Sono troppo abituato a stare da solo ma mi manca la compagnia

Ciao a tutti! Sono un ragazzo di 23 anni. Ultimamente mi sento sotto pressione per essere troppo diverso dagli altri (non mi piacciono le feste dove c'è troppa gente e preferisco stare da solo e praticare attività come suonare qualche strumento). Allo stesso momento però vorrei avere una vita sociale, dato che non ho nessuna amico/a e ne sento la mancanza, soprattutto quando sento gli altri parlare delle loro esperienze con le ragazze. Mi sono sempre trovato a disagio ad uscire con altre persone perchè io sono un tipo ansioso e vorrei pianificare bene le attività prima di farle, mentre gli altri sembra che facciano tutto a cuor leggero senza pensare alle conseguenze (a volte sbagliando). Quindi io mi sento sempre "una persona in più" che non aggiunge nulla alla conversazione, infatti resto sempre li in silenzio ad ascoltare perchè non ho una vita attiva come quella degli altri e non ho nulla di interessante da raccontare. E in più devo assecondare gli altri e diventa pesante seguire tutto quello che fanno senza pensare. Infatti le poche volte che esco già dopo un paio di ore non vedo l'ora di tornare a casa perchè mi sento stanchissimo, però cerco di resistere ma alla fine la sensazione è quella di essere obbligato ad uscire. Il problema è che non riesco ad incastrare queste cose: da un lato vorrei tanto uscire, conoscere qualche ragazza, ma dall'altro sento di avere una vita noiosa e di non avere nulla da offrire ad un'eventuale ragazza (mentre altri ragazzi sono più spensierati, vanno alle feste, parlano tanto, e non pensano sempre alle possibili conseguenze come faccio io). Questo fatto di pensare bene alle cose prima di farle mi ha aiutato molto a scuola e mi aiuta nel lavoro, perchè tutti sanno che faccio qualcosa solo se sono sicuro del risultato e sono molto rispettoso degli altri, non mi permetterei mai di offendere qualcuno perchè purtroppo so cosa si prova, essendo stato vittima di bullismo a scuola (io non mi ribellavo perchè non è mia natura fare del male o offendere agli altri anche se loro lo fanno).
Un ultima cosa: penso che questo problema sia un po' legato alla genetica: mamma ansiosa e papà asociale...mi sembra di essere la fusione dei due, ma ci sarà pure una via di scampo, almeno lo spero!
Ho cercato aiuto su internet perchè ultimamente sento che lo stress si sta accumulando e ho avuto due attacchi di panico, cose che non avevo mai avuto in passato. Inoltre mi sento sempre molto agitato nelle situazioni sociali con persone che non conosco.
Vi ringrazio e spero che possiate rispondere ai miei quesiti, il vostro aiuto mi può essere davvero utile!

Buongiorno Luca,

La sofferenza interiore che sta attraversando le vuol far riconoscere qualcosa di se stesso, permettendole di guardarsi e di conoscersi attraverso ciò che sente.

Dalle sue parole emerge che è ancora dipendente dall’idea generale di “come si debba essere” e di “cosa si debba fare”. Non  si muove ancora sulla base di un suo interesse, chiedendosi che cosa vuole e intimamente le appartiene, ma sulla scia dei modi comuni di intendere l’esistenza.

Nelle sue parole dà voce a tutti questi modi comuni di pensare, che scontatamente ritengono che l’essere taciturno sia cosa da noiosi, che la vita sia nel “fare” cose che hanno un riconoscimento esterno, che la realtà che conta è quella esterna e non quella interiore…Dà voce a quello che il senso comune ritiene essere di valore, invece di cercare e riconoscere dentro se stesso cosa è importante. Prende questi significati dall’esterno anziché scoprirli a partire dalla sua interiorità. E’ significativo il fatto che fa continui confronti con gli altri, misurando  il senso del suo valore sulla base di criteri esterni invece di far riferimento alla sua interiorità.

L’interiorità le fa sentire questa passività nello sforzo di essere accondiscendente, di plasmare se stesso su quelle che sono le aspettative esterne, cercando di corrispondere ai canoni comuni.  Le fa percepire il timore del giudizio dell’altro, a cui ha consegnato il senso del suo valore. E’ l’esterno a dirle che cosa vale o meno, che  cosa è interessante o meno e lei è in questa condizione di dipendenza.

Le dico tutto questo senza alcun giudizio, conscia del fatto che un momento fondamentale del nostro sviluppo psicologico è proprio quello in cui riconosciamo d’avere la tendenza ad aderire e a inseguire i modi comuni di pensare l’esistenza, dandogli voce…Il cammino di autonomia si compie “passando attraverso” la dipendenza, vedendola su di sé, non chiamandosene fuori….Per questo motivo è fondamentale essere disponibili a riconoscerla,  a guardarla,  il rischio altrimenti è quello di allontanarsi da se stessi per aderire ad altro….La sua interiorità sta cercando di sollevare questa questione così fondamentale per l’esistenza…

Mi auguro di averle dato qualche spunto utile di riflessione…

 

domande e risposte

Dott.ssaLaura Lopopolo

Medico Psicoterapeuta - Cremona

  • Psicoterapia ad orientamento junghiano
  • Ansia
  • Attacchi di Panico
  • Depressione
  • Disturbi dell'autostima
  • Dipendenze (affettive, sesso, cibo, gioco d'azzardo, ecc.)
  • Sofferenza legata al rapporto con il proprio corpo
  • Fobia sociale e timidezza eccessiva
  • Disturbo ossessivo compulsivo
  • Disturbi psicosomatici
  • Bulimia
  • Sostegno alla separazione, e all'elaborazione del "lutto" del distacco
CONTATTAMI