La Psicoterapia di Gruppo: alternativa o completamento di un lavoro individuale

LA PSICOTERAPIA DI GRUPPO:
ALTERNATIVA O COMPLETAMENTO DI UN LAVORO INDIVIDUALE

edito nel bimestrale "Elisir di Salute", Anno XII N. 5/6-2011


“La psicologia individuale e la psicologia di gruppo non sono così diverse; la psicologia individuale ha senso solo se la si considera in relazione ad altri individui, così che ogni psicologia in pratica è una psicologia di gruppo, e quest’ultima è la più antica forma di psicologia.” (“Psicologia del gruppo e analisi dell’Io”, 1921)

Il ricorso alla psicoterapia di gruppo può rivelarsi al giorno d’oggi una valida scelta terapeutica, ben lontana da certi pregiudizi che la accusano di essere una psicoterapia di “serie B”, in quanto il gruppo è un potente strumento terapeutico. Essa non penalizza le capacità professionali degli psicologi e tiene conto delle esigenze dei pazienti. Per ogni persona è infatti un’esperienza fondamentale il sentirsi capito emotivamente, il sapere che ciò che prova può essere condiviso dagli altri. Il gruppo, in questo senso, fa da cassa di risonanza agli affetti, i quali circolano fra le persone molto velocemente e raggiungono livelli espressivi notevoli. Per alcuni pazienti il gruppo costituisce un’esperienza transitoria, che prelude ad altri tipi di percorsi, mentre per altri tale esperienza risulta esaustiva; il gruppo può infatti risultare anche una prospettiva interessante per proseguire e concludere un percorso individuale.


Come nasce un gruppo?
Nascono gruppi di vario genere, che possono trattare le più svariate tematiche, oltre che riguardare diverse tipologie di persone (bambini, adolescenti, adulti, coppie, genitori, etc).
Qui ci focalizziamo sui gruppi terapeutici, i quali rientrano in una forma di trattamento psicologico che si basa sulle relazioni interpersonali di un certo numero di persone che s’incontrano insieme ad uno psicoterapeuta, il quale si fa promotore e custode del gruppo. In generale, un gruppo terapeutico non è mai un qualcosa di “preconfezionato”, esso prende forma nel tempo. Sono i pazienti che “con l’aiuto del terapeuta“ lo costruiscono, perché quello che essi portano nel gruppo è essenziale, nessuno meglio di loro sa come stanno le cose dentro, il terapeuta non è in grado di fare molto senza il loro aiuto e contributo.
(Si può anche analizzare l’arco evolutivo di un gruppo terapeutico, individuandovi una fase iniziale, legata alla costruzione del senso di appartenenza al gruppo, una fase di stabilità, relativa alle dinamiche di potere che s’instaurano all’interno del gruppo, ed una fase terminale, riguardante i movimenti di separazione dal gruppo).


Ma cos’è concretamente un gruppo?
Attorno al concetto di gruppo c’è molta confusione concettuale, che spinge persino a pensare che il gruppo abbia di per sé proprietà e virtù tali da consentire una guarigione quasi magica.
E’ necessaria pertanto un po’ di chiarezza: si parla di gruppo organizzato, ossia non casuale, quando ci sono almeno tre persone “incluso il conduttore“ che si riuniscono in un luogo prestabilito, in un tempo anch’esso prefissato, con una condivisione dichiarata di intenti (ad esempio, la prevenzione o la cura di un disturbo, come gli attacchi di panico), e che condividono anche i mezzi per raggiungere tali scopi (il “come” lavorare, ad esempio usando la parola piuttosto che materiale audio-visivo). Prima d’iniziare il lavoro con un gruppo, si fanno delle richieste precise ai partecipanti: si richiede un impegno a non abbandonare il gruppo almeno per i primi tre mesi di terapia, che sono i più difficili per la nascita del gruppo; si estende il vincolo del segreto professionale caratteristico del terapeuta“ anche al singolo paziente, nel rispetto degli altri membri; si scoraggiano eventuali incontri fra i membri del gruppo fuori dal luogo di terapia, sebbene ciò non sempre sia possibile e allora si chiede di riportarne i contenuti emotivi in gruppo. E’ opportuno insistere sull’importanza di una frequenza regolare ed assidua alle sedute, tuttavia capita spesso di lavorare in numero ridotto rispetto alla totalità del gruppo; ma fintanto che ci sono due membri oltre al terapeuta, si può dire che c’è l’intero gruppo nella sua piena funzionalità. L’intento di tali raccomandazioni non è quello di costringere il paziente a restare, ma di dare il giusto valore alle interazioni che avvengono in gruppo fra i membri.

I gruppi assumono forme differenti anche a seconda di altri parametri, che qui elenchiamo:
il numero di membri determina la formazione di gruppi piccoli (3-10 persone), medi (10-20 persone) o grandi;
la durata del percorso può essere prefissata con un termine o può essere senza un termine preciso;
la frequenza delle sedute “che durano circa 70-75 minuti“ in genere è settimanale, ma può essere anche bisettimanale;
la possibilità d’introdurre o meno in un gruppo già avviato, nuovi partecipanti.


Cos’è che differenzia la psicoterapia di gruppo da quella individuale?
Il fine è il medesimo, ovvero la cura del malessere psicologico delle persone.
La differenza è nei mezzi utilizzati per raggiungere tale intento. Abbiamo già visto come la durata delle sedute cambi (70-75 minuti anziché 45-50); cambia anche l’atteggiamento del terapeuta, il quale nel gruppo è principalmente attento a favorire lo scambio e l’interazione fra i membri, rispetto all’interpretazione delle dinamiche interne ai singoli individui.
Inoltre, di differente rispetto alla psicoterapia individuale, c’è un aspetto che caratterizza in maniera specifica il lavoro in gruppo: si tratta del “fenomeno dell’eco”. Quest’aspetto fa riferimento alla comunicazione nel gruppo; i membri del gruppo reagiscono infatti emotivamente a quello che viene detto o anche solo pensato, e non per forza esplicitato verbalmente, da parte degli altri partecipanti. Conseguentemente a questa tendenza riconosciuta, i loro commenti possono essere considerati un susseguirsi di libere associazioni, come un “eco” appunto, che fa emergere materiale importante su cui lavorare.


Qual è il compito del terapeuta nel gruppo?
In generale, la relazione terapeuta-gruppo è diretta ed interattiva; il terapeuta è nel gruppo un paziente come gli altri, anche se con responsabilità e ruoli differenti. Il terapeuta deve, in un primo tempo, aiutare i membri a individuare il conflitto che essi fanno emergere all’interno del gruppo; successivamente, egli lavorerà per mostrare ai singoli individui i propri personali tentativi di risoluzione di tale conflitto. Un aspetto importante del suo ruolo consiste poi nel trasmettere il valore che egli riconosce a quello che i partecipanti portano all’interno del gruppo, al quale il terapeuta partecipa ascoltando empaticamente le vicende dei vari membri. Egli è allo stesso tempo al di qua e al di là del muro, partecipa all’esperienza emotiva immergendovisi, condividendo quello che accade, così come recita il detto “siamo tutti sulla stessa barca”. Ciò gli permette di comprendere aspetti preziosi in “presa diretta”.

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