Cosa fare quando tutte le certezze crollano?

Buongiorno, ho 30 anni, faccio la ricercatrice da 7, amavo il mio lavoro e pensavo che l'avrei amato sempre. Quando ero più giovane pensavo che non ci fosse niente di meglio, pensavo che avrei fatto ricerca tutta la vita, ovunque, e magari avrei fatto qualcosa di importante. Pensavo che avrei messo la mia carriera sempre davanti ad ogni cosa e che mi sarebbe stato bene così. Ma non è più così. Mi sono trasferita in Francia da qualche mese e sinceramente... odio la vita qui e ormai odio anche il mio lavoro. Ho lasciato indietro tutto, il mio ragazzo, la mia famiglia, i miei amici, per correre dietro ad un progetto che non mi sta nemmeno dando gli stimoli che speravo di trovare. Mi sento completamente persa e sono sempre più disillusa e nauseata da questo mondo in cui essere precari è la normalità e avere una vita è un lusso. Mi chiedo già dove andrò alla fine di questo contratto, perché di sicuro non rimarrò qui... ma se dovessi inseguire ancora la scienza probabilmente andrei ancora in giro, se seguissi il cuore... bè vorrei solo tornare a casa. Non so cosa fare, non ho mai fatto altro che la ricercatrice, non so nemmeno se saprei fare altro, se mi piacerebbe e soprattutto cosa mi piacerebbe e se potrei avere per una volta un equilibrio fra la mia vita, i miei affetti e il lavoro. Vedo sempre di più intorno a me persone valide che vanno in burnout, che vengono escluse dai posti fissi in accademia perché di posti ce ne sono pochi e conta più il sapersi vendere spesso, che l'essere davvero. E poi vedo quelli che ce la fanno, che ottengono dei contratti decenti, o delle cattedre. E spesso li vedo lavorare giorno e notte e perdersi la vita dei figli e anche la propria. Spesso capita anche a me di lavorare in orari assurdi e in giorni in cui tutti sono in ferie. E sono sempre più convinta che non voglio questa vita, non è più il mio posto, eppure sono sempre ambiziosa e creativa e so che farei fatica ad accontentarmi di un lavoro troppo ripetitivo e "inquadrato", perciò sono sempre più confusa e frustrata. Spesso arrivo a casa e non ho neanche la forza di farmi da mangiare, semplicemente mi siedo e inizio a piangere finché non sono così esausta da trascinarmi a letto.

Cara Stefania,

non è la prima persona che avendo scelto una carriera professionale all'estero si trova di fronte alla sua stessa sensazione; quella di sentirsi straniera in una terra che offre maggiori opportunità di lavoro rispetto all'Italia.

Dopo alcuni anni, tuttavia, la sensazione di una mancanza di integrazione crea un disagio via via più intenso. Una non si sente  appartenente alla cultura ospitante e nello stesso tempo peme di perdere la propria identità di italiana.

Quello che posso dirle è che nella vita capita a tutti o quasi di fare un bilancio interno delle proprie esigenze e di chiederci quanto la vita che stiamo vivendo ci soddisfi pienamente.

Credo che la condizione di lavoratrice all'estero acceleri alcuni processi, innescando il malessere forse prima e in modo più intenso.

Il mio suggerimento è di confrontarsi con uno psicologo, anche on line, per un confronto sereno che le consenta poi di decidere in una condizione di maggiore serenità quale sia la scelta migliore per lei, scelta che si fonda sulla consapevolezza dei suoi bisogni e desideri.

Dalla mia esperienza tale percorso può essere molto utile.

Un augurio

Giordana Milani

domande e risposte

Dott.ssaGiordana Milani

Psicologo clinico - Biella

  • Disagio o difficoltà relazionali sociali, di coppia o familiari
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