L'Uso dell'Ipnosi nello Sport

L'USO DELL'IPNOSI NELLO SPORT INTRODUZIONE

L'obiettivo di massimizzare il potenziale umano nel campo della prestazione sportiva, per aumentarla, ha una forte e positiva implicazione per la società in generale, e sta ora diventando una legittima attività della comunità psicologica. L'importanza dell'allenamento mentale come parte integrante della preparazione atletica è ormai generalmente condiviso ed oggetto di numerose ricerche in laboratorio e sul campo. Negli ultimi anni la psicologia dello sport si è diretta sempre più verso la ricerca di programmi integrati e multimodali d'allenamento mentale. Già Martens (1982; 1987), uno degli studiosi più importanti e conosciuti nell'ambito della psicologia dello sport, evidenziava la necessità di affrontare in maniera multimodale la preparazione mentale dell'atleta. Martens afferma che l'intervento psicologico deve essere orientato a: sviluppare ed allenare le abilità motorie e le strategie, tarare gli obiettivi, raggiungere la motivazione, apprendere a controllare le emozioni e l'ansia, focalizzare e concentrare l'energia e l'attenzione, migliorare la fiducia in se stessi e la consapevolezza di sé, controllare le attività immaginative. Il lavoro dello psicologo dello sport è diventato quindi molto vario e comprensivo di una serie di attività, migliorative della performance sportiva, atte a migliorare la percezione temporale per renderla più precisa e facilitare perciò l'impiego ottimale delle forze, aumentare la capacità attentiva e concentrativa al compito, migliorare i processi decisionali utili negli sport open skills, aumentare la capacità immaginativa che come vedremo costituisce una delle metodologie più efficaci e usate nella psicologia dello sport, elevare la coesione di gruppo lavorando sulle dinamiche di gruppo, ridurre l'ansia da prestazione attraverso tecniche di rilassamento e training autogeno. Vista la gran varietà di applicazione della psicologia dello sport, restringerò il mio campo d'interesse alla relazione tra l'imagery (molto conosciuta ed apprezzata in ambito sportivo) e l'ipnosi (in verità poco utilizzata nello sport e guardata con diffidenza sia dagli allenatori sia dagli atleti). Illustrerò prima di tutto cosa sia l'imagery nella psicologia applicata allo sport e quali sono i suoi effetti, per poi affrontare il legame diretto con l'ipnosi. In seguito sarà trattato in maniera più specifica l'utilità e l'efficacia dell'ipnosi nell'aumentare la performance sportiva, sia usata da sola sia con altre tecniche, e nel permettere agli atleti di recuperare velocemente dagli infortuni. Inoltre saranno descritte alcune ricerche effettuate su sport specifici, come la corsa di fondo e la maratona, e su singoli atleti. Prendendo spunto da un articolo che mette in relazione l'ipnosi Ericksoniana e l'Aikido, evidenzierò le possibilità insite nella prima di migliorare la prestazione in molti sport. Infine citerò alcuni casi di ipnosi applicata allo sport trattati da Erickson stesso.

2 IMAGERY

Tra le tecniche più usate per aumentare la performance degli atleti, quella che più c'interessa è l'imagery ed ha a che fare con le immagini usate per allenare l'atleta mentalmente. Prima di tutto l'imagery è definita come una visualizzazione o ripetizione o immaginazione che può coinvolgere uno o più sensi (Liggett & Hamada, 1993). Secondo Cei (1987) immaginare è un'attività che coinvolge non solo la vista ma anche il tatto, l'udito, i muscoli, insomma “è un pensiero di tutto il corpo“. Nel loro articolo del 1993, Liggett e Hamada, fanno una distinzione tra imagery mentale ed imagery cenestesica. L'imagery mentale consiste nel vedersi da soli eseguire la prestazione, nel caso degli atleti, come se si stesse guardando un film o un video della loro stessa prestazione. Nell'imagery cenestesica, l'immaginazione diventa più intensa o più profonda, l'atleta sente realmente il movimento nei muscoli e sperimenta le emozioni della performance; rispetto a quella mentale, l'imagery cenestesica è più efficace a causa degli impulsi, più intimamente confrontabili a quelli dell'evento reale, che vanno ai muscoli. Frester (1984) chiama allenamento ideomotorio (Ai) “…tutte quelle forme di esercitazione nelle quali si ha un'autorappresentazione mentale, sistematicamente ripetuta, e cosciente dell'azione motoria che deve essere appresa, perfezionata, stabilizzata o precisata, senza che si abbia un'esecuzione reale, visibile esternamente, di movimenti parziali o globali.“ Il funzionamento dell'Ai si basa sul fenomeno ideomotorio, noto anche come effetto Carpenter che a sua volta, si fonda sul fatto che immaginare un movimento determina una stimolazione, seppure molto lieve, dei muscoli interessati dall'attività immaginativa. Le stimolazioni non arrivano ad una contrazione esternamente visibile ma possono essere registrate attraverso il potenziale elettrico muscolare (EMG). Il risultato sarebbe un rinforzo, un consolidamento della traccia mnestica nella memoria del movimento, il che faciliterebbe la successiva esecuzione concreta. L'Ai, in questo modo, può accelerare il processo d'apprendimento ed essere utile nella correzione dell'errore o nella modifica di abitudini precedentemente acquisite. Questa pratica è senz'altro allenante ed ha mostrato effetti positivi in discipline ad elevata componente coordinativa, e nel recupero dagli infortuni da parte degli atleti. Liggett & Hamada (1993) citano Bandura che spiega i contributi della visualizzazione alla performance: “quando le persone si visualizzano mentre svolgono un attività, mostrano cambiamenti elettromiografici negli stessi gruppi di muscoli che sarebbero stati attivati se gli individui effettuassero veramente le risposte“. Quando ci s'immagina una prestazione, gli impulsi vengono inviati ai muscoli appropriati. Questi impulsi sono abbastanza simili agli impulsi nella prestazione reale tanto che i vantaggi che l'atleta ottiene dalla visualizzazione sono equivalenti a quelli che ottiene dalla pratica reale. Porter & Foster (1986) affermano: “Al tuo cervello, uno schema neurale è uno schema neurale che sia creato da un atto fisico o da un atto mentale. Il tuo cervello manda il messaggio ai muscoli ed i muscoli reagiscono.“

EFFETTI DELL'IMAGERY SULLA PRESTAZIONE E DELL'IPNOSI SULL'IMAGERY

Mentre l'imagery è stata per lungo tempo una parte della routine d'allenamento degli atleti, incoraggiati da tutti i manuali di psicologia dello sport, l'ipnosi, nonostante aumenti l'imagery stessa, è stata trascurata da ogni manuale americano standard sulla psicologia dello sport che si rispetti, per non parlare della scarsa considerazione che gli atleti stessi hanno dell'ipnosi relegandola al margine della rispettabilità, e diventando perciò potenziale raramente riconosciuto e realizzato. 3 La ricerca sul valore dell'imagery sulla performance atletica è stata ed è ancora molto ricca. Ulich (1967), nei suoi esperimenti, scoprì che il training mentale (immaginare una prestazione), migliorava le abilità motorie in un numero di casi essenzialmente lo stesso che la pratica reale. L'aspetto più interessante degli studi di Ulich è che alternando periodi di pratica mentale e training attivo (fisico), i soggetti arrivavano a conseguire gli stessi, o addirittura migliori, livelli di abilità che la pratica attiva da sola. In più, le prestazioni allenate mentalmente furono mantenute meglio che le prestazioni allenate fisicamente. La ricerca successiva ha dimostrato, in maniera inequivocabile, come l'imagery possa avere degli effetti positivi sulla prestazione competitiva (Feltz & Landers, 1983; Greenspan & Feltz, 1989). Sappiamo, quindi, che l'imagery accresce la performance degli atleti; l'ipnosi a sua volta non ha ancora mostrato prove chiare dei suoi effetti diretti sulla performance atletica; come dimostrano, però, numerose ricerche può aumentare la qualità dell'immaginazione ed indirettamente, quindi, migliorare la prestazione. Per esempio, come già detto prima, Taylor e Gerson (1992) hanno riferito effetti accresciuti dell'imagery sotto ipnosi, sull'autoefficacia, sull'acquisizione d'abilità, sulla forma tecnica e sulla prestazione atletica, quindi l'ipnosi combinata con l'imagery è più efficace, della sola imagery. Liggett (2000) ha confrontato l'intensità soggettiva dell'imagery sotto ipnosi con quella senza trance, con atleti di un'ampia varietà d'età e di sports. I risultati del suo studio sostengono che l'ipnosi accresce l'intensità soggettiva e l'efficacia dell'imagery. I soggetti, che hanno partecipato alla sua ricerca, e che dovevano immaginare se stessi mentre praticavano il proprio sport, hanno riferito che l'imagery sotto ipnosi era più intensa e vivida, rispetto a quella senza ipnosi, sotto l'aspetto visivo, auditivo, cenestesico ed emotivo. In pratica, gli atleti in trance hanno visto, ascoltato, e sentito una situazione più vividamente e con più coinvolgimento emotivo. Questa ricerca conferma le congetture fatte da Weitzenhoffer (1989) che, parlando dell'esercizio visualizzato come di una potenziale area d'applicazione dell'ipnosi nella preparazione mentale dell'atleta, afferma: “Una volta che l'atleta ha avuto l'opportunità di imparare il modo corretto o efficace di eseguire l'esercizio, gli può essere dato il compito, in ipnosi, di visualizzare se stesso mentre esegue i giusti movimenti ancora ed ancora. C'è una possibilità che l'appropriata distorsione del tempo possa rendere questo ancora più efficace. L'atleta dovrebbe non solo guardare se stesso mentre esegue l'esercizio, ma dovrebbe sentirsi quanto più possibile. Sperimentare cenestesicamente e propriocettivamente, può essere più importante che farlo visualmente. Molti di questi metodi sono considerati efficaci in assenza di ipnosi, i loro effetti dovrebbero essere rafforzati dall'ipnosi.“ Quanto affermato da Weitzenhoffer viene confermato dalle ricerche sull'imagery di Epstein (1980), di Smith (1987) e Singer et al. (1993), che dimostrano che più è vivida l'imagery, più la prestazione aumenta e che per avere un'imagery efficace nello sport, l'immagine deve essere colorata, realistica, e coinvolgere le emozioni appropriate; inoltre l'atleta deve essere fisicamente e mentalmente rilassato. In aggiunta Liggett & Hamada (1993) hanno notato, durante la loro esperienza sul campo, che una trance più profonda produce un'immaginazione più cenestesica. Usando strategie di approfondimento della trance ogni volta che l'atleta non sentiva nessun'attività del muscolo e non mostrava contrazioni muscolari durante la visualizzazione, le risposte cenestesiche diventavano più evidenti. Questi vantaggi dell'immaginazione sotto ipnosi rispetto a quella senza ipnosi, possono essere dovuti a diversi fattori. Primo, l'ipnosi sembra aumentare la vividezza dell'immaginazione, forse riducendo il rumore di fondo ed i distrattori interni ed esterni; nella trance ipnotica l'atleta è capace di concentrarsi maggiormente focalizzandosi completamente sulla visualizzazione. Secondo, in ipnosi si possono immaginare prestazioni prima impossibili, e grazie alla sensazione 4 soggettiva di verosimile dell'effetto della suggestione, gli effetti possono essere uguali a quelli che si otterrebbero nella pratica reale; la ripetizione mentale dell'esercizio deve essere lenta abbastanza da assicurare una forma corretta dell'esercizio stesso. Terzo, la consapevolezza del corpo viene aumentata permettendo all'atleta di ottenere una comprensione maggiore anche dei blocchi della prestazione; la visualizzazione fa scattare, e rafforza, le connessioni neurali cervello-muscoli della prestazione finale (Bowers, 1982; Taylor & Gerson, 1992). Un aspetto interessante e nuovo per la psicologia dello sport e l'ipnosi, emerge da quanto affermato da Taylor J., Horevitz R. & Balague G. (1993), secondo i quali, per massimizzare i benefici dell'immaginazione indotta ipnoticamente, è raccomandato che il professionista usi parole, immagini e percezioni generate dall'atleta. Questo concetto, lontano dagli approcci standardizzati usati dagli psicologi dello sport, risulta perfettamente in linea con la filosofia Ericksoniana di cucire l'abito su misura per ogni individuo che sarà affrontato dopo.

EFFICACIA DELL'IPNOSI SULLA PERFORMANCE ATLETICA

Nonostante l'ipnosi sia usata da molti psicologi, ci sono pochi studi riguardanti l'influenza dell'ipnosi sulla prestazione fisica, motoria e sportiva con risultati che risultano essere equivoci. Per esempio, Mead e Roush (1949) scoprirono che l'ipnosi produceva effetti sulla crescita muscolare del braccio ma non sulla forza della mano; invece il solo Rousch, in uno studio successivo del 1951, dimostrò che la forza aumentava, ma non la resistenza, durante e dopo l'ipnosi. Anche Ikai e Steinhaus (1965), testando l'effetto dell'ipnosi sulla forza, scoprirono che la forza dei soggetti suscettibili ipnoticamente aumentava sotto ipnosi; i soggetti non potevano, nello stato di veglia, avvicinarsi al proprio limite fisiologico, l'ipnosi, invece, permetteva loro di farlo. Altre prove a sostegno dell'ipnosi vengono da altre ricerche le quali suggeriscono che l'ipnosi consente agli atleti di sviluppare una consapevolezza dei movimenti del corpo più vasta, che, di solito, non è accessibile alla coscienza (Johnson, 1961). Al contrario, Morgan e Brown (1983), esaminando molti studi sperimentali e clinici che hanno a che fare con l'influenza dell'ipnosi sulla prestazione muscolare, hanno trovato una mancanza di chiarezza nei risultati. Anche Weitzenhoffer (1989), nella sua sezione sull'ipnosi nello sport, afferma di non aver trovato nella letteratura una prova convincente dell'aumento della performance atletica attraverso l'ipnosi. Ed ancora, queste ultime conclusioni contrastano con quelle di Taylor, Horevitz, e Balague (1993), che, in un'analisi della letteratura, hanno trovato che l'ipnosi può, in maniera indiretta, aumentare la fiducia di sé, migliorare la consapevolezza corporea, e affrontare i blocchi della performance, agendo sull'imagery. Prove chiare vengono invece da uno studio di Howard & Reardon (1986) che hanno, attraverso una ricerca, esaminato gli effetti di diversi trattamenti sulla performance neuromuscolare, sullo sviluppo muscolare, sulla riduzione dell'ansia e sull'aumento del concetto di sé. I trattamenti presi in considerazione sono stati la Ristrutturazione Cognitiva (RC), l'ipnosi (H.) e un approccio combinato che mette insieme il trattamento cognitivo, l'ipnosi e l'imagery (CHI). Il trattamento combinato (CHI) ha mostrato effetti statisticamente significativi superiori a tutte le altre condizioni - RC, H. e controllo - che non erano statisticamente differenti da ciascun'altra. Questi risultati suggeriscono che il trattamento combinato ha un effetto immediato di aumento sul concetto di sé e sulla riduzione dell'ansia dei soggetti; inoltre tale trattamento mostrando effetti sulla crescita muscolare del braccio dominante e del torace, suggerisce che è efficace nel controllare e modificare i processi fisiologici (flusso sanguigno aumentato) associato con la crescita muscolare. Secondo gli autori, servirsi di un approccio globale per la facilitazione della 5 prestazione può essere ottimamente coronato da successo se si applica alla modificazione del concetto di sé, dell'ansia e della prestazione. Quindi, da questa ricerca si evidenzia la necessità di combinare vari approcci per raggiungere dei risultati che siano applicabili, se non a tutti, a molti. Un approccio singolo per tutti gli individui si dimostra inefficace, mentre mettere insieme vari metodi permette di ampliare il range di persone che possono beneficiare di interventi psicologici.

RIABILITAZIONE DAGLI INFORTUNI ATTRAVERSO L'IPNOSI

L'applicazione dell'ipnosi per la riabilitazione degli atleti dagli infortuni è un'area interessante anche se relativamente poco esplorata. L'ipnosi sembra contribuire all'accelerazione del processo naturale di guarigione. Liggett (2000) cita un suo lavoro con un ginnasta infortunatosi sei mesi prima, mentre eseguiva un determinato esercizio. L'infortunio aveva portato l'atleta ad un blocco nell'esecuzione di quell'esercizio, che aveva eseguito molte volte con successo. L'autore usò con lui l'ipnosi, portandolo indietro al momento in cui accadde l'infortunio, per fargli immaginare se stesso eseguire l'esercizio con successo diverse volte, in situazioni diverse (in una palestra a lui familiare e durante un importante competizione). Dopo l'ipnosi (una sola seduta), fu in grado di eseguire l'esercizio per la prima volta in sei mesi. Liggett, conclude che, mentre l'imagery non ipnotica non l'aveva aiutato, l'imagery ipnotica, molto più vivida secondo il ginnasta, provocò un cambiamento emozionale che gli permise di superare il blocco (Liggett, 2000). Ian Robertson (1999), un noto neurofisiologo inglese, nel suo libro “Il cervello plastico“, cita il caso del campione olimpico di lancio del giavellotto. A quattro settimane dall'inizio delle gare l'atleta si storse una caviglia rimanendo immobile per due settimane, un grave svantaggio per un atleta a quel punto della stagione. In questo periodo lanciò il giavellotto migliaia di volte. Come risultato, al termine delle due settimane di convalescenza, riprese gli allenamenti dal punto in cui li aveva lasciati prima dell'incidente.

IPNOSI E CORSA DI FONDO

Secondo quando affermato da Callen (1983), la corsa è un processo naturale che richiede un piccola concentrazione e permette di liberare la mente per vagare in fantasie piacevoli; inoltre egli osserva anche che la natura ritmica e ripetitiva della corsa potrebbe contribuire all'induzione ipnotica. In una ricerca, Callen (1983) ha esaminato l'autoipnosi nei corridori di fondo, scoprendo differenze statisticamente significative tra i corridori che sperimentano una trance e quelli che invece non la sperimentano. I risultati mostrano che il 54% dei 424 joggers campionati, sperimentano, mentre corrono, uno stato di trance con un'ampia variazione in profondità. Il 30% diventa così assorbito in pensieri da dimenticare dove si trova. Il 59% dei corridori diventano più creativi durante questi stati come di trance in corsa e più abili a sviluppare soluzioni inusuali a problemi senza nessuno sforzo. In maniera specifica, coloro che sperimentano una trance durante la corsa, sono così assorti da dimenticare dove sono, non ricordano ciò che è successo, formano immagini mentali che usano per combattere i sintomi spiacevoli, immaginano suoni, sapori, ed odori molto chiaramente e diventano più creativi. Anche Masters (1992) ha scoperto che la corsa permette di entrare in uno stato simile alla trance. L'autore, ha studiato l'abilità ipnotica dei maratoneti nel modo in cui si relaziona alla dissociazione cognitiva mentre corrono. I corridori che dissociano possono risolvere problemi, perdersi nella natura, vedersi compiere grandi imprese, concentrarsi su immagini positive. Nel suo studio, Masters, ha scoperto che i punteggi alla Scala Stanford di Suscettibilità Ipnotica di un 6 campione di maratoneti, sono significativamente più alti del campione normativo. Il 50% dei punteggi del campione sono nel range alto (8-12), e quindi più ipnotizzabili del campione standardizzato. La media del punteggio dei maratoneti è di 7,08, posizionandosi al 71° percentile se confrontato al campione normativo. Quindi, i risultati del suo studio dimostrano che l'uso della dissociazione come strategia di corsa durante la maratona è positivamente correlata alla suscettibilità.

IMAGERY E IPNOSI CON SINGOLI ATLETI

Liggett e Hamada (1993), citano diversi casi di uso dell'imagery sotto ipnosi per migliorare la performance degli atleti. Due ginnasti, della squadra nazionale degli USA che si stavano allenando per le olimpiadi del 1992, non erano stati in grado di completare degli esercizi complessi, sebbene ci avessero lavorato per circa due anni. Perfino dopo aver fatto esercizi di visualizzazione, esaminato nastri, ed essersi allenati, non erano stati in grado di eseguire gli esercizi. Gli autori lavorarono individualmente con ognuno di loro. Fu usata la metodica di immaginare, in trance, l'esecuzione dell'esercizio molto lentamente, descrivendo ogni passo, per poi accelerare gradualmente l'esecuzione, sentendo sempre di più le reazioni dei muscoli, fino a che l'esercizio non veniva visualizzato alla velocità normale. Dopo aver usato questa procedura per ogni esercizio, entrambi furono in grado di visualizzare gli esercizi alla velocità piena. Dopo la seduta, furono in grado di eseguire gli esercizi senza errore. Nonostante il metodo utilizzato, sembri lo stesso, in realtà gli autori avevano personalizzato l'intervento, raggiungendo in una sola seduta ciò che allenamenti di routine fisici ed altre metodiche di training mentale senza ipnosi non erano riuscite ad ottenere per quasi due anni. Un ginnasta giapponese, membro della squadra di ginnastica universitaria giapponese, non era mai stato abbastanza flessibile da completare una spaccata. Il suo inglese limitato gli impediva di comprendere le direttive d'induzioni usate con gli altri ginnasti, e quindi fu usata la traduzione simultanea in giapponese. I risultati furono che in ipnosi il soggetto era in grado di eseguire la spaccata. Dopo averlo fatto diverse volte in trance, fu anche in grado di ottenere quest'estensione quando non era in trance. Tre sollevatori di potenza professionisti, una settimana dopo una singola seduta d'ipnosi, riuscirono a sollevare, durante la gara, circa il 15% in più di quanto avessero mai sollevato prima. Quindi, questi casi dimostrano che l'imagery sotto ipnosi ha permesso ad atleti di livello nazionale di eseguire per la prima volta diversi esercizi complessi, di eliminare gli errori del timing negli esercizi, di aumentare la flessibilità e la forza. Questi casi descritti da Liggett & Hamada (1993) mostrano come il lavoro individuale con l'imagery in ipnosi, porta gli atleti a superare difficoltà che con altri metodi non si era riuscito ad ottenere. È probabile che il lavoro degli autori sia stato in questo caso meno standardizzato e più personalizzato, infatti i tempi e le immagini diversi di ognuno sono entrati a pieno titolo nel loro lavoro.

IPNOSI ERICKSONIANA E AIKIDO

L'applicazione dell'ipnosi Ericksoniana nello sport è abbastanza scarsa. Se si escludono alcuni casi trattati da Erickson stesso per migliorare la performance atletica, non si conoscono al momento studi effettuati sull'efficacia dell'ipnosi Ericksoniana nello sport. Nel loro articolo, Windle & Samko (1992), tracciano interessanti paralleli tra i concetti dell'arte marziale Giapponese dell'Aikido e quelli dell'ipnosi Ericksoniana. 7 Presentato in termini Ericksoniani, i concetti che hanno paralleli diretti nell'Aikido sono l'utilizzazione della risposta del paziente, la trance del terapeuta. L'utilizzazione è insieme al rapport il cuore della terapia Ericksoniana, e vuol dire che il terapeuta deve utilizzare tutto quello che il paziente porta in terapia, le sue modalità di comunicazione, le risorse proprie, i fenomeni ipnotici spontanei, i sintomi che porta. In questo modo anche la resistenza viene utilizzata per favorire il processo terapeutico. Ducci e Casilli (2002) affermano: “… In questo senso utilizzare vuol dire partire dalla cornice di riferimento del paziente, dalle lenti attraverso le quali guarda e costruisce la realtà, per consentirgli nuove narrative, nuove associazioni, e nuove evocazioni.“ Nella concezione del punto di vista della resistenza dell'Aikido, troviamo un parallelo quasi esatto con l'utilizzazione Ericksoniana. L'Aidoista prende l'energia offerta dall'altro (colui che attacca), la mischia (Blending) con la sua. Nella Blending dell'Aikido, l'energia di un attacco avversario non è mai respinta o rifiutata, anzi il praticante vede la resistenza non come un problema che uno desidererebbe andasse via, ma piuttosto come fondamentale “energia grezza“ che può portare a soluzioni finali. Soprattutto, l'Akidoista è abile nell'utilizzare tutta la resistenza che è stata portata, senza essere preso, mentalmente o fisicamente, in un “combattimento“. In psicoterapia, la resistenza del paziente può rendere il cambiamento molto difficile; il terapeuta può venire preso nella propria rabbia, negatività, o sentimento d'impotenza, e può inconsciamente iniziare a combattere con i pazienti piuttosto che utilizzare le loro energie e offerte. Haley (1967) definì il concetto d'utilizzazione di Erickson come un'iniziale accettazione e pronta cooperazione con il comportamento presentato dal paziente, non importa quanto contrario può apparire il comportamento. La terapia in questo modo diventa un processo di accettare il modo di funzionare del paziente e simultaneamente aiutare il paziente a prendere una nuova direzione. Haley cita da “Una tecnica ipnotica per pazienti resistenti“ di Erickson: Vi sono molti tipi di pazienti difficili che chiedono la psicoterapia e tuttavia sono apertamente ostili, antagonistici, resistenti, difensivi e… riluttanti ad accettare la terapia che loro stessi hanno chiesto… tale resistenza dovrebbe essere apertamente accettata… dato che si tratta di una comunicazione di importanza essenziale riguardante una parte dei loro problemi e spesso può essere usata come una breccia nelle loro difese. È qualcosa di cui il paziente non si rende conto…Il terapeuta che se ne rende conto, specialmente se esperto nell'ipnoterapia, può trasformare facilmente e spesso rapidamente questa forma aperta di comportamento in apparenza non cooperativo in un buon rapporto, nella sensazione di essere compreso, e in un atteggiamento di speranzosa aspettativa di successo nel raggiungimento delle mete desiderate. (Haley, 1967). Un induzione o un intervento terapeutico può essere imperfetto se non coinvolge l'utilizzazione delle abilità e bisogni interni del proprio paziente; l'intervento può girare intorno a contrastanti obiettivi allo stesso punto nella terapia. Gli Ericksoniani ritengono che la produzione della trance ipnotica è più efficiente se il processo mentale, immagini, e tempi del paziente sono utilizzati, piuttosto che avere immagini definite o dette di fare. Il principio può essere così semplicemente indicato: la forza chiede forza. Questo significa che un individuo non addestrato offrirà immediatamente resistenza quando la forza è applicata a lui. Se il suo polso è afferrato egli proverà a tirarlo via per uscire dalla presa. Nello stesso modo, un terapeuta che si trova direttamente di fronte alla resistenza o risponde senza utilizzare può scoprirsi impegnato in una lotta di volontà. Lavorare con gli atleti significa quindi accettare tutto quello che portano, dalle abilità ai limiti, dalle conoscenze che ha alle lenti con cui guarda il mondo. Cercare di trovare metodologie standardizzate per tutti è controproducente e selettivo; è come se volessimo usare un vestito di taglia unica per tutti, per alcuni andrebbe bene, ma ce ne sarebbero altri cui non si adatterebbe 8 nemmeno con tutta la buona volontà. Forse ciò che si può standardizzare è il modello che potrebbe andare bene per tutti, ma usare la stessa taglia sarebbe solo fantascienza. La trance del terapeuta è un concetto ormai accettato. Le ricerche della Bànyai hanno dimostrato come oltre al paziente in trance troviamo il terapeuta, il quale sviluppa la trance prima del paziente inducendola ad un livello non verbale. Erickson, discutendo la trance del terapeuta con Rossi, ricorda: Nel fare un lavoro sperimentale ipnotico con un soggetto in laboratorio, io noterei che siamo tutti soli. L'unica cosa presente è il soggetto… ho scoperto di essere in trance con il soggetto… Al momento presente, se io ho dei dubbi circa la mia capacità di vedere le cose importanti, vado in trance. Quando c'è un problema critico con un paziente ed io non voglio mancare nessuna delle tracce, io vado in trance (Erickson & Rossi, 1977). Infatti, nell'osservare Erickson al lavoro, si notava che spesso molte delle sue risposte fisiologiche erano sincrone con quelle dei suoi pazienti, il corpo di Erickson, la voce e la respirazione cambiavano. Come Erickson, il maestro Aikido usa uno specifico stato di mente/corpo per diventare sintonizzato con il paziente. Questo stato psicofisiologico dell'Aikidoista, componente fondamentale dell'Aikido, è detto di centramento ed ha diversi aspetti in comune con i fenomeni della trance ipnotica, includendo profondo rilassamento, risposte parasimpatiche, catalessia del braccio, mancanza del riflesso d'allarme, sguardo non focalizzato, e distorsione del tempo. Nello stato centrato l'Aikidoista percepisce il mondo senza focalizzare nessun soggetto intensamente, cosa che permette all'Akidoista di osservare ogni cosa e di rispondere a cambiamenti piccoli (minimal cues in ipnosi) nel suo campo visivo di cui egli poteva in altre circostanze non essere consapevole. Questa somiglianza dello stato centrato dell'Aikidoista con quello di trance del terapeuta, ci suggerisce che uno stato di trance può essere utile all'atleta, non solo separato dalla gara ma anche durante, per ottenere un miglioramento della prestazione. Le ricerche sopracitate (Callen, 1983; Masters, 1992) confermano che gli atleti di solito hanno una maggiore capacità di entrare in una trance ipnotica, e questo non farebbe che facilitare e consigliare l'uso dell'ipnosi nello sport. La distorsione temporale, uno dei fenomeni ipnotici, è un altro lato dello stato centrato. Durante gli attacchi rapidi, i praticanti hanno riferito che sembrava che i loro avversari si muovessero lentamente, dando loro abbondanza di tempo per rispondere. Al contrario, quando i praticanti perdono il loro stato centrato e vengono sopraffatti dalla loro reazione d'allarme, riferiscono che è molto difficile rispondere perché gli attacchi sembrano avvenire con più velocità, particolarmente durante attacchi di più persone. I risvolti di questo fenomeno nello sport possono essere davvero interessanti se si pensa alle varie arti marziali, o al pugilato o ad altri ancora. Inoltre se pensiamo ai vari fenomeni ipnotici, possiamo ipotizzare diverse applicazioni in vari sport, Erickson anche se in pochi e rari casi ha dimostrato che fenomeni ipnotici come l'amnesia e le allucinazioni negative possono aiutare a migliorare la performance. Qui di seguito viene descritto l'uso che Erickson ha fatto dell'ipnosi nello sport. ERICKSON E LO SPORT Il lavoro di Erickson sullo sport è molto scarso, gli unici esempi sono dei casi citati in forma aneddotica da Rosen (1982). I risultati sono come sempre in Erickson stupefacenti. Erickson racconta che allenò la squadra di tiro degli USA per battere i Russi, lavorando prima di tutto sulla conoscenza minima dell'azione che l'atleta doveva svolgere e di quello che pensava durante l'esecuzione. Sapendo quindi che ad ogni tiro la tensione saliva e la possibilità di sbagliare anche, usò l'amnesia, attraverso l'osservazione di un buon soggetto ipnotico, per far dimenticare tutti i tiri precedenti ottenendo la sensazione di stare sempre la primo tiro. Dopo 9 Erickson lavorò sulle sensazioni del corpo qui ed ora per ampliare la conoscenza dei movimenti ed ottenere la sensazione della posizione giusta. In questo caso Erickson ha lavorato con una squadra tenendo presente le caratteristiche di chi fa quel determinato sport e non quelle individuali. Due sono stati gli interventi, il primo sul pensiero ed il secondo sul corpo. Lo stesso tipo di meccanismo Erickson lo usò nel golf, questa volta con un singolo. Pensando che ogni buca è la prima, si elimina l'ansia che deriva dal passato. In un altro caso Erickson lavorò con un atleta del getto del peso. Attraverso truismi ed esempi di modi diversi di pensare ai problemi, operò su piccoli cambiamenti ed ottenne che l'atleta vinse le olimpiadi. Erickson ha in questi casi lavorato alla sua maniera, ha utilizzato ciò che i soggetti portavano ed ha ampliato le loro possibilità andando a cercare le risorse proprie di ogni soggetto. Leggendo Erickson, si evidenzia la possibilità di utilizzare l'ipnosi nello sport in maniera vantaggiosa. Erickson cerca di strutturare un atteggiamento mentale più ampio, cambiando il modo di pensare e quindi pensando alle cose in modo diverso. Amplia le capacità e le possibilità della persona. Inoltre stimola l'apprendimento della posizione giusta e del movimento esatto, facendo focalizzare l'attenzione sulle sensazioni del proprio corpo, qui e ora. Utilizza la storia e le conoscenze pregresse del soggetto. Opera dei piccoli cambiamenti, su i quali costruisce il cambiamento e fa uso dei truismi. L'ansia da prestazione viene eliminata mediante l'uso dell'amnesia e delle allucinazioni negative. L'adattamento del metodo allo sport e alla persona è ricorrente in Erickson. CONCLUSIONI Abbiamo visto che l'ipnosi può avere diverse applicazioni in ambito sportivo. Una delle tecniche più utilizzate nella psicologia applicata allo sport, l'imagery, che nonostante un'iniziale incertezza sulla bontà dei suoi risultati si è poi dimostrata efficace nell'aumentare la performance atletica, può essere migliorata sensibilmente dall'ipnosi. L'imagery deve essere molto vivida, nel senso che l'individuo deve sentire che la situazione che sta immaginando è il più possibile reale, cioè più vicina alla realtà, per essere efficace e quindi produrre un risultato che sia l'aumento della performance; sotto ipnosi questo avviene. Inoltre degno di nota è il fatto che l'intervento psicologico nello sport risulta più efficace se è personalizzato. I metodi standardizzati delle ricerche portano a risultati non sempre chiari, cercando di supplire a ciò con interventi integrati e multimodali, mentre metodi più chiaramente individualizzati, che tengono conto dell'atleta come persona unica con il suo modo di pensare e di comunicare, con il suo modo di costruire la realtà, si dimostrano più efficaci. Per rendere al meglio, il professionista che usa l'imagery sotto ipnosi deve utilizzare parole, immagini e percezioni generate dall'atleta. Gli approcci standardizzati, così come sono costruiti e pensati, mostrano dei limiti chiari ed evidenti sui risultati complessivi, mentre l'ipnosi Ericksoniana, con il suo concetto di utilizzazione, può venirci in aiuto nel personalizzare l'intervento e massimizzare i risultati. Purtroppo, non ci sono ancora studi che possano dimostrare l'efficacia di tale metodo. L'unico articolo degno di nota, traccia dei paralleli molto interessanti tra uno sport, l'Aikido, e l'ipnosi Ericksoniana; tali parallelismi, anche se solo teorici, possono forse stimolare l'applicazione dei principi Ericksoniani nello sport ed ampliare le possibilità degli atleti. L'utilizzo, ad esempio, dei fenomeni ipnotici per produrre un miglioramento della performance può essere una strada nuova e vincente da percorrere in questo ambito, tenuto conto anche del fatto che di solito gli atleti, così come detto prima per i maratoneti, mostrerebbero una più alta suscettibilità ipnotica.

10 BIBLIOGRAFIA:

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