferimento al Non-Sé) per evitare un abbassamento
dell'autostima.

Da evitare nella terapia con tale paziente sarà lo scompenso verso la depressione anaclitica
originaria con l'ostinato perseguimento del terapeuta di destrutturare lo Stile di Vita ossessivo che
andrà mantenuto nelle sue manifestazioni di dipendenza ma rimaneggiato attraverso una
espressione più libera e realistica del Sé in riferimento mete socialmente accettate che
rappresentino i reali e profondi bisogni del soggetto .

Dopo una descrizione di come interagisce lo Stile di Vita del paziente con quello del terapeuta e di
come la creatività di quest'ultimo aiuti il soggetto a liberare il proprio potenziale creativo attraverso
un rapporto terapico che ne alimenti il sentimento sociale, verrà esposto brevemente il caso
fornendo una esposizione dell'interazione tra un Sé Creativo che lotta per le proprie fantasie
irrealistiche ma consolatorie di controllo del mondo e il Sé Creativo del terapeuta che deve condurre
il soggetto verso lo svelamento e comprensione delle proprie potenzialità creative come,
riprendendo una frase del paziente in riferimento a come sentiva il rapporto con lo psicologo, “ un
soffio di vento che mi guida senza graffiare la mia carrozzeria che è già molto segnata”


3.1 Il rapporto tra creatività del terapeuta e creatività del paziente
Il Sé Creativo, unitario e coerente, governa la struttura della personalità. Interpreta e rende
significative le esperienze dell'individuo (Secondo Fassino). Arieti e Stevenin hanno indicato come
la creatività del Sé configurerebbe uno stato soggettivo di ricerca delle somiglianze tra le
esperienze e l'interiorizzazione delle richieste sociali esterne grazie allo sviluppo del Sentimento
Sociale. L'oggetto creato, come frutto della trasformazione dell'ambiente interno o esterno, accresce
l'autostima dell'individuo nel senso di una compensazione positiva del sentimento sociale.
L'autostima accresce la creatività in una interazione circolare di tipo “circolo virtuoso” (come
rappresentato dallo schema della struttura del Sé-Stile di Vita).

Il Sé Creativo è costituito da specifiche modalità creative che il soggetto attua per costruire le
proprie attitudini verso la vita secondo una prospettiva che egli stesso ha creato (Adler,1935).
Il Sé Creativo permette, come risultato del funzionamento armonico del Sentimento Sociale
intrecciato con la Volontà di potenza, il cambiamento in terapia ed è, allo stesso tempo, obiettivo del
lavoro condiviso tra paziente e terapeuta.

Sia il psicoterapeuta che il paziente creano uno spazio intrapsichico condiviso in cui la soggettività
del paziente deve essere interpretata dal terapeuta che restituisce l'oggetto del proprio atto creativo
in una forma adattata alle competenze del Sé del paziente. Tale “oggetto” verrà assimilato dallo
spazio soggettivo del paziente il quale lo trasformerà accomodandolo al proprio Stile di Vita.
All'interno della creazione del terapeuta c'è però il seme del Sentimento Sociale e dell'autostima e,
con successive e ripetute fasi di assimilazione e accomodamenti, anche reciproche, diminuirà la
forza della finzione guida e il Sé Creativo, formato da una Volontà di Potenza in equilibrio con il
Sentimento Sociale, potrà costruire una meta finale maggiormente collaborativa.

Ma è opportuno chiarire maggiormente in che modo il Sé Creativo del terapeuta può interagire con
quello del paziente. Lo stile del terapeuta è l'espressione del suo sentire e del suo “fare creativo”. E'
nel “fare creativo” del terapeuta che il paziente può cogliere le proprie istanze creative (Secondo
Fassino).

Le identificazioni, le contro-identificazioni del paziente potranno favorire lo sviluppo del Sé oltre
gli schemi della dipendenza regressiva, necessaria per lo sviluppo della relazione terapeutica,
quando incontrano il Sé Creativo del terapeuta (Rovera, 1990). Tramite una identificazione creativa
(Fassino, 1990) il terapeuta percepisce le possibilità del paziente di accordare le valenze del
Sentimento Sociale e della Volontà di potenza in un progetto possibile nel qui e ora.

Il paziente potrà seguire la richiesta empatica che lo psicoterapeuta gli richiede limitatamente al suo
“essere, sentire, fare”. Occorre evitare di inserire nella relazione messaggi impliciti e inconsapevoli
con effetto iatrogeno sul processo di scoraggiamento che, comunque, si avvia nel momento in cui le
mete fittizie vengono svelate. Lo scoraggiamento, la demotivazione e la depressione, che il paziente
sente allo svelamento della finzione finale permette al terapeuta di effettuare un intervento
trasmotivazionale (Rovera, 1982). L'individuo, guidato dal terapeuta verso la gratificazione dei
“bisogni alti e supremi” (Maslow), riprenderà lo sviluppo del Sé verso l'accettazione di Sé, degli
altri, verso una maggiore autonomia e indipendenza dalla cultura dominate, verso l'umorismo come
difesa, l'esperienza amorosa ,la gioia, ecc...

Il terapeuta deve per tanto essere in grado di adattare la propria creatività alle “possibilità creative”
possedute dal paziente nel qui e ora. Questo comporta il saper ascoltare anche il bisogno di
irrazionalità del paziente, il suo bisogno di essere rifiutato e anche di rifiutare il terapeuta.
In questi approcci è richiesta al terapeuta una buona attitudine a quella che Guilford (1970) chiama
pensiero divergente. Nel pensiero divergente è presente sia un criterio interno di valutazione
personale (Rogers, 1969) delle teorie e tecniche apprese nel percorso formativo, sia la capacità di
giocare con gli elementi e i concetti al di fuori degli schemi abituali.

Il pensiero divergente, modulato dal pensiero convergente, ha la funzione di formare nel paziente un
pensiero produttivo (Wertheimer, 1959). Il pensiero produttivo fa da ponte tra il rigido
atteggiamento di superiorità finalistica e la flessibilità mentale richiesta per la costruzione di
concetti, simboli, programmi, progetti.

Concludendo, il terapeuta avrà come finalità del percorso col paziente quello di accompagnarlo
verso la formazione di una logica maggiormente condivisa,verso la gratificazione di bisogni
superiori, “camminandogli accanto” . Parlando con le parole del paziente, in modo che il paziente,
dopo aver stabilito un contatto affettivo, possa “usare” le parole del terapeuta, il terapeuta aiuterà il
paziente a collaudare l'autostima secondo schemi non convenzionali (Fromm-Reichman 1965) nei
tre compiti vitali dell'amore,dell'amicizia e del lavoro.

3.2 Un caso di creatività patologica del Sé in terapia
Il signor P. è un uomo di 52 anni, italiano, di media cultura, programmatore di computer, a cui è
stato diagnosticato un disturbo anancastico di personalità secondo ICD-10.

I tratti caratteriali che maggiormente ne determinano la diagnosi sono ideazioni ossessive di
perfezione, comportamenti passivo-aggressivi, intolleranza per quelli che reputa gli errori nel
comportamento altrui, estremamente esigente con le persone che lo circondano compreso i
familiari, difficoltà a riconoscere i bisogni degli altri. Presenta fantasie di superiorità e di solitudine
che lo mantengono in uno stato di dipendenza ad una ambiente familiare che lo ha emarginato.
Viene in terapia spinto dalla moglie e motivato dalle difficoltà che insorgono da anni nel rapporto
anche con le due figlie. La figlia maggiore ha sofferto di anoressia da adolescente e tutt'ora presenta
rituali compulsivi. La figlia minore, di 18 anni, è quella che entra maggiormente in conflitto col
papà, mostrandosi ribelle alle regole che impone.

All'inizio dei nostri incontri il signor P. non mostra una sincera motivazione intrinseca e spiega di
venire dallo psicologo anche con una certa vergogna. Teme sempre molto il giudizio dei colleghi di
lavoro.

Ammette comunque che ci sono difficoltà con le figlie, e che con la moglie manca un rapporto
affettivo e sessuale da almeno un anno. E' costretto dalla moglie a dormire in un'altra stanza. Non
sembra cogliere il suo ruolo e le sue responsabilità nella situazione familiare. Non comprendeva, nei
primi mesi che ci siamo incontrati, esattamente cosa stava succedendo con la moglie. La sua
intenzione nel venire dallo psicologo era di fare un favore alla moglie in modo che poi, nella sua
fantasie di un matrimonio che non poteva vivere difficoltà, fosse lei stessa a riconciliarsi e a farlo
dormire nuovamente con lei.

Dopo 6 mesi di terapia tale riconciliazione non è mai avvenuta. P. comincia a comprendere che mai
avverrà anche se mantiene una forte fantasia di amore corrisposto, utile soprattutto, e di questo ne
sembra ormai consapevole, nel mantenere alta la propria autostima.

Naturalmente in questo paziente il livello di autostima è estremamente variabile come risulta
variabile l'immagine che ha di Sé. Tale difficoltà a mantenere una rappresentazione costante del
proprio Sé si manifesta soprattutto in una dipendenza al giudizio degli altri. Il mondo risulta
difficile da gestire e deve per sentirsi un bravo figlio, un bravo, papà e un bravo marito aumentare il
controllo imponendo le proprie esigenza di autoaffermazione sul mondo.

Forte è infatti la sua
richiesta di attenzione e come lui stesso ammette “Io ho più bisogno di ricevere amore che di dare”
Si deduce da questa frase e da tutto il suo Stile di Vita una difficoltà a collaborare attraverso il
“piacere di dare”. Utilizza per salvare una immagine di Sé che tende al “bravo bambino adeguato e
non disturbante” una ossessiva e determinata frequentazione dell'ambiente parrocchiale. Ambiente
che sembra avere anche un secondo fine più sottile e trasversale al suo disturbo dominante.

Cioè
andare alla domenica in chiesa, e frequenta attivamente leggendo pezzi del vangelo o cantando nel
coro, può soddisfare (in forma non consapevole e controfinzionale) le sue tendenze voyeuristiche.
Il piacere erotizzato dello spiare sotto la gonna, tra la scollatura, anche in quella di amiche delle
figlie, e il riferirlo con estrema facilità già nel primo mese di terapia,fa ipotizzare a una comorbilità
della perversione con il disturbo di personalità. A un intreccio di dinamiche ossessive e perverse
che ne hanno forgiato la personalità.

La dipendenza ad entrambi i genitori, con una passività maggiore nei confronti del padre, spesso
assente per lavoro durante l'infanzia di P., si manifesta in una mancanza di ricordi negativi rispetto
il suo rapporto con la madre o il padre. L'infanzia e l'adolescenza ad un primo approccio
psicodiagnostico appaiono perfette. Parti significative del rapporto interiorizzato con entrambi i
genitori si possono però ritrovare più avanti nei sogni riportati in terapia.

1.Mia madre e mio padre erano in appartamenti separati. Mio padre stava al terzo piano e mia
madre al secondo piano. Nel sogno sono salito prima al secondo piano dove c'era mia madre che
mi dava l'impressione di pulito, poi sono arrivato al terzo dove sapevo c'era mio padre e mi ha
aperto ma era un po' lei (lo psicologo) un po' mio padre. Mio padre mi dava l'impressione di
disordine.

Paolo percorre una strada nel sogno verso l'indipendenza dalla madre. Deve per tanto affrontare la
gestione del passaggio da un luogo sicuro, che rispecchia il suo bisogno di sicurezza compensato
dalla fantasia di perfezione dell'ambiente simbiotico materno, a un luogo, l'appartamento del padre,
a lui ancora piuttosto incerta. Il padre viene rappresentato come in disordine forse perché in
“disordine” è il concetto che ha di Sé. Emerge nel sogno la trasformazione che la volontà di potenza
compie su l'ambiente famigliare nella rappresentazione interna del Non-Sé. Nella sua scalata verso
l'autoaffermazione l'uso di immagini interiorizzate del padre per acquisire una individuazione
sociale sono ambite, ma non “serenamente” gestite in un rapporto con l'Oggetto-Sé paterno che lo
fa entrare in una percezione di sé alimentata da un sentimento di insicurezza .

La trasformazione parziale del padre nel terapeuta potrebbe in qualche modo rispecchiare questa
spinta inconscia alla ricerca di un rapporto con il terapeuta che sostituisca le mancanze affettive del
padre.

E' però anche possibile che esista il pericolo inconscio, nell'abbandonare le difese ossessive
di controllo dell'ambiente interno ed esterno, apprese dalla madre, per rapportarsi con una figura
maschile, superando il limite posto dal senso di inferiorità del pene, di non essere capace di
gestire un rapporto reale e conflittuale con tre entità : il Sé paterno indeterminato-potenzialmente
una risorsa, il Sé materno determinato-rassicurante ma inibente e il rapporto col femminile. In
questo ultimo sistema di relazioni e di valori del Sé P. potrebbe perdere la rassicurante finzione di
essere all'interno di un mondo amico, sessualmente attraente e alla sua portata se non fosse per le
sue carenze prestazionali che rafforzano un sentimento di inadeguatezza (occorre ricordare anche
qui che soffre di eiaculazione precoce e del complesso del pene piccolo).

Dovrebbe affrontare
invece l'origine della carente identità sessuale : cioè la sua ricerca di elevarsi fuggendo dal
confronto con i maschi verso i quali la competizione lo trova disarmato di quell'aggressività
difensiva che ha trasformato in ubbidienza alla madre ( e dipendenza dalle donne) e in atti di
codardia verso i maschi.

Nel sogno è cioè ipotizzabile che man mano si allontana dalla madre
perfetta ma inferiorizzante, per elevarsi all'incontro con un padre forte, perda il senso del sé è
diminuisca la propria autostima. Si potrebbe ipotizzare che al terzo piano risieda l'ideale di Sé, ma
che richieda l'indipendenza dall'ordine materno, cambiamento possibile al di fuori dell'attuale stile
di vita solo col supporto all'identità di Sé in un rapporto col maschile non competitivo ed
empatico come può essere quello inconsciamente cercato con lo psicoterapeuta.

2.Provavo a fare il filo con un'amica di famiglia e quando lei sembrava aver accettato io mi sono
sentito in colpa e le ho chiesto”E tuo marito?” Lei rispose: ”Ma si.....è simpatico....ma niente di
che”.
Nel sogno non è chiaro il sentimento di colpa da cosa trae origine. Se dal tradimento della moglie o
del sentimento di amicizia col marito dell'amica. E' ipotizzabile però dal tradimento della moglie in
quanto l'amico viene fatto poi svalorizzare nella risposta della moglie.

Occorre comunque domandarsi dopo un esame sul contenuto manifesto cosa copra la costruzione
onirica di P. Appare la dipendenza alle decisioni altrui. Come un bambino che cerca l'attenzione e si
ritrae dalla sua stessa proposta di gioco solo per sentirsi gratificato dall'insistenza altrui, così P.
organizza il suo Stile di vita in modo da gestire una spinta attiva alla superiorità ( insistere con
l'amica aumenta l'autostima) in alternanza con una spinta passiva ( ritirarsi quando si ha conquistato
l'obiettivo ambito). La volontà di potenza di Paolo richiede però un ulteriore step nella relazione,
cioè che non sia mai Paolo stesso a conquistare direttamente “la corona del più desiderato” ma che
sia l'oggetto ambito a consegnargliela.

Esiste però un secondo livello di analisi del sogno che è
ancora più profondo ed è che tale gestione di comportamenti attivi e passivi per il raggiungimento
di un fine di autoaffermazione compensa il sentimento di inferiorità relativo al non percepirsi,
,nell'intimità del Sé, sufficientemente virile. Infondo, il marito simpatico ma “niente di ché” è
ipotizzabile rappresentare la proiezione di un concetto di Sé fragile del tipo “sono maschio ma non
abbastanza...non come gli altri maschi”.

Questa interpretazione del tutto personale di Paolo sul cosa
significa essere maschio riguarda, attualmente, la ricerca di una virilità in campo sessuale come
compensazione di un bisogno di autostima nel suo ruolo di padre-marito-figlio.
E' proprio una costruzione stereotipica dell'immagine di “maschio virile” come “capo famiglia” a
alimentare il suo sentirsi inadeguato al ruolo di marito e padre. Non potrebbe essere altrimenti
considerando i difficoltosi rapporti con un padre ,figura virile inimitabile e una madre
eccessivamente accudente ma affettivamente frustrante.

I sogni si integrano bene nei primi ricordi forniti nei primi quattro incontri, fornendo una visone più
ampia delle compensazioni che ne caratterizzano lo Stile di Vita:

5aa:
-Ricordo che all'asilo mi vergognavo di chiedere di andare in bagno e mi facevo la pipì addosso.

7aa:
-Ricordo di aver fatto lo sgambetto a un bambino che mi era antipatico e ho fatto finta di niente.

-Ricordo...ma qui mi è stato detto che devo essermelo sognato...ma io dico che è successo
realmente..eravamo in tre allo zoo. Due sono andati a vedere le gabbie io ho preso un'altra strada e
sono inciampato su una catena alla cui estremità legava un cucciolo di leone. Io ho preso una gran
paura. Poi è arrivato un cameriere del parco che ha preso il leone e mi ha detto di andare a casa.
Dal terrore mi si erano bloccate le gambe e quando sono tornato a casa mi tenevo sul bastone per
salire le scale fino al terzo piano. Quando mi sono seduto sul divano le gambe erano bloccate.

8aa:
Io e un bambino ci siamo litigati. Lui prendendomi per il collo mi ha rotto la catenina. Strillando,
sono andato a r

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