Depressione: come uscire dal male oscuro in tempi brevi

Tutto è aspro, cupo, orrendo: la disperazione trasforma il giorno in notte d’inferno e costringe a nutrirci di lacrime e di dolore
con un non so che di una voluttà tanto che a malincuore se ne distoglie


(Francesco Petrarca -Secretum)


Sofferenza inquietudine, disperazione sono parte inseparabile dell’ umana esistenza da sempre . In letteratura ritroviamo innumerevoli nonché travolgenti descrizioni di mesti stati d’animo, di sensazioni terribili di afflizione, pari ad una morte interiore , sublimi lamenti che ci rapiscono in quanto ce li riconosciamo addosso. I geni dell’arte hanno dato il meglio di sé contemplando la mestizia del proprio dolore e l’acuità della delusione, pensiamo a Munch che con il suo Urlo è riuscito appieno a rappresentare il dolore paralizzante dell’inquietudine.

Il primo a fornire una descrizione clinica di quella che venne inizialmente definita melanconia fu Ippocrate nel IV secolo a.C. il quale ne attribuì la causa ad un eccesso, nell’organismo, di mélaina (nera) cholé (bile). Oggi sembra che ne soffrano 17 italiani su 100 e prende il nome di depressione ma esiste ancora molta confusione rispetto a questo termine utilizzato per inquadrare e riconoscere in una rigida etichetta diagnostica un insieme di sintomi particolari, ma, potremmo dire, tipici dell’universo affettivo dell’uomo. Il riduzionismo genetico porta spesso, però, a lanciare una condanna a coloro che ne soffrono sulla base di fattori biologicamente determinati e determinanti e quindi immodificabili se non attraverso terapie farmacologiche.

Osservando la depressione da un’ altra ottica è inevitabile che una persona nel momento in cui si trovi ad affrontare una situazione particolarmente stressante e dolorosa reagisca manifestando sintomi quali : mancanza di sonno, di appetito, di attenzione, apatia, ritiro dalla vita sociale, incapacità di provare piacere, cosa che spesso viene dimenticata dalla frequente tendenza della medicina a voler inibire qualsiasi forma di sofferenza anche quella più intima, parte integrante della nostra stessa natura.

Attraverso la ricerca intervento che continuamente viene svolta al Centro di Terapia Strategica di Arezzo, si è arrivati ad individuare come la depressione sia sempre secondaria comunque conseguente ad un evento traumatico per esempio ad un lutto o ad una separazione o ad un altro tipo di patologia. E’ facile, in altre parole, che la persona affetta da un disturbo da attacchi di panico molto invalidante possa arrivare a sviluppare un senso di difficoltà e di incapacità tali da assumere le forme di una vera e propria depressione grave; d’altro canto l’incapace a costruire delle buone relazioni interpersonali, a interagire adeguatamente con l’ambiente esterno comincerà inevitabilmente a chiudersi ed isolarsi rinunciando alla vita sociale perché percepita come un sistematico fallimento.

La ricerca-intervento di Giorgio Nardone ha permesso, inoltre, di individuare, focalizzandosi anziché sulle spiegazioni , sui processi o meglio sulle modalità di funzionamento, di formazione e persistenza del disturbo, una dinamica ridondante: “la persona depressa si sente vittima di un qualcosa che non può combattere e superare ragion per cui rinuncia”.Lungo il sentiero della vita ognuno di noi costruisce, sulla base di esperienze personali, credenze attraverso le quali interpretare gli avvenimenti esterni ed agire. Il depresso si struttura ed assume un punto di vista molto rigido il quale non può che rompersi e sgretolarsi, proprio in virtù della sua stessa rigidità, in altre parole, ad un certo punto, succede qualcosa che lui mai si sarebbe aspettato e di conseguenza questo qualcosa viene vissuto come irrimediabile e catastrofico. Il tradimento di un amico, un insuccesso lavorativo, ad esempio possono costituire delle circostanze intollerabili là dove esista, da una parte, la rigida illusione dell’amicizia come eterna fedeltà e, dall’altra, l’assoluta convinzione di non poter sbagliare mai. Ciò genera un senso di avvilimento tale da impedire la ricostruzione di una nuova più adeguata modalità di leggere la realtà e da gettare nell’abisso più profondo. Percependosi la vittima di un mondo ingrato, crudele e di una realtà immodificabile, l’individuo rinuncia.
Con queste persone un atteggiamento consolatorio è la tentata soluzione che alimenta il problema come il cercare di sdrammatizzare una situazione da loro vissuta come altamente dolorosa.

Molla per il cambiamento sarà quella di schiodare la persona dalla posizione di vittima e farle sentire come, essenzialmente, la rinuncia sia un “suicidio quotidiano”.

Per evitare la vittimistica reazione al crollo delle illusioni, è bene ricordare che saremmo

<<…come colui che è stato condannato per una colpa che non ha, ma che egli ha confessato. Dalla cella vede che stanno costruendo un patibolo nel cortile. E’ convinto che sia per lui. Nottetempo riesce a scappare dalla cella, corre nel cortile, sale sul patibolo e si impicca da solo.>>

-F. Kafka-

Per approfondimenti:
Giorgio Nardone, 2007“Cambiare occhi toccare il cuore”, Ponte alle Grazie, Milano, Collana Saggi di Terapia Breve diretta da Giorgio Nardone
Muriana E., Verbitz T., 2006, “I volti della Depressione”Ponte alle Grazie, Milano, Collana Saggi di Terapia Breve diretta da Giorgio Nardone

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