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Dott.ssa Elena Palatresi

Psicologo, Psicoterapeuta

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Il mio fidanzato non capisce il disturbo alimentare di cui soffro

Buonasera,
Sono una ragazza di 25 anni e sono fidanzata da quasi 9 anni. Lui è stato il mio primo fidanzato e lo stesso vale per lui. Lui è la mia anima gemella, siamo complementari. Il nostro è uno di quegli amori destinati a non finire mai. A volte tuttavia non mi sento compresa, capita. Lui è una persona pragmatica, razionale, logica, ha avuto una vita molto difficile che lo ha indurito, mentre io sono empatica e sensibile. Ciò non toglie che non lo sia anche lui, anzi, ma ha difficoltà a comprendere il disagio in cui vivo ormai da circa 8 anni. Inizialmente usavo le condotte compensatorie come il vomito. Vomitavo tutti i giorni anche 4 volte al giorno. Poi ho compreso che quella situazione non poteva continuare oltre. Dopo circa due anni ho smesso. Ho iniziato ad avere invece comportamenti restrittivi nei confronti del cibo. Non sono anoressica, vado in palestra, mi piace lo sport, cerco di non mangiare grassi durante la settimana per mangiare magari di più nei weekend, tuttavia questi pensieri ossessivi nei confronti del cibo mi fanno sentire imprigionata. Ogni giorno programmo i pasti, cerco di contare le calorie per compensarle. Il mio compagno è a conoscenza di tutto e probabilmente la sua paura che io possa peggiorare da un momento all'altro lo porta a dire frasi del tipo "mangia", "devi mangiare di più", "sei troppo magra fidati". Ciò mi fa sentire incompresa, delusa, triste. A volte non mi parla per qualche ora perché arrabbiato che io mangi poco. Io lo so che lui a modo suo cerca di aiutarmi, tuttavia questo non è il tipo di aiuto di cui ho bisogno. Non so come cercare di farglielo capire, ho provato più e più volte a farglielo capire. Grazie

Per affrontare il suo problema e perché questo non gravi anche sulla sua relazione le consiglio di andare in terapia. Questo le potrà servire a conoscersi meglio e vedere cosa c'è che non la fa stare bene al di là dei sintomi. Se vuole sono a disposizione, in ascolto e senza giudizio poiché la terapia è un luogo protetto e sicuro da cui partire per stare meglio.

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