Non so cosa non vada in me

Buongiorno.
Sono una ragazza ed ho 25 anni.
"Hai tutto ciò che si potrebbe desiderare dalla vita" è la frase che mi sento dire più spesso da amici e parenti, ma in realtà io non sono per niente felice.
Ho sempre avuto la strada spianata: ho finito l'università, laureandomi in tempo con il massimo dei voti in biotecnologie industriali un anno fa e poco dopo mi è stata offerta una borsa di studio in ricerca; ho una relazione stabile con una ragazza da 8 anni e conviviamo ormai da 5; ho una vita sociale soddisfacente, anzi mi descrivono come una ragazza socievole e solare, faccio sport ed apparentemente non dovrei aver nulla di cui lamentarmi.
Da quando ho 12 anni mi ossessionano vari pensieri riguardo l'insensatezza della vita, che vedo come un estremo affaticarsi verso il nulla e considero la morte come unica soluzione per trovare un po' di serenità. Mi capita spesso di uscire con gli amici, andare ad un concerto, viaggiare, giocare magari ad un gioco di società e ritrovarmi a pensare che in realtà non ha senso fare tutto questo, visto che stiamo soltanto cercando di vincere la noia mentre aspettiamo la fine. In realtà non solo per me non ha senso divertirsi, ma non ha senso nemmeno continuare a vivere, affrontare gli ostacoli di ogni giorno o realizzarsi in qualcosa. Tutti questi pensieri sono riuscita più o meno a contenerli dopo l'arrivo della mia attuale ragazza.
Prima della fine dell'università all'improvviso, in una conversazione tra amiche, ho capito che forse la ricerca in ambito biologico non fosse davvero ciò che avrei voluto fare nella vita, ma nonostante questo ho finito e mi sono laureata. Ora dopo un anno quella sensazione non solo è rimasta ma è diventata un abisso e sono ritornati in modo ossessivo i soliti pensieri che mi avevano accompagnato per quasi tutta l'adolescenza.
Aggiungo che penso di non aver accettato completamente il mio orientamento sessuale e nonostante abbia fatto tre sedute con uno specialista non sono riuscita a fare coming out con i miei genitori ed anche quello con mio fratello è stato difficile e quasi obbligato. Mi sento terribilmente sbagliata in generale, non voglio deludere i miei genitori o chi mi è affianco e mi sento terribilmente in colpa per questo. Ho pensato varie volte al suicidio, ma ciò che mi tiene ancora qui è soltanto il pensiero per la mia ragazza.
Sto cercando di aiutarmi da sola, ma non credo di riuscirci, visto che il mio umore è fortemente altalenante ed i miei pensieri incostanti e così difficili da districare, d'altro canto ho un po' di perplessità riguardo il successo di una possibile terapia in generale e di quella EMDR in particolare.

Buongiorno Federica,

Mi ha colpito molto la sua lettera perché ritengo che la domanda che troppo spesso manca in psicologia è quella relativa al senso di ogni aspetto della propria esistenza…Viene tutto inquadrato dal punto di vista del “funzionamento”, dimenticando il senso, che invece è al centro della ricerca interiore.

Interiormente non reggono i significati preconfezionati che il senso comune attribuisce all’esistenza, anche se tutti dicono che va bene così, e pertanto da dentro si fa sentire l’esigenza di scoprire il senso che ogni cosa ha per sé, così che ogni cosa abbia un radicamento interiore, sia legata a sè e non presa semplicemente dall'esterno.

Le frasi che spesso si sentono dire  circa la desiderabilità di una vita che ricalca dei binari comuni non fanno che dare tutti questi significati per scontati. Si parla in maniera automatica, come se il significato fosse già dato, senza mai domandarsi il senso che quella cosa ha per sé, che cosa rappresenta… L’interiorità non vuole dare per scontato nulla, è tesa alla ricerca, alla scoperta e in tal modo spinge la persona a trovare le proprie soluzioni creative all’esistenza, generandole dentro di sé e non prendendole passivamente dall’esterno, spesso più per assecondare le aspettative che per intima convinzione.

Finchè ci si appoggia a questi significati precostituiti non può che esserci un senso di svuotamento interiore, perché i significati sono già dati e non più ricercati a partire dalla propria interiorità…E’ la perdita della dimensione del senso, non più ricercato ma dato per assodato… Ci si limita a ripetere meccanicamente dei modelli, appiattendosi sul funzionalismo e dimenticandosi che abbiamo dentro di noi una forza creativa, quella dell’inconscio, che aspira ad altro, alla pienezza di senso che può derivare dal coltivare la dimensione interiore, generando qualcosa di proprio e a sé intimamente corrispondente…Solo se si è intimamente coinvolti ci si può appassionare a qualcosa….E’ il coinvolgimento profondo a restituire senso  e passione a quello che si fa, pertanto è fondamentale alimentare il rapporto con la propria interiorità…E' questa la sorgente della nostra vitalità, anche se noi tendiamo a collocarla sempre  all'esterno e così ci dimentichiamo di coltivare questo rapporto, così vitale...

Mi rendo conto che non è impresa facile tramite questo scritto, ma vorrei contribuire a farle scoprire lo straordinario valore che ha la dimensione profonda…E’ una sorgente viva, creativa, capace di far ritrovare alla persona il filo della sua esistenza, riconsegnandole il senso della sua esperienza interiore…Purtroppo è troppo spesso misconosciuta…Mi auguro che lei possa cominciare un percorso psicoterapeutico che sappia valorizzare la dimensione profonda, riscoprendo questa immensa risorsa che ha dentro di sé e che è impegnata istante per istante nel dare vita, nel dare senso…E’ un laboratorio "aperto" a una continua ricerca di senso...

 

domande e risposte

Dott.ssaLaura Lopopolo

Medico Psicoterapeuta - Cremona

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