BRCA: gestire il rischio oncologico, una sfida possibile.

La scoperta di una mutazione genetica a carico dei geni BRCA1 e BRCA2, condizione predisponente all’insorgenza di una patologia oncologica, costituisce senza dubbio un evento a fortissimo impatto emotivo e psicologico. Infatti, sebbene la mutazione genetica non costituisca in sé una condizione patogenetica, per l’individuo sano si aprono le porte di una nuova dimensione personale che non è più quella della “salute” e non si configura ancora come “malattia”: la dimensione del “rischio”.
Sarà proprio la gestione di questo rischio oncologico a configurarsi come la maggiore sfida di adattamento di ogni mutato sano.
Quando il test genetico rivela la presenza di una mutazione, le persone possono sperimentare una varietà di reazioni emotive di forte intensità.
Anzitutto, essendo attribuibile al DNA ed ai geni, e cioè alla biologica e intima costituzione dell'identità personale, la disfunzione genetica assume un carattere di permanenza ed immanenza, di inalterabilità e incurabilità. Può capitare di “sentirsi malato” sebbene non si sia verificata nessuna malattia.
Avere un’alterazione a carico dei geni BRCA, infatti, non significa avere la certezza che si svilupperà un tumore mammario o ovarico e non è possibile determinare con esattezza la propria percentuale di rischio. Allo stesso modo è impossibile prevedere se e a che età si potrà sviluppare una neoplasia, né quanto aggressiva questa potrebbe essere, né tantomeno quale sarà il proprio rischio di morirne comparato a quello di altre donne. Questa quota di incertezza e indefinitezza contribuisce senza dubbio ad innescare nei portatori di mutazione un sentimento di profonda ansia: l’ansia di poter sviluppare il cancro.
Ricevere una diagnosi positiva al test genetico significa anche dover considerare di sottoporsi alle strategie di prevenzione e diagnosi precoce più opportune in relazione alla propria fase del ciclo vitale, alla propria progettualità personale e di coppia. In merito, ogni mutato sano deve scegliere se sottoporsi ai protocolli di stretta sorveglianza del distretto mammario e ginecologico oppure alla chirurgia profilattica. Sia in un caso che nell’altro, ci si pone davanti a nuove sfide.
I controlli semestrali che mettono in campo visita senologica, ecografia mammaria, mammografia, risonanza magnetica mammaria, visita ginecologica, ecografia transvaginale e dosaggio ematico dei marcatori tumorali, hanno un elevato potenziale ansiogeno: ogni volta che si avvicina un controllo è facile essere presi dalla paura di “trovare qualcosa” perché non ci si sente mai pienamente “al sicuro”.
D’altra parte è vero che anche la scelta della chirurgia mammaria e ovarica profilattica è complessa: prima delle operazioni e per riuscire a “mettersi in sicurezza”, una donna mutata deve confrontarsi con il futuro cambiamento della propria immagine corporea, con l’idea che la piacevolezza alle carezze sul seno verrà necessariamente ridotta o azzerata e dovrà riadattare anche la propria sessualità in relazione al cambiamento.
Il rischio oncologico legato a un disordine di natura genetica colpisce la persona ad un livello intrapsichico e ne ferisce i normali bisogni narcisistici (come il desiderio interno di stabilità personale, il desiderio di controllo sulla propria vita e l’idea di sana “onnipotenza” di cui ogni individuo sano è portatore), ma questo non costituisce una sfida impossibile.
E’ importante accompagnare la persona con diagnosi genetica a rivalutare la propria condizione: se è vero che nessuno ha scelto di essere portatore di mutazione (come nessuno ha scelto quali geni lasciare in eredità ai propri figli), è anche vero che oggi la conoscenza del nostro stato di mutati ci permette di riprendere il controllo sulle nostre vite. Sapere ci permette di agire per abbattere il rischio di malattia!
La presenza di una mutazione genetica non deve e non può rappresentare un blocco nel proprio progetto di vita, come non deve e non può rappresentare un motivo perché una persona sana si senta in qualche modo “malata” o “difettata”. Anche l’ansia , che in natura rappresenta un segnale di allarme per ogni essere umano, è un’emozione che si può imparare a regolare.
Se credi questo rappresenti una sfida troppo grande per te, non abbatterti! Rivolgiti ad un professionista che, attraverso un percorso personale di sostegno psicologico, possa aiutarti ad aumentare la consapevolezza di te stesso e il tuo senso di agentività personale.

Dott.ssa Silvia Costanzo
Psicologa Clinica e della Salute

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