Disturbo depressivo

D. Come distinguere chiaramente la “depressione” da quella condizione “clinica” di insofferenza determinata dalle  innumerevoli fonti di frustrazione, tristezza e demoralizzazione che ogni essere subisce nel corso della sua esistenza

R. La depressione ha delle caratteristiche cliniche ben standardizzate e definite nelle varie edizioni del DSM, manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali,a cui fanno riferimento tutti gli psichiatri nel definire un disturbo mentale, La depressione fa comunemente riferimento all’episodio depressivo maggiore che è caratterizzato da un serie di disturbi, dall’umore depresso, alla perdita di interesse per quasi tutte le attività, disturbi del sonno, agitazione o rallentamento psicomotorio, sentimenti di autosvalutazione, ecc. che dovranno essere presenti contemporaneamente

(almeno cinque dei sintomi) per un periodo di due settimane e rappresentano un cambiamento sostanziale rispetto alle condizioni precedenti.

D. La nascita di un figlio rappresenta per la madre una meravigliosa esperienza. Eppure non raramente  provoca una reazione opposta di frustrazione ed inadeguatezza vitale. E’ definita “depressione post-partum”, ma come si spiega e come si cura?

R. La depressione post-partum rappresenta in generale l’occasione di una slatentizzazione di una predisposizione a questa patologia; gli stessi traumi

che molto spesso noi riscontriamo all’inizio di una depressione sono l’occasione per evidenziare una depressione che quasi sicuramente si sarebbe evidenziata

in tempi successivi.Vorrei descrivere molto sinteticamente l’esperienza di una signora che ho visitato in questi giorni. La sua depressione iniziò in epoca post-partum: si trattava di una gravidanza indesiderata, come non raramente succede in questi casi, ma in questo caso la malattia si è protratta per dieci anni, trattata con diversi farmaci, miglioramenti e ricadute. Una depressione post-partum può rimanere un caso isolato

correlato anche a problemi ormonali o esistenziali ma spesso rappresenta l’inizio di un calvario.

D. Quali cause di ordine organico, ormonale o psichico costringono sovente il”gentil sesso” durante la menopausa ad affrontare sindromi depressive fastidiose e persistenti?

R. Oggi ne sappiamo più di ieri sulla depressione ma non conosciamo con certezza la vera causa. Solo per caso, trattando i soggetti affetti da tbc con isoniazide,si noto’ che in questi soggetti migliorava il tono dell’umore, consentendo una conoscenza molto importante che portò alla scoperta dei farmaci che facevano aumentare la serotonina (5HT) nelle sinapsi neuronali: ne venne fuori l’ipotesi che una carenza di 5HT fosse la causa della depressione.

Gli studi successivi hanno chiarito, da una parte il ruolo della 5HT, di cui sono stati scoperti numerosi recettori e solo qualcuno di questi gioca un ruolo importante nella depressione, ma ha consentito di definire meglio l’importanza dell’ipotalamo, vera centralina della nostra emotività, nel difenderci dallo stress attraverso un incremento del cortisolo. Studi recentissimi valorizzano il ruolo dei recettori del cortisolo (GR) presenti a livello ipotalamico che vebgono  influenzati da una serie di numerosi peptidi ,fra questi anche alcuni ormoni femminili (ecco la preferenza per le donne!) che condizionano anche geneticamente tali recettori, influenzando la sensibilità recettoriale della serotonina, della noradrenalina, della dopamina e di altre sostanze.

D.Tra gli angosciosi primati di questa terribile malattia c’è anche quello delle eventuali ricadute. Esiste la possibilità di prevenirle in tempo utile?

R. Le ricadute sono correlate alla gravità della malattia, al trattamento farmacologico e/o psicoterapico effettuato. Nella mia pratica professionale nelle forme depressive di non particolare gravità ed, in particolare nei giovani, preferisco l’utilizzo della psicoterapia e, quando il paziente non partecipa attivamente al trattamento, aggiungo qualche farmaco. Molti pazienti sospendono il trattamento appena stanno meglio, altri lo proseguono all’infinito con tutti gli effetti collaterali che tali farmaci producono, altri pazienti “convivono” con questa patologia.Le recidive sono quindi spesso correlate ai farmaci

utilizzati, alla durata del loro trattamento ed alla gravità della malattia. Oggi abbiamo numerosi strumenti che ci consentono di avere dei risultati soddisfacenti.

D. Come si riconosce la depressione “mascherata” nella sua ambivalenza proteiforme di sintomi psicosomatici e conversioni pulsionali?

R. Per lo psichiatra esperto non vi sono problemi nella valutazione dei disturbi somatici che mascherano la malattia (Disturbo di somatizzazione) e nella valutazione dei Disturbi di conversione

D. Per guarire, meglio gli psicofarmaci personalizzati, la psicoterapia individuale oppure una integrazione virtuosa di entrambi questi fattori?

R. Per guarire è indispensabile comprendere anzitutto la gravità della malattia: non tutti gli antidepressivi vanno bene per tutti i depressi. Anche lo psichiatra più esperto si rende conto che non sempre lo psicofarmaco “personalizzato” dia risposte soddisfacenti per cui spesso è necessario aggiornare la terapia all’evoluzione della patologia, un secondo aspetto è rappresentato dalla comprensione della famiglia che spesso sottovaluta

le difficoltà del paziente ed insiste sulla “volontà” del paziente.

Con i miei pazienti utilizzo, anche nelle forme gravi di depressione,un trattamento psicoterapico: se noto una qualche forma di accettazione e di impegno

proseguo su questa strada con o senza l’aggiunta di uno psicofarmaco.Vi sono pazienti resistenti a qualsiasi psicofarmaco (antidepressivi, antiepilettici, antipsicotici ecc.) per i quali oggi esiste una nuova tecnica che consente molto spessa di ottenere buoni risultati, mi riferisco all’uso del TMS (che utilizzo da otto anni nel mio Centro ad Ostuni), alla stimolazione del nervo vago, al tDCS. al DBS (deep brain stimulation)

D Una domanda da far tremare le vene ed i polsi. Qualora le scoperte più recenti ed efficaci della scienza psichiatrica non riuscissero a prevalere sull’ombra

del “male oscuro” si potrebbe, nei casi molto gravi, fare ricorso in ultima istanza al vecchio elettroshock?

R. Molti miei colleghi fanno tuttora ricorso al vecchio elettroshock, io preferisco le tecniche di cui ho parlato pocanzi, in particolare al TMS (transcranic magnetic stimulation) che fornisce risultati molto positivi sovrapponibili al vecchio elettroshock, senza però dare gli inconvenienti legati a questa tecnica. Il TMS non produce alcun inconveniente, alcun disturbo collaterale e la risposta è soddisfacente.

Nel nostro Centro cefalee e Neuropsichiatria ( Bari, Taranto, Ostuni) utilizzo le tecniche più moderne nel trattamento della depressione, dalla Lighttherapy che fornisce risultati ottimali nella depressione stagionale, ai trattamenti farmacologici e varie tecniche di psicoterapia, al TMS che rappresenta il più recente contributo scientifico al trattamento delle forme gravi di depressione.

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