Dott.ssa Veronica Cardinale

Dott.ssa Veronica Cardinale

psicologo clinica, psicologo perinatale

Come superare la frustrazione e l'ansia?

Buonasera, sono una studentessa universitaria di 24 anni ( sono già laureata in scienze dell'educazione e sono una laureanda in scienze della formazione primaria).
Sono una ragazza timida, impacciata, ma molto creativa.
Chi mi conosce mi apprezza molto come persona, soprattutto per il mio modo di essere molto disponibile, buono, spontaneo, buffo e scherzoso.
Purtroppo però ci sono due grandi elementi che mi contraddistinguono e soprattutto influenzano negativamente il rapporto con me stessa e con gli altri: la frustrazione e soprattutto l'ansia.
Sono sempre stata una persona un po' ansiosa, ma nulla di preoccupante.
Al liceo il mio stato d'ansia è degenerato, soprattutto a causa del rapporto burrascoso che avevo con le mie compagne: sono stata vittima per anni di bullismo ( scherzi, prese in giro, insulti, umiliazioni, persone che sminuivano la mia intelligenza, il mio modo di essere e di operare, oltre che i giudizi gratuiti che partivano dall'aspetto fisico, l'outfit, fino ad arrivare ad aspetti della mia vita quotidiana (venivo criticata persino perché svolgevo volontariato in una casa famiglia, il venerdì e il sabato sera, anziché andare in discoteca come facevano loro). Insomma ero la classica ragazza senza vita sociale, che non avrebbe mai combinato nulla di buono nella propria vita.
Terminato il liceo mi iscrissi all'università: la mia vita cambiò positivamente in quanto mi ero trasferita in un'altra città e la routine da studentessa fuori sede non mi dispiaceva affatto. Purtroppo però l'ansia con gli anni ha sempre preso il sopravvento.
Mi laureo nel 2018 con 108 (e mi sento particolarmente delusa e non riesco ancora a distanza di anni a capire il perché).
Sono così frustrata di questa laurea da aver fatto nascondere a mia madre la pergamena di laurea, poiché solo al vederla mi crea irritazione. Ho un rifiuto nei confronti di questa triennale da portarmi a odiarla, screditarla, continuare a ripetere di avermi fatto solo perdere tempo e di non essere meritocratica.
A soli tre/quattro giorni di distanza dalla proclamazione, passo il test in scienze della formazione primaria (test sostenuto tre giorni prima dalla discussione della tesi) e inizio sin da subito il secondo percorso universitario. Un percorso da incubo: ogni esame è una tortura, un inferno. Vivo tutto malissimo e non riesco ad apprezzare nulla di buono.
Mi mancano circa 6 esami per terminare questo percorso e sto iniziando a lavorare per la tesi, ma non sono felice.
Emerge sempre quella sensazione di frustrazione, di non essere abbastanza (nonostante ho abbreviato da 5 anni a poco più di 3 il percorso quinquennale, mantenendo una media dignitosa del 27 e mezzo), ma non sono felice.
L'ansia continua a essere parte integrante della mia vita.
Nel frattempo, nel corso degli anni, non sentendomi mai abbastanza, ho collezionato un numero spropositato di corsi di formazione, certificazioni linguistiche (inglese e spagnolo) e informatiche di qualsiasi genere.
Ho lavoricchiato soprattutto durante l'estate, in quanto mi sono mantenuta gli studi per diversi anni da sola, pagandomi l'affitto del posto letto e le spese universitarie. Ma non sono felice. Svolgo volontariato da anni: ho lavorato presso diverse associazioni, in particolare con la Croce Rossa. Eppure se lì per lì sono contenta di ciò che sto facendo, torno a casa e non mi sento soddisfatta e fiera di me.
Nel tempo libero mi capita spesso di scrivere racconti e storie per bambini (la mia più grande passione), ma nell'ultimo periodo è scomparsa anche la mia creatività. Non ho più stimolo nella scrittura e nella lettura (due grandi passioni che coltivo sin da piccola).
Capita spesso di provare malinconia quando vedo/ sento di gente che si è laureata con 110 e lode, quando dovrei essere felice di me stessa e di ciò che sono e che sto per diventare, ma non ci riesco. Ho tantissimi obiettivi, vorrei prendere altri titoli di studi, master, abilitazioni, scrivere racconti per l'infanzia,lavorare come insegnante col progetto scuola in ospedale nei reparti di pediatria ed ematologia pediatrica (campi che conosco molto bene avendoci lavorato come volontaria). Ma non sono felice.
Ho un ragazzo che mi ama più di qualsiasi altra cosa e non mi fa mancare nulla, delle colleghe di università meravigliose e la mia migliore amica che è sempre presente sin dai tempi del liceo.
Ho perso mio nonno da poco (una persona davvero eccezionale che mi incoraggiava sempre ed era il mio fan numero uno). Se la sua perdita avrà sicuramente amplificato il mio senso di frustrazione, dall'altro canto è una condizione che c'è sempre stata.
La mia famiglia è la classica famiglia semplice e tradizionale, nulla di particolare o di speciale.
Vorrei capire perché sono così? Sento di avere bisogno di un confronto.
Grazie per l'attenzione

Buongiorno Vanessa, 
La prima cosa che deve chiedersi è cosa significa per lei essere felice.
Felice è un'emozione, ma è prima di tutto un aggettivo, dietro di esso ci sono una miriade di elementi che possono portare a "raggiungerlo" e una miriade di significati che gli si possono dare.

Si faccia aiutare da qualcuno nel leggere in maniera attenta questi significati e lavori con un obiettivo preciso, continuare a investire in corsi e attività non le porterà la soddisfazione che cerca perchè ad oggi non ha ancora chiaro cosa sta cercando.

Quello che fa è sicuramente ammirevole ma è per lei anche controproducente in quanto fa solo aumentare la frustrazione.
Se vuole approfondire mi contatti, volentieri ne parleremo insieme.