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Dott. Francesco Damiano Logiudice

Psicologo, Psicoterapeuta cognitivo comportamentale

Dott. Francesco Damiano Logiudice

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Dott. Francesco Damiano Logiudice

Psicologo, Psicoterapeuta cognitivo comportamentale

  • Roma (Aurelio quartiere)
  • consulenza online

Come si esce da un blocco di vita che dura da troppo tempo?

Salve, sono una ragazza di 25 anni iscritta all'ultimo anno della facoltà di giurisprudenza. Da qualche anno le cose per me vanno molto male, e per quanto mi sforzi di risolverle anche intraprendendo percorsi di terapia psicologica, non accenno a superare un blocco importante che sta condizionando in modo pervasivo la mia vita. Sono arrivata a chiedere l'aiuto di una professionista del campo da un po' di tempo, in quanto già prima di questo momento la mia vita ha presentato una serie di avvenimenti che, forse a causa della mia stessa personalità, mi hanno segnata. In modo sintetico: ho subito violenze domestiche da piccola, più o meno dai 9 anni sino ai 18. In casa ho vissuto un divorzio molto conflittuale, che ha visto mio padre andare via per sempre e crearsi una seconda vita con una nuova moglie e figlio altrove, e mia madre diventare eccessivamente aggressiva e a tratti direi depressa nei miei confronti. Mi sono iscritta all'università per il disperato bisogno di andare via di casa, senza chiedermi quale fosse ne essere davvero in contatto con la passione o gli interessi che volessi seguire per la vita. Nel frattempo a queste situazioni se ne sono incastrate molte altre. Ho avuto un fidanzamento con un ragazzo, molto tossico, che mi ha portato a manifestare alcuni sintomi che solo con il senno di poi ho riconosciuto come depressivi, ma che prima di quel fidanzamento nonostante le violenze domestiche non avevo mai manifestato. Nel mentre ho avuto diversi problemi di salute. Al termine di questo primo fidanzamento è seguito un anno e mezzo di stalking e molestie. Gestita anche questa situazione si è avvicinato a me un nuovo ragazzo. Al principio mi sembrava davvero a modo, almeno dava questa impressione nelle parole e nei gesti. In pochi mesi però è cambiato: sono uscita dal fidanzamento con lui con la mente colma di foschia, ricordo solo che i primi mesi era una persona diversa da quella che poi ho visto evolvere nei successivi due anni. Ma di tutto ciò ho dovuto prendere la responsabilità io, o meglio mi è stato detto così, e anche che fossi pazza insieme a molte altre definizioni, spesso contraddittorie tra di loro. Io ho sempre analizzato le persone tramite i loro comportamenti; e sono sempre stata aperta e autentica con i miei affetti, ma con chiunque in realtà. Quando a questo ragazzo facevo notare che qualcosa nella realtà non tornava, o comunque che quello che osservavo poteva farmi male, in totale tranquillità o in lacrime e un filo di voce, poi me ne pentivo. Lui reagiva sparendo, oppure si arrabbiava, oppure dava a me la responsabilità per tutto, quando però gli riportavo cose che faceva lui. Sono uscita da questa relazione con le ossa rotte. La iniziai quando ero al mio primo anno di giurisprudenza. Lo studio mi piaceva nonostante fosse duro e sentivo in me tante energie. Stando con questo ragazzo mi sono sentita sempre più succhiata via di tutto gradualmente, con il tempo, fino a ritrovarmi completamente svuotata. L'università ha cominciato piano piano a fermarsi: io davo sempre meno esami e avevo sempre più difficoltà di concentrazione. Lui lo sapeva, e la cosa strana era invece che lui con me faceva tutto, e aveva ancora più energia di prima. Io invece morivo dentro lentamente, e non ne ero consapevole; ho provato a riconoscerlo e parlargliene. Volevo rivolgermi ad uno psicologo sin da quando ero con lui, ma lui me lo sconsigliò fortemente, dicendo ancora una volta che era tutto nella mia testa, nei miei pensieri. Me lo diceva con una sicurezza e una tranquillità disarmanti; io ci credevo. Due anni fa è finita con questo ragazzo, in maniera purtroppo molto traumatica. Di lì a pochi mesi mi è stata diagnosticata una forma di depressione reattiva. L'ho curata rivolgendomi finalmente ad uno specialista. Ora mi sveglio, mangio, faccio sport, anche se ho ancora qualche giorno in cui vado molto giù, che corrisponde magari a qualche giornata molto pesante, ma nulla di paragonabile a due anni fa. C'è un ambito dove però non riesco a rialzarmi, ed è quello universitario. Quest'anno sono riuscita a dare due esami, l'anno scorso nessuno. Nonostante ciò provo a rimettermi sui libri, a studiare, a farlo con voglia, ma comincio sempre a stare male fisicamente. Ad avere una forte ansia anticipatoria per gli esami mista ad una forte sensazione di nausea e debolezza. Sto continuando a fare terapia, ma su questo lato non riesco a fare progressi. La cosa mi preoccupa molto. Dai miei studi universitari dipende il mio alloggio nella città dove studio. E tutto ciò mi carica ancora più di molti pesi. Ho cercato di ridurre all'osso la vicenda nonostante sia costellata di molti altri episodi che non potevo menzionare per questioni di lunghezza ulteriore del testo. Mi imbarazza tanto scrivere la mia storia; sono circondata di ragazzi che ce la fanno e fanno tutto eccellentemente e io mi sento, rispetto a loro e anche verso me stessa, una pecora nera incapace. Sto rimettendo tutto in discussione, ho paura di non essere all'altezza della mia facoltà, di aver sbagliato totalmente scelta. Io so che voglio laurearmi ma allo stesso tempo guardo alla mia realtà e mi sento disperata. Ringrazio in anticipo qualsiasi contributo d'aiuto.

Salve Arianna, mi spiace molto per la situazione che descrive poichè comprendo il disagio che può sperimentare e quanto sia impattante sulla sua vita quotidiana. Ritengo fondamentale che lei possa richiedere un consulto psicologico al fine di esplorare la situazione con ulteriori dettagli, elaborare pensieri e vissuti emotivi connessi e trovare strategie utili per fronteggiare i momenti particolarmente problematici onde evitare che la situazione possa irrigidirsi ulteriormente.
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi, disfunzionali e maladattivi che le impediscono il benessere desiderato mantenendo la sofferenza in atto e possa soprattutto aiutarla a parlare con se stessa utilizzando parole più costruttive.
Credo che anche un approccio EMDR possa esserle utile al fine di rielaborare il materiale traumatico connesso ad eventi del passato che possono aver contribuito alla genesi della sofferenza attuale.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL

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