Pipì e cacca nel vasino: educazione al controllo sfinterico

“Dare ordine alla giornata del bambino vuol dire dare senso e valore ad una maggiore capacità di fare, di esprimersi creativamente, in un accrescimento di forze interiori che favoriscono il governare il proprio tempo. […] I genitori, se sono in grado di strutturare la loro vita familiare in un modo organico, nel quale i ritmi della giornata siano ben scanditi, aiutano il senso di stabilità nel bambino che si tranquillizza, rinforza la sua salute e accresce il senso dell’io” (Montini, 2019).

L’educazione al ritmo, così come quella all’autonomia ed al controllo del proprio corpo, sono importanti per la crescita e la serenità del bambino, fin dai suoi primi mesi di vita. Si inizia da semplici, ma fondamentali, gesti ed accorgimenti di vita quotidiana.

Una conquista molto importante che un bambino può fare, in questo senso, è il raggiungimento del controllo sfinterico: abbandonare il pannolone per fare pipì e cacca nel vasino, poi nel water.

Ma, da che età si può iniziare? E … come fare se il proprio figlio ancora non parla?

 

È pericoloso iniziare presto?

In letteratura, nessuna evidenza scientifica indica che un’educazione precoce al controllo sfinterico sia dannosa. L’unico studio, molto conosciuto, è stato pubblicato da T.B. Brazelton (1962) e mette in guardia non tanto dall’educare al controllo sfinterico, ma dalla coercizione. Il contesto ed il periodo nel quale è stato divulgato lo studio dà spazio ad alcune perplessità: è stato pubblicato nel 1962 sulla rivista medica Pediatrics, sponsorizzata dall’azienda Procter & Gamble che nel 1961 lanciò sul commercio il primo pannolino usa e getta; Brazelton era uno dei numerosi specialisti dell’Istituto Pampers, come indicato sul sito dell’azienda (Monrocher-Zaffarano, 2006, pp. 16-17).

 

L’età più opportuna

L’importanza dell’educazione al ritmo ed all’autonomia, cui si è già accennato, è una valida motivazione e spinta ad iniziare presto, specialmente se si tiene presente che, in termini di apprendimento, il primo anno di vita vale oltre nove anni solari (Castagnini M., 2009, pp. 38-39).

Iniziare è quindi importante e possibile non appena il bambino ne è in grado a livello cognitivo e di sviluppo globale.

I vari studi riguardo lo sviluppo infantile, confrontati tra loro ed attualizzati, indicano che all’età di quattro mesi e mezzo il bambino raggiunge una delle principali pietre miliari dello sviluppo: l’esplosione dell’intelligenza (Faberi 2016, p. 99 et Faberi 2010).

L’esperienza conferma che quattro mesi e mezzo è l’età migliore per iniziare, quando il bambino comprende bene semplici parole del linguaggio quotidiano e, se interpellato ed ascoltato, inizia a rispondere ed interagire coerentemente.

A quest’età, il bambino “ha raggiunto una consapevolezza di se e delle parti del proprio corpo, sta iniziando a scoprire se stesso che occupa un posto, ha un ruolo ed è in interazione con l’ambiente circostante, è in grado di interagire e gestire contemporaneamente le informazioni provenienti dai vari sensi, tanto da riuscire a stare attento e comprendere brevi frasi, brevi spiegazioni. È quindi pronto per poter pian piano acquisire il controllo sfinterico che riveste più significati: permette di acquisire maggiore conoscenza, consapevolezza e controllo del proprio corpo; man mano lo si apprende offre una maggiore autonomia ed autostima. Allo stesso tempo il bambino non ha ancora raggiunto il periodo dell’esplorazione, non è teso a muoversi continuamente per scoprire lo spazio ed ha quindi più pazienza per rimanere qualche minuto sul vasino ad imparare a fare pipì” (Faberi 2016, p. 156).

 

Mah … come iniziare se il bambino ancora non parla?

Si sistema il vasino in bagno e non lo si porta in giro per la casa: il bagno è il luogo per fare i propri bisogni.

Subito dopo il pasto, è più facile che al piccolo scappi la pipì.

Ogni volta che il bambino finisce di mangiare, lo si accompagna in bagno e lo si siede sul vasino invitandolo a far pipì. Le prime volte lo si può aiutare accendendo il rubinetto del lavandino e facendogli sentire il rumore dell’acqua. Dopo qualche minuto lo si alza e gli si fa guardare se ha fatto o no la pipì.

Dopo due o tre volte in cui il piccolo riesce a far pipì nel vasino e, vedendola, se  n’è potuto rendere conto, si spiega a lui: - Se fai la pipì nel vasino possiamo mettere le mutande, così sei più libero di muoverti. Se non la fai dobbiamo mettere il pannolino, altrimenti rischi di sporcarti -.

Dopo ogni pasto si va sul vasino: se il bimbo fa la pipì lo si lascia con le mutande, altrimenti si rimette il pannolino. Indossando le mutande si spiega: - Attento che hai le mutande: non sporcarti e dimmi se ti scappa -. Dopo un’oretta lo si riporta in bagno e si ripete il tutto con le stesse modalità. Se nel frattempo fa la pipì addosso, glielo si fa notare dolcemente: - Ops, cos’è successo! Hai fatto la pipì nelle mutande? Non fa niente, stai imparando … o sono stata io a non capire che ti scappava? La prossima volta cerca di dirlo e farti capire meglio -. Lo si pulisce, lo si mette sul vasino e se non ne fa ancora si rimette il pannolino. Pian piano si comprendono i suoi tempi cercando di anticiparlo e di farsi dire, a modo suo, i suoi tempi.

“Seguendo con un po’ di pazienza queste indicazioni, nel momento in cui il bambino gattona, il pannolone non serve più e addirittura, quando gli scappa la pipì, lui stesso gattona verso il bagno. Allora gli si toglierà il pannolino definitivamente. Senza fagotti tra le gambe anche i movimenti saranno più liberi.

Molte volte si notano delle regressioni: è bene notare che queste spesso sono legate al fatto che la mamma esita a togliere il pannolino fuori casa e il bambino fa confusione o sente il più comodo il pannolone. È importante togliere il pannolino ovunque: sia al supermercato, che nei negozi, che al nido, che a casa di amici esiste il bagno!

Per la cacca lo si abitua un po’ nello stesso modo e, quando lo si vede spingere, lo si accompagna sul vasino” (Faberi 2016, p. 157).

 

Non è mai troppo tardi

Se non lo si è fatto prima, a qualsiasi età ed in qualsiasi situazione, le modalità sopra dette si rivelano efficaci. Naturalmente: prima si comincia, più è facile e salutare.

È importante e non scontato sottolineare che anche bambini e ragazzi con handicap, che non parlano o non camminano, hanno il diritto ad essere educati quanto prima al controllo sfinterico!

“Di fronte ad un bambino con disabilità, il tema della disciplina assume connotazioni particolari ed ambigue. Nella società odierna, da un bambino con sindrome di Down o con ritardo mentale non si pretende il rispetto delle regole di convivenza civile così come richiesto a un suo coetaneo. Per assumere un corretto orientamento pedagogico, occorre chiedersi quale potrà essere il futuro di quella persona a cui non è stata insegnata la compostezza a tavola, il mangiare in modo dignitoso, la cortesia nei rapporti con le persone, il controllo degli sfinteri, …. Da adulto avrà molti handicap in più, dovuti non solo al suo deficit, ma ad una cattiva o mancata educazione” (Faberi, 2008).

 

Se si presenta qualche difficoltà

Se il bambino presenta difficoltà nella gestione, nel trattenimento e/o nel controllo della pipì o della cacca, queste possono essere avere una base a livello psicologico, riconducibile a problemi del bambino o, più spesso, comportamenti specchio attuati per aiutare uno o entrambi i genitori (Faberi 2019). In tal caso è utile chiedere consiglio ad un professionista preparato in materia.

 

Bibliografia

Brazelton T.B., “A child-oriented approach toilet training”, Pediatrics, 29, 1962, pp. 121-128.

Castagnini M., “Il punto di vista di A.R.C. – I nostri figli sul trattamento dei disturbi dello sviluppo del bambino”, in Faberi M. (a cura di), Prevenire i disturbi dello sviluppo del bambino, Libreria Editrice Universitaria, Verona 2009.

Faberi M., “Dolce fermezza ed educazione”, Educare.it, n.5, aprile 2008.

Faberi M., “La valutazione psicopedagogica funzionale”, in Faberi M. (a cura di), Bambini e ragazzi che chiedono aiuto. L’approccio della Psicopedagogia dello sviluppo e della Biologia ai bisogni educativi speciali, Edizioni del Rosone, Foggia, prossima pubblicazione (2019).

Faberi M., “Nel primo anno di vita, la matrice fondamentale dello sviluppo globale”, Isre. Rivista di Scienze della Formazione, della Comunicazione e Ricerca Educativa, n. 3, 2010.

Faberi M., Psicopedagogia dello sviluppo, FrancoAngeli, Milano 2016.

Monrocher-Zaffarano S., La vita senza pannolini. L’igiene naturale del bambino, tr.it. Nazzaro M., Edizioni L’Età dell’Acquario, Torino 2006.

Montini C., “Ritmo come stile di vita”, in Faberi M. (a cura di), Bambini e ragazzi che chiedono aiuto. L’approccio della Psicopedagogia dello sviluppo e della Biologia ai bisogni educativi speciali, Edizioni del Rosone, Foggia, prossima pubblicazione (2019).

 

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Dott.Matteo Faberi

Psicologo - Brescia

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