Non riesco a mantenere relazioni ed essere all'altezza di un rapporto a due.

Henry - Enrico

Non riesco a sentirmi all’altezza di un rapporto profondo con la persona che ho accanto. Mi manca la capacità di provare un’empatia autentica: ciò che riesco a offrire è soltanto un simulato fluire di parole, privo di quella verità emotiva che dovrebbe sostenere una relazione. Ho purtroppo sperimentato molte volte questa realtà,; nel corso della mia vita, ho gettato al vento amori e amicizie per questo. Mi sento inadeguato, privo di energia e per nulla maturo emotivamente. Le persone che entrano in relazione con me, inizialmente, sono attratte dalla mia capacità dialettica e espressiva. Trasmetto questa impressione. Purtroppo, è solo un modo per alimentare quell'aurea di sicurezza e intraprendenza. La realtà è sottotraccia e pian piano viene fuori, alimentando delusione e sconforto. Non sono capace poi di mantenere le promesse che faccio agli altri e soprattutto a me stesso. La conclusione è il fallimento, con la conseguenza dell'allontanamento di chi ha posto fiducia su di me e infine l'isolamento.

3 risposte degli esperti per questa domanda

Gentile Enrico,

dalle tue parole emerge una sofferenza profonda, accompagnata da una grande lucidità e da un giudizio molto severo verso te stesso. Colpisce il modo in cui descrivi la distanza tra ciò che mostri agli altri e ciò che senti davvero, come se ci fosse una frattura tra l’immagine che riesci a trasmettere e il tuo mondo emotivo interno. Questa distanza sembra pesarti molto, soprattutto pensando alle relazioni e ai legami che nel tempo si sono incrinati.

Ti descrivi come privo di un’empatia autentica e di maturità emotiva, ma allo stesso tempo appari molto consapevole dei tuoi vissuti e degli effetti che hanno sugli altri. Questo fa pensare che ci sia in te un forte desiderio di contatto e di verità emotiva, anche se oggi ti sembra difficile da raggiungere. Ti sei mai chiesto quando hai iniziato a percepire questa sensazione di “recita” emotiva e se ci sono stati momenti, anche brevi, in cui ti sei sentito più presente e sincero in una relazione?

Il senso di fallimento e l’isolamento che descrivi sembrano inserirsi in un circolo doloroso, in cui le aspettative iniziali si trasformano gradualmente in delusione, tua e degli altri. Forse può essere utile domandarti che significato hanno per te le promesse che fai e cosa rappresentano emotivamente nel momento in cui le pronunci, prima che diventino qualcosa di difficile da sostenere nel tempo.

Il fatto che tu riesca a esprimere tutto questo con tanta chiarezza indica una capacità di riflessione profonda che forse oggi fai fatica a riconoscerti. Più che concentrarti su ciò che senti di non essere, potrebbe essere uno spazio da esplorare quello di ciò che stai vivendo ora, così com’è, senza giudicarlo subito come un fallimento.

Un caro saluto.

Dott. Vincenzo Capretto

Dott. Vincenzo Capretto

Roma

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Henry, quello che hai condiviso è molto intenso e coraggioso. Riconoscere con lucidità le proprie difficoltà nelle relazioni non è un segno di debolezza, ma di consapevolezza. La tua descrizione mostra una grande capacità di analisi: sai osservarti, sai mettere a fuoco i meccanismi che ti portano a sentirti inadeguato e isolato. Questo è già un passo importante, perché la consapevolezza è la base di ogni cambiamento.
Quello che racconti – l’impressione iniziale di sicurezza e dialettica che poi lascia spazio a delusione – non significa che tu sia “falso” o incapace di provare empatia. Significa piuttosto che ti affidi a un linguaggio brillante come protezione, come maschera. È una strategia che molti adottano: mostrarsi forti e sicuri per nascondere fragilità interiori. Il problema non è la maschera in sé, ma il fatto che tu stesso sembri non concederti la possibilità di essere autentico, vulnerabile, imperfetto.
Ti invito a considerare questo: le relazioni profonde non si fondano sulla perfezione, né sulla capacità di mantenere sempre le promesse. Si fondano sulla verità, anche quando è scomoda. Dire “non ce la faccio”, “ho paura”, “mi sento fragile” può sembrare un fallimento, ma in realtà è ciò che apre lo spazio all’empatia autentica. Le persone non cercano un compagno impeccabile, cercano qualcuno con cui condividere la verità della propria umanità.
Forse il nodo non è che ti manca l’empatia, ma che ti manca la fiducia nel permetterti di mostrarla. L’energia che senti assente potrebbe essere bloccata proprio da questo continuo tentativo di “essere all’altezza” di un ideale che non esiste. Nessuno è sempre all’altezza. La maturità emotiva non è non sbagliare mai, ma imparare a stare dentro i propri limiti senza vergogna.
Henry, la tua capacità di esprimere con chiarezza ciò che vivi è già un dono. Se riuscirai a trasformare questa lucidità in apertura verso gli altri – mostrando anche le tue fragilità – potresti scoprire che non sei destinato all’isolamento, ma che puoi costruire relazioni più vere, anche se imperfette.

Dott.ssa Antonella Bellanzon

Dott.ssa Antonella Bellanzon

Dott.ssa Antonella Bellanzon

Massa-Carrara

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Buongiorno Enrico, quello che descrivi non è superficialità, né mancanza di valori. È sofferenza. E soprattutto è consapevolezza, che è qualcosa che molte persone non raggiungono mai. Il fatto che tu riesca a osservarti con questa lucidità, anche se dolorosa, dice già molto della tua profondità. Mi colpisce una cosa centrale: tu non dici “non mi importa degli altri”, ma “non riesco a sentirmi all’altezza di un rapporto profondo”. Questo è molto diverso. In genere, dietro questa difficoltà non c’è assenza di empatia, ma una distanza da sé stessi così antica e strutturata da rendere complicato sentire davvero, senza filtri. Le parole allora diventano un rifugio: uno spazio in cui sei competente, riconosciuto, al sicuro. Non è un inganno deliberato, è una strategia di sopravvivenza.

Quando parli di “simulazione” emotiva, io sento una persona che vorrebbe sentire di più, ma che probabilmente ha imparato molto presto che mostrarsi autenticamente era rischioso, inutile o non accolto. L’energia che oggi senti mancare spesso non è mai stata disponibile liberamente: è stata spesa per adattarti, per reggere un’immagine, per non deludere, per non essere abbandonato. A lungo andare, questo svuota.

Il tema delle promesse non mantenute è importante. Non lo leggerei come mancanza di volontà o di etica, ma come uno scollamento tra ciò che desideri essere e ciò che, realisticamente, in questo momento puoi sostenere. Quando prometti, forse lo fai dalla parte di te che vorrebbe finalmente funzionare, essere solida, affidabile. Ma quella parte non è ancora sostenuta dal resto della tua struttura emotiva, e allora crolla. E il senso di fallimento si rinforza. L’isolamento che ne deriva è doloroso, ma anche comprensibile: quando ti senti costantemente “smascherato”, ritirarti diventa un modo per proteggerti dalla vergogna e dalla delusione reciproca. Vorrei dirti una cosa con molta chiarezza: la maturità emotiva non nasce dalla forza, né dalla performance, né dall’essere “bravi” nelle relazioni. Nasce quando si smette, gradualmente, di chiedersi come dovrei essere e si inizia a restare con come sono, senza disprezzo. Questo è un lavoro lento, a volte frustrante, e spesso non si può fare da soli. Non sei rotto. Sei stanco, probabilmente ferito, e hai imparato a funzionare più che a sentire. Recuperare un contatto emotivo autentico non significa diventare improvvisamente empatico, presente, coerente. Significa iniziare da piccole verità: dire meno, promettere meno, restare di più in ciò che è reale, anche se imperfetto.

Se mai deciderai di intraprendere un percorso terapeutico, non dovrebbe essere per “aggiustarti”, ma per costruire uno spazio in cui tu non debba dimostrare nulla. È spesso lì che l’emozione, piano piano, ricomincia a muoversi.

Un caro saluto

Dott. Fabiano Foschini

Dott. Fabiano Foschini

Milano

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