La coppia adottante. Desiderare un figlio tra timori e speranze

Dott.ssa Maria Giovanna Giannini

Dott.ssa Maria Giovanna Giannini

Arezzo

Quali sono le ragioni che spingono una coppia all’adozione?

Sicuramente alcune motivazioni rispondono a bisogni individuali (il desiderio di realizzarsi nel ruolo genitoriale e di sentirsi una “famiglia”), mentre altre sono collegate a bisogni eteroindotti (l'adozione come opera buona o come azione altruistica).


La sterilità, per esempio, è una delle ragioni principali che spinge una coppia ad adottare un figlio.

La diagnosi di sterilità comporta profonde trasformazioni e determina spesso uno squilibrio notevole sia nella persona sia nella relazione di coppia.

La notizia di non poter avere un figlio provoca sempre forti emozioni, dalla sorpresa al rifiuto, passando attraverso la rabbia o la delusione, comportando anche ansia, vergogna e isolamento. In tali situazioni prevale molto spesso un senso di incapacità e un sentimento di vuoto che si riversano inevitabilmente in diverse aree:

  • a livello personale, se per la donna possono emergere elaborazioni angosciose e carenze nel desiderio sessuale, per l’uomo la perdita di potenza attiva difficoltà psicologiche e si traduce in sentimenti di inferiorità e di inadeguatezza;
  • a livello di coppia possono essere messi in crisi gli equilibri costruiti fino a quel momento;
  • a livello sessuale possono emergere sentimenti di insoddisfazione e depressione, avendo perso la sessualità la sua finalità procreativa;
  • a livello intergenerazionale condividere la notizia con le famiglie di entrambi può essere una verifica della qualità dei legami familiari.


L’accettazione della sterilità è quindi un percorso lungo e difficile che richiede una ridefinizione a vari livelli.

Spesso il senso di “mancanza” dato dall’infertilità sfocia in un progetto di adozione, progetto anche questo complesso, in quanto implica che una coppia sia disposta ad accogliere e a prendersi cura di un figlio nato da altri.

L’adozione è un percorso lungo, carico di tensione e aspettative sul figlio che deve arrivare, sul suo aspetto, sulla sua età, ma soprattutto sulla sua storia precedente, e l’impossibilità di avere informazioni in merito crea forti ansie e timori.

L'immagine del bambino, modellata completamente sulle aspettative dei genitori, può essere emotivamente più coinvolgente di quella che si viene formando nel genitore naturale in attesa del figlio, e l'arrivo del bambino "reale" porta inevitabilmente a un confronto con quello immaginato.

E’ importante però ricordarsi che la valutazione che il bambino fa di sé, in termini positivi o negativi, passa attraverso gli occhi dei genitori, che devono quindi fare i conti con le loro fantasie e accogliere il bambino con la sua storia, consapevoli che non esistono bambini “senza passato”.

E’ proprio il confronto con la vita passata del bambino che molto spesso fa più paura ai futuri genitori, che rischiano così di negare o cancellare le origini del figlio adottato, non capendo l’importanza di un’integrazione tra la sua storia precedente e il presente.  La storia di vita del bambino rappresenta infatti una parte fondamentale della sua identità, che non può essere cancellata, ma deve essere integrata e accolta nel nuovo legame affettivo. Sarà quindi importante, attraverso una collaborazione tra genitori adottivi e operatori (assistenti sociali e psicologi), trovare una “verità narrabile” che diventerà la storia familiare da trasmettere al bambino, senza necessariamente restituire una ricostruzione fedele degli avvenimenti, a volte troppo complessa o forte per il bambino stesso.

Le fasi, i passaggi e le difficoltà di assestamento che la coppia adottante incontra nel lungo iter dell’adozione, evidenziano quindi l’importanza del coinvolgimento di un’equipe di operatori preparati, con il compito di aiutare queste coppie e il bambino ad incontrarsi, accettarsi e legittimarsi a vicenda nei propri ruoli di genitori e figlio e diventare una famiglia.

Dott.ssa Maria Giovanna Giannini

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Arezzo