La spinta e la vita di un velocista

Quando perdi il momento giusto, non approfitti della situazione favorevole, le condizioni ci sono tutte, ma qualcosa nella tua mente non “aggancia” la positività che ti circonda trasformandola in una prestazione pienamente gratificante, allora è il momento di fermarti e rivedere, scrutare il dettaglio, comprendere. Fai ritorno sulla scena, immagina te stesso senza salvarti tra “ma” e “forse” . Ripulisciti dal dovere e presentati con fierezza nel “ho sbagliato perché...” Poniti le giuste domande e avrai risposte chiare seppur dolorose.

 

Esistono tensioni dentro di noi che equilibrano la nostra condizione atletica in un continuum che si muove tra eccellenza e disastro. Sono “figlie” della Volontà  di emergere. Con la V maiuscola perché occorre distinguere volontà da Volontà.

Come esistono desideri consapevoli e bisogni che rientrano nella sfera della non consapevolezza, così esiste una volontà che viene sentita consapevolmente è una Volontà che racchiude in se elementi di consapevolezza e di non consapevolezza. Così come un albero affonda le proprie radici nel poco visibile, sotto al terreno, così la Volontà emerge come desiderio e si innesta nella nostra personalità con le radici nei bisogni più profondi.

 

Prendiamo spunto all'ora dal velocista in una situazione di gara nell’atletica leggera. Prendiamo nello specifico una gara di 100 mt. L’atleta è allenato bene, ha ben periodizzato e ha possibilità di migliorarsi nettamente, se non di vittoria. La gara è prestigiosa e lui,  di vertice nazionale, molto ben allenato, è un atleta con esperienza e con un percorso di crescita costante.

 

Chiamiamo il nostro velocista immaginario S.

S. è iscritto all’università ma studia poco, trascorre le sue giornate su una pista di atletica da quando aveva 14 anni. Ora, a 25 anni, si allena  anche due volte al giorno compresa la domenica. Ha una fidanzata da due anni, ma si frequentano poco. Soprattutto è lei a seguirlo sulle piste di atletica. S. È una persona estroversa, ora. Prima, a 14 anni, era molto diverso. Si vergognava del proprio corpo ossuto e sentiva di non piacere alle ragazze. Sentiva di essere invisibile.

Ma anche se S. è cambiato molto e ora si avverte con maggiore autostima e fisicamente sa di essere attraente, rimane, nel profondo,  lo stesso ragazzino insicuro.

Ma lui lo sa in parte, e sa che qualcosa dentro di lui, nelle sue “radici”, è  radicato nel suo passato. È  parte di quel motore che lo spinge a confrontarsi gareggiando. Mettendosi spesso in uno stato di crisi con se stesso, la propria ragazza, la famiglia (che lo vorrebbe sui libri) e i tempi sui 100.

 

Torniamo allora all’evento dove avevamo lasciato S. È la Finale, quella con la F maiuscola. Quella che lui è altri sette sulla pista sperono di vincere. Anche gli  altri tre o quattro che, in realtà, e lo sanno benissimo, non riusciranno a vincere, aspirano alla vittoria.

Vincere il confronto con altri che si presume si siano allenati con la stessa caparbietà se non di più... Come riuscirci? Facendo affidamento sulle proprie certezze. Fidandosi di quanto creato nel tempo col proprio allenatore.

Ecco che, S. di 14 anni, insicuro del suo posto nel mondo, spinge per emergere con tutta la sua Volontà. Ma spinge in due direzioni:verso l’attesa di una nuova occasione, che ha l’aspetto della rinuncia o il confrontarsi col momento, viverlo pienamente e soffrirlo sapendo che non si auto-distruggerà.

Non si sta parlando del classico “l’importante è partecipare”.

Dietro ai blocchi, di un 100 metri così importante, si riassume l’orientamento di S. verso il proprio futuro. Non solo legato alla gara.

Il futuro viene costruito partendo dal presente con un occhio al passato.

S. è ora sui blocchi e la sua fidanzata lo osserva. Partecipa con lui ma ha altre ambizioni. La sua Volontà di emergere la spinge verso altre strade.

Lo starter, nel silenzio, spara, e qui si decide, in una frazione di secondi, la scelta presa da S. Le tensioni interne lo trattengono e sentendosi in difficoltà, poco prima dello sparo, esagera la sua volontà (quella percepita) e sbaglia la meccanica di corsa. La finale con la F maiuscola gli sfugge e arriva secondo. Non arriva ultimo e fa un tempo di poco superiore al proprio personale ma lui, immediatamente,  si rende conto della differenza tra quello fatto è quello che avrebbe potuto...”Se è solo se...”

 

S. non conosce le parole esatte per descriverlo ma avverte di aver perduto il controllo, di essersi fatto sopraffare dalla sua Volontà di emergere. 

 

Cosa può fare S. in futuro per migliorare la sua capacità di ottimizzare le proprie prestazioni?

 

Parlare con le persone che ha vicino, magari con la propria ragazza, ascoltando anche i loro bisogni, impegnarsi maggiormente nello studio (un impegno crescente in tal senso non pregiudica la programmazione), coltivare altre esperienze. Integrare cioè gli altri nel proprio Universo. In tal modo rafforzerà la propria autostima in modo realistico e saprà compensare positivamente quel senso di inadeguatezza che può emergere con una Volontà che è poi la sua. Non esiste il fato, una forza che direziona  la nostra vita. Esistiamo noi con i nostri bisogni, che sono poi sempre gli stessi ( a cambiare sono i desideri) e gli altri che possono sostenerci nei momenti difficili.

 

Siamo nati con una Volontà di emergere ma è grazie all’integrazione di  relazioni positive interiorizzate  che creiamo uno stile di vita che rende reale la nostra Emersione in individui socialmente adattati.

 

 

 

 

Claudio Lorenzetto

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