Lettera aperta

Da molto tempo desideravo mandare una lettera a voi psicologi. Un tempo lo facevo con una certa regolarità su altri siti, ma un po' perché sono cambiato un po' perché credevo che non mi aiutasse ho smesso, non solo di scrivere su siti, ma anche di scrivere per me stesso, di ricopiare le mie riflessioni, segrete, quasi non avessi più interesse a parlare con me stesso. D'altra parte iniziavo a scrivere le stesse cose e a modo mio ho deciso bruscamente di cambiare. Se non cambiassi, se non sentissi che qualcosa cambia (non ha importanza che sia in bene o in meglio ) tutto mi sembrerebbe perduto senza possibilità. L'unica cosa che mi commuove di questa vita è vedere come cambia il modo in cui guardo le cose: da bambino, da ragazzo ed adesso, appena adulto. Ciò che credo aver imparato quest'anno è l'accettazione, totale, un rifiuto categorico di esprimersi su tutto (non cerco evidentemente di essere morale, non mi importa fin quando tutto riguarda me) . Avevo bisogno di confrontarmi, non perché ho delle tesi, io porto solo me stesso, neanche perché sento bisogno di giustificarmi. Solo me stesso, portare me stesso, per me è molto più importante di quanto riuscirei a spiegare. In questi giorni sto vivendo dei periodi di profonda depressione, a volta cerco di concentrarmi su qualcosa, i miei passi, il rumore solo per non sentirmi pensare. Penso alla strada che sto percorrendo, che ho scelto, e mi chiedo se non lo sto facendo forse per altro. Per quanto aldilà di quello che scrivo qui mi comporto da persona normalissima, anzi, io sono ossessionato dalla normalità, ciò che sono realmente, o che mi presumo, ha scelto la via della disaffezione, dalle cose, dal mondo e da tutto. Spesso cerco di paragonarmi ad un oggetto, è assurdo, è una fantasia abbastanza bizzarra lo so, ma cerco di immaginare a come dovrei essere se quell'io che alcuni chiamano anima, altri coscienza, non esistesse. Penso ai miei movimenti, a tutte quelle cose che si fanno senza pensare, mi concentro sui miei passi, solo per continuare questa mia puerile fantasia dell'uomo - macchina . La realtà è che sento che me stesso non ha più nulla da offrirmi, non mi importa assolutamente niente di ciò che sono, ciò che dovrei essere o altro. Mi lascio così, alla deriva. Sono giunto alla conclusione che la vita va semplicemente osservata. Io non vedo nessuna tristezza in questo. Io mi definisco solo tramite il mio contorno e non potrei definirmi senza il mio contorno. Lascio che le cose mi incidono per via di questa natura delle cose. Studiando fisica mi viene naturale pensarmi come un atomo soggetto alle forze dovute agli atomi circostanti, io stesso a mia volta faccio parte di questo equilibrio. Non ho mai chiesto il perché di una legge fisica, lo dovrei fare di me?
Ma in realtà sto nascondendo altro ed io lo so. Ma non riesco più a trovare una ragione per vivere con gli altri. Sto bene solo in solitudine e non c'è nulla, non c'è causa per il mondo per cui sento valga la pena vivere, io vivo e basta . A conclusione volevo solo dire che tutto questo è così da molti anni ed un po' ci ho preso l'abitudine ad essere così . Grazie infinite, spero di non avervi annoiato.

Caro Guglielmo,

Alcuni spunti dei suoi ragionamenti sono interessanti. Non ha mai chiesto il perché di una legge fisica (e chissà ...) e dovrebbe chiederlo di sé? Sì, dovrebbe. Si sta perdendo il meglio del funzionamento dell'universo.

Al momento le consiglierei di leggere qualcosa di Joseph Cambray, per esempio "Sincronicità. Natura e psiche in un universo interconnesso". Sono certa che i ragionamenti di questo fisico, che è anche un analista junghiano, potrebbero portarla ad aprire la mente verso altri spazi, evidentemente non ancora esplorati. L'aderenza della Teoria della Complessità e dell'Emergenza al campo psichico le darà altri spunti. E' molto giovane, la aiuterà.

Un caro saluto.