Dott. Venanzio Clarizio

Dott. Venanzio Clarizio

psicologo, psicoterapeuta, psicodiagnosta, consulente tecnico di parte

Le aspettative del paziente nel percorso Psicoterapeutico

L'aspettativa è stata definita come la previsione ragionevolmente realistica dell'individuo circa la condotta degli altri membri della società in un contesto di incertezza.

E' un comportamento o una qualità che ipotizziamo possa presentarsi in una situazione e soprattutto dalle persone in contesti e circostanze in cui ci si sente personalmente coinvolti o implicati.

Un’aspettativa è anche un’aspirazione, un desiderio, un sogno, un’attesa che, non può che muovere da se stessi, ma che andando verso gli altri e il mondo deve, necessariamente, considerare gli ostacoli, gli imprevisti, la fatica, le opportunità che possono non presentarsi, i limiti nostri personali e dell’altro. Quest'ultimo aspetto, ossia la considerazione di tutto ciò che può limitare più o meno drasticamente un'attesa positivamente rilevante è ciò che effettivamente tende a mancare in molti comportamenti nevrotici.

Bisogna considerare, infatti, che l'aspettativa è unidirezionale, cioè ha origine nell'individuo; è intrapsichica. Tende quindi ad assumere una connotazione congruente alla tipologia e livello di patologia.

E' stato più volte evidenziato che la patologia si contraddistingue per l'espressione di esigenze che vengono presentate come "indispensabili" in senso stretto.

Nella relazione terapeutica le aspettative sono vincolate a tanti aspetti e tendono a modificarsi durante il percorso terapeutico diventando sempre più realistiche, man mano le costruzioni mentali del paziente rispetto ai suoi problemi ed al ruolo del terapeuta tendono a diventare più adattive, non ultimo per effetto della terapia medesima.

Una persona che inizia un percorso psicoterapeutico ha in genere delle aspettative rispetto al superamento dei problemi che lo hanno spinto ad entrare in terapia e allo svolgimento della terapia medesima.

Secondo la cornice teorica di riferimento e l'approccio cognitivo-comportamentale si può affermare che egli ha una sua costruzione mentale relativamente al ruolo salvifico dello psicoterapeuta, come una persona che sarà in grado di risolvere i suoi problemi il più velocemente possibile, almeno in certi casi, quasi con quella rapidità che a volte solo i farmaci consentono, specialmente quelli destinati ad eliminare un dolore (analgesici).

In altri termini l'effetto migliorativo della terapia, soprattutto quando lo scopo terapeutico prefisso riguarda una ristrutturazione complessiva della persona, sembra riguardare anche il sistema delle aspettative.

All'inizio del percorso terapeutico le aspettative sono ovviamente legate alla concezione che si ha dei problemi per i quali si è deciso di intraprendere il percorso medesimo e di quello che potrà essere il modus operandi del terapeuta, ma la concezione dei problemi che si vogliono affrontare è essa stessa oggetto di quella trasformazione che la terapia si prefigge di compiere, essenzialmente per molti disturbi nevrotici.

Sappiamo infatti che il paziente "soffre" di una "distorsione cognitiva", cioè di un'errata interpretazione e valutazione della realtà fondata su idee disfunzionali, anche se in apparenza questo non è evidente nelle sue considerazioni; almeno non nella giusta maniera.

Egli è come "imprigionato" in un circolo vizioso e autoricorsivo, in un automatismo fondato sull'abitudine a "vedere le cose" in una certa maniera.

Sente che ci sono una o più cose che non vanno nella sua persona e/o nella sua vita, ma non è in grado di cavarsela da solo e per questo motivo giunge alla scelta di farsi aiutare da un esperto.

Indubbiamente molti fattori concorrono alla determinazione di questa condizione. Non va trascurato il pattern di "attaccamento" come molti autori hanno giustamente sottolineato.

La durata più o meno lunga del percorso, legata alla tipologia dei problemi da affrontare e alle potenzialità del paziente, può aumentare la probabilità che questi interrompa precocemente la terapia, non ultimo in considerazione del fattore economico.

Il terapeuta dopo aver raccolto una serie di dati attraverso i primi colloqui, avvalendosi eventualmente anche di questionari specifici sotto forma di test standardizzati, cerca di giungere ad una idea, anche diagnostica, sulla situazione del paziente ed elabora un piano di azione terapeutica, con i relativi tempi minimi necessari e cercherà di condividerlo col paziente.

Non è preferibile andare avanti e "vivere alla giornata" lasciando trasparire l'idea che ci vorranno tempi lunghi e indefinibili perché il paziente potrebbe decidere di rivolgersi ad un altro terapeuta, oppure andare avanti, quindi continuare, finché gli sembrerà possibile.

La sua scelta dipende anche dal livello di fiducia che ripone nel terapeuta o dalla eventualità di non avere altre opzioni.
In alcuni casi si verifica il fenomeno dello "shopping clinico", in base al quale si sceglie di consultare diversi operatori per poi eventualmente decidere a chi affidarsi.

Sin dal primo contatto col paziente il terapeuta inizia a costruire una relazione basata sull'accettazione empatica incondizionata del paziente e si guarda bene dall'esprimere giudizi o biasimare i comportamenti che vengono riferiti, anche se evidentemente biasimevoli.

In questa prima fase è ovvio che il paziente deve sentirsi sostenuto, oltre che accettato come persona, in quanto egli tende, a volte, a provare un senso di vergogna per la condizione in cui si trova e nella quale non avrebbe mai voluto trovarsi. Così il terapeuta cerca di elogiare la spinta a cominciare la terapia, come segnale delle buone attitudini del paziente ad impegnarsi nel percorso, che gli consentirà di superare uno o più problemi che lo attanagliano e di cui egli non ha una idea ben definita sul come venirne fuori, altrimenti non si sarebbe rivolto al terapeuta.

Normalmente, dopo aver superato il primo contatto, nel quale il paziente potrebbe provare vergogna ed esprimersi con difficoltà, egli realizza che si può fidare dell'operatore e le sue aspettative sugli effetti positivi della terapia tendono ad aumentare.

Prima di questo momento, ossia dell'ottenimento di una fiducia da parte del paziente, che consenta di continuare il percorso, è molto alta la probabilità che, in presenza di aspettative deluse, il paziente possa decidere di concludere la relazione terapeutica.

L'eventuale prosieguo della terapia ed il mantenersi aderente al percorso da parte del paziente indica che le aspettative iniziali possono non essere state deluse, oppure che nel frattempo si sono già modificate, consentendo il prosieguo dell'aderenza al percorso medesimo.

Abbiamo quindi una situazione iniziale nella quale le aspettative del paziente e quelle del terapeuta potrebbero essere abbastanza divergenti.

I pazienti spesso iniziano una psicoterapia nella piena convinzione di avere davanti un terapeuta disponibile a dispensare consigli su come affrontare varie situazioni, anche sintomatologiche, come se si fosse davanti ad un depositario di sapere assoluto o un medico in grado di curare con precisione chirurgica.

Quando si hanno delle aspettative rispetto ad un'altra persona in un qualsiasi tipo di relazione, anche terapeutica, si possono evidenziare anche degli atteggiamenti giudicanti rispetto all'altro nel caso in cui le aspettative non vengano soddisfatte.

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