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Dott. Stefano Iannuzzi

Psicoanalista SIPRe

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Non so che problemi ho, ma non sono felice

Ho un rapporto con la realtà molto complicato. Mi definisco una sognatrice, vivo nella mia mente, è l'unico posto dove mi sento protagonista della mia vita, l'unico posto dove vale la pena perdere tempo attraverso storie che invento, riadatto la realtà che conosco e la trasformo nel mio mondo ideale. È anche l'unico posto dove provo vere emozioni, prendo spunto da quella misera esperienza emotiva che ho dal mio vissuto o da un libro o un film e la rielaboro fino a creare quelle emozioni intense che la mia vita non mi darebbe mai. Amo questo aspetto di me, anche se mi rendo conto che mi isola dal mondo circostante, ma non mi interessa perché mi piace sentirmi così. Il problema è che la finta me, ovvero quella "reale" non mi rispecchia. Mi rendo conto che fuori dal mio mondo perfetto io non riesco a starci perché mi sento imperfetta. Soffro di forti disturbi d'ansia, probabilmente ho disturbi ossessivi compulsivi come mi hanno già detto le due psicologhe da cui sono andata. Credo che questo problema sia causato dalla strana infanzia che ho avuto, anche se non ho mai capito quale sia stato il fattore scatenante. Le mie "ossessioni" sono dovute alla costante paura di perdere le persone che amo, forse perché sono l'unica cosa che mi lega alla realtà. Queste paure si sono molto amplificate durante la pandemia. Inoltre quando lascio stare un po' il mio mondo perché devo fronteggiare eventi che richiedono attenzione come esami all'università o altro finisco sempre per trovarmi dei difetti che mi sollecitano a chiudermi in me stessa e mi concentro solo su quello. Mi vedo spesso brutta, mi concentro su difetti del mio viso che odio e per questo motivo rifiuto di vedere i miei amici o non voglio più mangiare e spendo intere settimane a piangere e non fare nulla. Se durante questi periodi esco mi vergogno a parlare o sorridere, temo sempre che quando la gente mi guarda pensi di me che faccio schifo. Ma la verità è che io so che dentro di me c'è armonia che però non è compatibile con questo mondo. Mi sento un po' come Leopardi è solo che almeno lui sapeva esprimersi, io neanche quello. Credo che la condizione migliore per me sia andare in coma, così da non dovere fare nulla e lavorare solo con la mia fantasia. Nonostante io stia virtualmente così bene con me stessa questo confronto con la realtà mi turba perché vivo passivamente, vivo di finzione. A volte vorrei essere protagonista anche della mia vita reale ma non riesco proprio. Mi delude sempre e soprattutto non mi sento adatta a viverla, non ho i requisiti giusti e mi passa la voglia. Quindi mi ritrovo a vivere intervalli di benessere ed estremo malessere che spesso mi portano a valutare anche suicidio.

Buonasera Silvia 

dalla sua richiesta emergono con forza vissuti potenti citando le sue parole : di vergogna, di inadeguatezza , di passività e rabbia. 
Il dover "vivere di finzione" mi fa pensare alla possibilità che lei "autorizzi" l'espressione di aspetti compiacenti con la domanda dell'altro nascondendo invece qualcosa di prezioso, vitale e autentico che sente, consapevolmente di avere e che vive però solo nelle fantasie. Mi fa pensare ad una bambina che guarda di nascosto il mondo, con la speranza / timore che qualcuno possa accorgersi di lei. 
Credo che sia arrivato il momento di prendere per mano quella bambina, accompagnarla nella crescita al fianco del resto della sua personalità. È probabilmente in questa parte bambina e ferita di lei che risiede una grande energia e creatività. 
Le consiglio quindi di non sottovalutare l'idea di un percorso di psicoterapia, per riequilibrare le parti in gioco, recuperare il piacere e consolidare l'autostima. 
Sono solo delle prime impressioni avute dalla sua domanda, forte e diretta. 
Se vuole sono disponibile per ulteriori scambi.

buona serata 

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