Non so cosa mi succede

Tutto è cominciato sotto forma di profondo pessimismo nei confronti del futuro. Nonostante il mio fidanzato cercasse in tutti i modi di tranquillizzarmi, ad un certo punto ho cominciato a pensare che, data la sua situazione economica familiare, il mio essere precaria e il suo essere ancora studente, i nostri progetti di vita insieme non si sarebbero mai realizzati e pian piano mi sono convinta che effettivamente le cose andranno così al punto che, se prima amavo parlare delle nostra futura casa e del matrimonio, ora non li nomino proprio più per non illudermi. Poi sono cominciati i problemi a lavoro. Quando mi sono iscritta al liceo classico sognavo di fare la giornalista e la scrittrice e mai avrei immaginato che dopo la maturità mi sarei iscritta al corso di laurea in infermieristica, complici i consigli di chi diceva che in campo medico si trova subito lavoro e della mia voglia di realizzare il prima possibile il sogno di una vita insieme al mio fidanzato. Effettivamente tre mesi dopo la laurea ho cominciato a lavorare come infermiera e tutt'ora continuo a farlo a tempo determinato. Ricordo di aver sempre parlato, anche all'inizio della mia carriera lavorativa, di volermi iscrivere alla facoltà di Lettere Moderne e, grazie allo sprone del mio fidanzato, questo desiderio è diventato realtà lo scorso anno. Nonostante a lavoro non sappiano nulla dei miei studi (ho paura che non capiscano la mia scelta) lo scorso anno sono riuscita a sostenere 4 esami su 6 con ottimi voti. Ricordo la gioia alla fine del primo esame, non mi era mai capitato prima, per nulla paragonabile al giorno della Laurea in Infermieristica quando il presidente di commissione mi dichiarò dottoressa con 110/110 e lode con plauso della commissione e, mentre intorno a me le mie colleghe si scioglievano in lacrime, io mi trovai a sorprendermi nel non riuscire a provare alcuna emozione.
È precipitato tutto alcuni mesi fa quando ogni volta che dovevo andare a fare il turno di notte (l'ho odiato sin da subito) mi ritrovavo a piangere tra le braccia del mio fidanzato. Poi ho iniziato a piangere di continuo, sempre di più e sempre più senza motivo, così all'improvviso ero triste e piangevo. Ho iniziato ad odiare il fatto di trovarmi tra i miei amici, mentre loro ridevano e facevano battute io riuscivo a pensare solo al fatto che non ci fosse niente da ridere e mi sembravano così sciocchi. Ho fatto spesso cattivi pensieri, non trovando senso a nulla di quello che stessi facendo. Un giorno durante una crisi di pianto davanti ai miei genitori, mio padre mi ha detto che lui non mi aveva insegnato ad essere debole, mia madre mi ha consigliato di lasciare il lavoro (anche se da alcuni discorsi fatti ho capito che non è quello che pensa realmente). Il mio ragazzo ha litigato con loro perché ritiene che non comprendano la gravità della situazione. Ho parlato con la mia migliore amica di tutto questo e lei mi ha consigliato di lasciare passare le vacanze e poi di rivolgermi a qualcuno. Le vacanze in sono andate malissimo, volevo solo tornare a casa e riposare. Da ieri ho ricominciato a lavorare e mi sento fuori posto tra i miei colleghi che continuano a ripetere quanto amino questo lavoro e io mi sento un'ingrata perché ho tutto quello che altri desiderano e non lo apprezzo. Mi sforzo, lo giuro. Mi dico che va tutto bene ma la sensazione è quella di essere un'altra, come se una parte di me, quella più bella, se ne fosse andata via per proteggersi da tutto questo e avesse lasciato qui un'emulazione di se stessa. Mi sento terribilmente sola e non so cosa fare.

Buongiorno Elena,

Dalle sue parole emerge che finora ha investito tutto sull’altro, in una idea di realizzazione fatta del conseguimento di tappe esterne, standardizzate, ripetendo, “emulando” dei modelli esterni.  Ha messo in secondo piano la sua interiorità, ciò che profondamente le appartiene, trascurando una parte di lei che vuole vivere…

Il rischio nell’inseguire questo tipo di realizzazione è quello di impersonare un ruolo, “una simulazione” o, come dice lei, una “emulazione" di se stessi, senza farsi vivere…Il senso comune continua a sostenere questa idea di realizzazione, ma l’interiorità,  attraverso il sentire, fa percepire alla persona che è essenziale e vitale far vivere qualcosa di proprio, di legato a sé…

Il sentire non va tacitato, ma ascoltato e compreso, perché sta sottolineando, con un intento costruttivo, il fatto che ha spezzato qualcosa di profondo, il legame con se stessa, per aderire a dei modelli esterni….E’ il dolore di questa assenza che può farle comprendere, ascoltandolo, che manca di qualcosa di proprio, perché non lo ha ancora cercato, e soltanto entrando in rapporto con la sua interiorità potrà svilupparlo.

E’ importante che non metta a tacere questi segnali sofferti che da dentro la stanno richiamando a ricomporre un’intesa con se stessa, in un progetto che sia innanzitutto la realizzazione di ciò che la caratterizza e le corrisponde profondamente…

Il rischio se continua a riferirsi al senso comune, a quello che esternamente viene ritenuto essere desiderabile e auspicabile, è quello di non sentire il richiamo profondo a ritrovare il legame con se stessa…Si  dia modo di ascoltare la sua interiorità, facendo un percorso psicoterapeutico  che sappia avvicinare le emozioni, mettendo in primo piano la dimensione profonda, così da scoprirne tutte le potenzialità. I percorsi interiori sono  complessi e all’apparenza difficile da comprendere, ma sono guidati da un'intelligenza profonda, purtroppo spesso misconosciuta, che sta cercando di ricondurla a sé…L’intento interiore è assolutamente propositivo e costruttivo, le vuole far percepire che c’è una parte di lei che ha un’estrema voglia di vivere e potersi esprimere…

domande e risposte

Dott.ssaLaura Lopopolo

Medico Psicoterapeuta - Cremona

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