Dott. Francesco Damiano Logiudice

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Dott. Francesco Damiano Logiudice

Psicologo, Psicoterapeuta cognitivo comportamentale

Come si elabora un abbandono così netto e silenzioso?

Dopo 12 anni di relazione, di cui 10 di convivenza, e a un mese dalla nostra rottura – senza contatti, senza parole – mi ritrovo davanti a due immagini di WhatsApp che mi hanno colpito più di mille conversazioni. Un "prima", in cui eravamo insieme anche nella distanza fisica: c’erano luce, spontaneità, quella sua capacità di parlare con lo sguardo. E un "dopo": lei, sul balcone, più distante, più rigida, più sola – anche se sorride. Eppure, in entrambe le immagini, c’è lei. Ma io? Io non so più dove mettermi. Da quando se n’è andata, il suo volto resta vivo nelle foto, ma il suo sguardo non è più rivolto a me. Ha chiuso ogni porta senza spiegazioni. Ha costruito una nuova immagine di sé e ha cancellato la mia dal suo specchio. Quando ci siamo incrociate per caso, poco dopo la fine, mi ha guardata con freddezza e fastidio. A stento mi ha salutata. Da allora: silenzio. Mi ha colpito, profondamente. Come se volesse convincere se stessa (o me?) che ormai è "altrove". Che non ero nemmeno una parentesi. Solo un ponte verso una nuova versione di sé. E io resto qui. Non provo rabbia. Provo dolore, quello autentico. Quello che non si cura con un nuovo taglio di capelli o un vestito diverso. Non ho cambiato nemmeno il mio modo di essere. Sono sempre io, spettinata, vulnerabile, ma più onesta. Sto cercando di capire dove ho sbagliato. So di non averla vista davvero, e mi fa male, tanto male, perché per lei quello era un bisogno primario. Ma ciò che non comprendo è come si possa sparire con tanta aggressività, distacco, incoerenza emotiva… e pensare che quello significhi “guarire”, facendomi diventare la causa di tutto. Mi sento persa. Non per la fine in sé, ma per come è avvenuta: senza verità, senza confronto, senza uno sguardo d’addio. Vorrei chiedere aiuto. Non per tornare indietro. Ma per riuscire ad andare avanti con un po’ più di senso, di equilibrio, di pace. Ho commesso errori, ma ho anche amato. Nel mio modo. Anche se con il tempo dicevo sempre meno "Ti amo" o "Sei bella oggi". Come si può dimenticare una relazione nata con il desiderio condiviso di autenticità, di libertà interiore, di uno spazio sicuro in cui potersi mostrare senza difese? Era una relazione costruita con tenerezza e intensità, fatta di ascolto reciproco, piccoli gesti pieni, linguaggi comuni. Condividevamo una visione spirituale della vita, uno stile, una sensibilità. Ci riconoscevamo nelle stesse ferite, anche se mai affrontate fino in fondo. Io portavo con me l’incapacità di gestire le emozioni e di vivere nel presente. Lei una remissività tale da non riuscire a mostrarsi davvero. Il suo distacco è avvenuto in modo radicale e silenzioso proprio quando io, inconsapevolmente, attraversavo un periodo buio, di disconnessione da me stessa. La sua mano era tesa, ma vuota. I suoi gesti sempre più freddi, sfuggenti. Fino alla rottura. E io reagivo con rabbia, contribuendo ad allontanarla. Mi manca. Non per solitudine, ma per tutto ciò che in questi 10 anni avevo costruito con lei in una parte intima e profonda di me. Mi manca non averla conosciuta davvero. E ora, in quell’ultima foto, la vedo diversa: più composta, più matura, un sorriso contenuto, meno ingenuo. Il suo look è cambiato, quasi a voler dire "sono un’altra". E sì, fa male. Fa male sapere che è cresciuta senza di noi. Ho fatto così tanto male? Mi sento in colpa, svuotata. Vorrei non ricordare ogni secondo del “noi”, eppure lo faccio. Per me sono stati anni difficili, ma intensi e belli. E oggi sarei pronta a incontrare la nuova lei… con una nuova me. Ma lei, nulla. Non crede che si possa cambiare a 42 anni. Crede che in realtà non l'abbia mai amata ma solo "usata" per la convivenza. Sto male perché non avuto modo di parlare, avere voce, di esistere. Il suo mese di pausa è stato solo di allontanamento, per mettere distanza quando io cercavo di capire, di elaborare e di iniziare un percorso terapeutico, come lei. Lei in realtà iniziato già da maggio, nascondendolo, mentre io ero prigioniera in quella malsana situazione di non comprensione di ciò che stava accadendo dentro di me e fuori di me.

Salve, mi spiace molto per la situazione che descrive poichè comprendo il disagio che può sperimentare e quanto sia impattante sulla sua vita quotidiana. Ritengo fondamentale che lei possa richiedere un consulto psicologico al fine di esplorare la situazione con ulteriori dettagli, elaborare pensieri e vissuti emotivi connessi e trovare strategie utili per fronteggiare i momenti particolarmente problematici onde evitare che la situazione possa irrigidirsi ulteriormente.
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi, disfunzionali e maladattivi che le impediscono il benessere desiderato mantenendo la sofferenza in atto e possa soprattutto aiutarla a parlare con se stessa utilizzando parole più costruttive.
Credo che anche un approccio EMDR possa esserle utile al fine di rielaborare il materiale traumatico connesso ad eventi del passato che possono aver contribuito alla genesi della sofferenza attuale.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL