Covid, ansia e identità

Il covid ha fatto scoppiare in me qualcosa che già covava da tempo sottotraccia: ho iniziato a sentire in maniera più decisa sintomi fisici collegabili all'ansia (fame d'aria, contratture, insonnia, disturbi vari...) e mi sono reso conto di essere travolto all'improvviso da paure assurde e immotivate. Ora a mettere il carico da 90 è la carenza di lavoro legata al covid. Su tutto questo sono sicuro che non c'è altro da dire se non "rivolgiti a uno psicoterapeuta", ed è quello che farei se non avessi problemi economici...
Vorrei quindi porvi un'altra domanda che però è legata alla situazione sopra descritta perché è quest'ultima ad avermi costretto a pensarci: sono da sempre come scisso in due, non ho mai saputo scegliere nella vita se non per esclusione. Studiare e ambire a qualcosa di solido o provare a seguire la mia necessità di esprimermi in un ambito creativo? Ho seguito la prima strada con scarso successo perché attratto dalla seconda, ho provato la seconda per poi pentirmene e sognare di poter tornare indietro e magari prenderne una terza... la verità è che non sono stato abbastanza bravo e diligente per la prima e abbastanza coraggioso e tenace per la seconda, su una ipotetica terza ormai è tardi. Le scarse probabilità si successo in ogni direzione mi hanno reso immobile.
Ma anche sulle amicizie non ho mai scelto: quelli sempre in gamba e "pettinati" mi hanno sempre annoiato ma anche con quelli più "spettinati" non mi sono mai sentito a mio agio, il risultato è stato l'isolamento sociale (anche pre-covid). Relazioni sentimentali tutte morte sul nascere, quei pochi sentimenti forti sempre non corrisposti. Questo immobilismo c'è anche sulle cose più stupide, scegliere che abbigliamento preferire: formale o informale? scegliere l'arredamento: moderno o accogliente? vorrei sceglierli entrambi... non ho mai avuto un posto in cui stare e sentire veramente mio, un giro di amici, una strada da perseguire con entusiasmo e tenacia nonostante le difficoltà. Il futuro se anni fa poteva essere una promessa ora è solo una minaccia, come dice Galimberti, e davvero non so dove sbattere la testa. Quando mi chiedono perché non mi "faccio una famiglia" mi viene da ridere, come potrei in queste condizioni?
Capisco che una tale situazione necessiti una analisi più approfondita ma potreste darmi qualche suggerimento che mi porti nella giusta direzione? Scusate se sono stato prolisso... grazie.

Ciao Roberto, la giusta direzione, Carissimo, è ' quella di non stare a piangere sul latte versato ma di concentrarsi sul presente per, una volta fatti il punto, lavorare su quello che tu chiami "Immobilismo" che io invece definisco " il niente", l' arrendevolezza", la "resa"., Questo, passami la battuta, non mi piace proprio. Guarda il mio sito cristianograndi.com e se vuoi, magari fatti sentire. Un salutone