La resistenza in psicoterapia

Qualcosa all'interno del rapporto paziente-psicoterapeuta sembra costituire un impedimento insormontabile alla guarigione ed al ripristino di un equilibrio psicosomatico nel paziente. Nonostante il processo psicoanalitico induca una maggiore consapevolezza e l'interpretazione del materiale inconscio produca svolte decisive nel decorso terapeutico, il risultato è più spesso una maggiore consapevolezza dei propri problemi e molto meno una loro risoluzione.

Al di là dell'alleanza manifesta tra terapeuta e paziente, destinata a venire a capo del sintomo, qualcosa sembra impedire al paziente e al terapeuta di instaurare un contatto reale, che permetta loro di dirigersi verso il ritrovamento dell'equilibrio perduto.

Se il fine di ogni psicoterapia è quello di rimuovere i blocchi che ostacolano un perfetto contatto con la realtà e di aiutare il paziente a riconsiderare le errate relazioni causa-effetto e il proprio sistema cristallizzato di illusioni, non sembra essere questa, in verità, la motivazione che induce la maggior parte dei pazienti ad entrare in terapia. Il loro fine è piuttosto quello di eliminare o dominare il sintomo mantenendo al tempo stesso intatta la propria visione di sé e del mondo circostante ed è proprio ciò che W. Reich ha definito con il termine “carattere”.

Il paziente si manifesta nella relazione terapeutica con il suo atteggiamento caratteriale, il quale va oltre il contenuto della comunicazione, per includere il  "come" , ovvero la modalità in cui il paziente comunica. Il suo modo di muoversi, la mimica facciale, la gestualità, le espressioni del volto, il modo di esprimersi con il linguaggio, il  tono e ritmo della voce, sono elementi corporali che informano circa la struttura caratteriale del paziente. Reich iniziò ad osservare e valutare questi elementi, per poi elaborare la sua teoria sull’analisi del carattere.


Fonte: Il Linguaggio del corpo, W. Reich.

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