L'autostima non è egoismo: è il primo passo verso la libertà

Molte persone confondono l’autostima con l’arroganza, l’egoismo o il narcisismo. Cresciamo spesso con l’idea che volersi bene significhi essere egocentrici, che dare spazio a sé stessi equivalga a togliere spazio agli altri. Ma questa è una distorsione. L’autostima non è pensare di valere più degli altri. È sapere di valere, punto.

Avere autostima significa riconoscere i propri limiti senza vergognarsene, e le proprie risorse senza sminuirle. È uno stato mentale in cui ci si tratta con la stessa gentilezza e rispetto che riserviamo alle persone a cui vogliamo bene.

Dal punto di vista psicologico, l’autostima è un bisogno fondamentale. Quando è assente o fragile, cerchiamo costantemente approvazione, temiamo il giudizio, e viviamo ogni errore come una condanna personale. Senza autostima, non siamo liberi: siamo prigionieri del confronto, della paura di non essere abbastanza, del bisogno continuo di essere accettati.

Una storia di consapevolezza

Giulia, 34 anni, arrivò in terapia convinta di essere “troppo sensibile e poco interessante”. Aveva sempre cercato di essere la persona che gli altri volevano: sorridente, disponibile, mai di troppo. Sul lavoro taceva per non disturbare, in famiglia evitava i conflitti, nelle relazioni metteva i bisogni degli altri davanti ai suoi. “Se piaccio agli altri, allora valgo”, ripeteva inconsciamente da anni.

Ma più si adattava, più si svuotava.

Un giorno, durante una seduta, raccontò di aver detto “no” a un favore che non voleva fare, per la prima volta. Era un gesto piccolo, ma dentro sentiva un tremore nuovo: paura, sì, ma anche una specie di forza. “Ho pensato che forse il mio tempo vale, anche se non sto salvando il mondo”, disse. Quel momento fu l’inizio di una svolta. Non perché da lì tutto fu semplice, ma perché aveva iniziato a riconoscere il suo diritto di esistere senza dover meritare l’approvazione di tutti.

Costruire l’autostima è un percorso, non un punto di arrivo. Inizia quando impariamo a riconoscere il nostro dialogo interiore — quel flusso silenzioso di parole che ci accompagna ogni giorno — e decidiamo di cambiarlo. È quando diciamo “sto facendo del mio meglio” anziché “non sono mai abbastanza”, o “posso imparare” anziché “non valgo niente”.

La libertà arriva quando smettiamo di chiedere agli altri il permesso di sentirci validi. Quando iniziamo a camminare nel mondo portando con noi il senso del nostro valore, anche quando nessuno lo applaude. In quel momento, non siamo egoisti: siamo integri, autentici, vivi.

Il riconoscimento genitoriale come fondamento dell’autostima nel bambino

L’autostima, intesa come il giudizio complessivo che una persona ha di sé stessa, si costruisce sin dall’infanzia, nel contesto relazionale primario: la famiglia. La figura del genitore riveste un ruolo centrale in questo processo, non solo attraverso l’educazione e l’accudimento materiale, ma soprattutto tramite il riconoscimento emotivo. Riconoscere un bambino significa vederlo nella sua unicità, accoglierlo nei suoi bisogni affettivi e validare la sua esperienza. Questo riconoscimento, secondo numerosi studi in ambito psicologico e pedagogico, è alla base dello sviluppo di una sana autostima.

Il bisogno di essere riconosciuti

Donald Winnicott, pediatra e psicoanalista inglese, ha introdotto il concetto di “madre sufficientemente buona”, capace di rispecchiare l’emotività del neonato e di offrire una risposta empatica e contenitiva ai suoi stati interni. Quando il genitore sa accogliere le emozioni del bambino — anche quelle “scomode” come la rabbia, la tristezza o la paura — egli costruisce un senso di Sé coeso e degno di essere amato.

Carl Rogers, psicologo umanista, parlava invece di “accettazione incondizionata” come condizione fondamentale per lo sviluppo del potenziale umano. Un bambino che sente di essere accettato per ciò che è, e non per ciò che fa, svilupperà una base solida per affrontare le sfide della vita, senza doversi adattare a un’immagine costruita per compiacere l’altro.

Riconoscimento e attaccamento

Anche la teoria dell’attaccamento di John Bowlby sottolinea come il legame affettivo con i genitori influenzi profondamente l’autostima. Un attaccamento sicuro nasce quando il bambino percepisce il genitore come una base sicura, presente e prevedibile, capace di rispondere ai suoi bisogni. Da questa sicurezza emotiva scaturisce la fiducia in sé stessi e nel mondo.

In assenza di riconoscimento — o peggio, in presenza di giudizi svalutanti o aspettative eccessive — il bambino rischia di interiorizzare un’immagine negativa di sé. Può sviluppare un senso di inadeguatezza, cercando di guadagnarsi l’amore attraverso la performance, il compiacimento o la negazione dei propri bisogni autentici.

Il ruolo del genitore come specchio e contenitore

Il genitore funge da specchio: attraverso le sue reazioni, il bambino impara a conoscersi. Un sorriso, una carezza, uno sguardo di approvazione aiutano il bambino a percepirsi come degno di amore. Ma il genitore è anche un contenitore emotivo: deve saper reggere la frustrazione, la delusione e la rabbia del figlio, senza rifiutarlo o giudicarlo.

La capacità di nominare le emozioni, di dare un senso alle esperienze interiori e di accompagnare il bambino nella loro gestione, è una forma potente di riconoscimento. Questo tipo di educazione emotiva non solo rafforza l’autostima, ma sviluppa empatia, resilienza e intelligenza emotiva.

In conclusione, il riconoscimento genitoriale è molto più di una semplice approvazione: è un atto profondo di accoglienza e presenza emotiva che permette al bambino di costruire una percezione positiva e realistica di sé. Le parole, gli sguardi e gli atteggiamenti dei genitori diventano, nei primi anni di vita, la voce interiore del bambino. Una voce che può dirgli: “Sei abbastanza”, “Sei amato così come sei”, “Puoi fidarti di te stesso”. Su queste basi si costruisce l’autostima, che accompagnerà l’individuo per tutta la vita.

Come iniziare a costruire l’autostima: piccoli passi, grandi svolte

L’autostima non si costruisce in un giorno, ma ogni giorno è buono per iniziare. Non servono grandi gesti, né cambiamenti radicali. A volte basta un “no” detto con rispetto, un confine tracciato con chiarezza, una parola gentile rivolta a sé stessi.

Esercizi pratici per costruire l'autostima

1. Scrivi il tuo dialogo interiore

Ogni sera, prendi cinque minuti per annotare una frase che ti sei detto durante la giornata.
Poi chiediti:
"Direi la stessa cosa a un amico che amo?"
Se la risposta è no, prova a riscrivere quella frase in modo più compassionevole.

2. Rifletti su queste domande

  • In quali situazioni tendo a mettermi da parte?

  • Quando ho sentito di valere, davvero?

  • Che cosa mi hanno insegnato sull’amore per sé stesso? E cosa scelgo di tenere o lasciare?

3. Sperimenta il cambiamento, un’azione alla volta

Scegli una cosa piccola che ti fa sentire bene (es. dire “no” a qualcosa che ti pesa, dedicarti 30 minuti senza sensi di colpa, esprimere un'opinione).
Falla, osserva come ti senti, e nota che
non c’è nulla di egoista nel prenderti cura di te.

4. Trattati come tratteresti qualcuno che ami

La prossima volta che sbagli, o ti senti in difficoltà, prova a porti questa domanda:
"Se fosse la persona che amo di più al mondo, cosa le direi?"
Poi dillo a te stesso. Anche se all'inizio ti suona strano.

Conclusione

L’autostima non è una maschera da indossare, è una radice da coltivare. Più la nutri con verità e rispetto, più ti sorreggerà.
Non per diventare invincibile, ma per essere libero:
di scegliere, di sentirti abbastanza, di essere pienamente te.

L’autostima è anche libertà emotiva: consente di affrontare le difficoltà con resilienza, accettando gli errori come parte del percorso. Non è superbia, ma il coraggio di essere sé stessi senza timore di giudizi esterni.
Costruire una solida autostima richiede tempo e impegno, ma è un investimento sulla propria felicità e benessere. È il primo passo verso una vita più autentica, libera e soddisfacente, dove ogni scelta è guidata dalla consapevolezza e non dalla paura di non essere abbastanza.

Volersi bene non è un atto egoista. È un atto rivoluzionario.
Ed è il primo passo verso la libertà.

Dott.ssa Antonella Bellanzon

 

Bibliografia consigliata

  1. Nathaniel Branden – I sei pilastri dell’autostima
    Un classico della psicologia dell’autostima. Branden esplora i sei comportamenti fondamentali che sostengono l’autostima, con esercizi e riflessioni.

  2. Carl Rogers – La terapia centrata sul cliente
    Un’opera fondamentale per comprendere l’importanza dell’accettazione incondizionata e dell’autenticità nel rapporto con sé stessi e gli altri.

  3. Kristin Neff – Self-Compassion: The Proven Power of Being Kind to Yourself
    Uno dei testi più importanti sulla compassione verso sé stessi, spesso più efficace dell’autostima “tradizionale” per costruire benessere emotivo.

  4. Brené Brown – I doni dell’imperfezione (The Gifts of Imperfection)
    Un libro ispirazionale ma solido dal punto di vista psicologico, che invita a lasciare andare l’ideale di perfezione per abbracciare la vulnerabilità e il valore personale.

  5. Alessandro D’Avenia – L’arte di essere fragili
    Un testo poetico e riflessivo che, pur non tecnico, tocca il tema dell’autostima in chiave esistenziale, con spunti profondi sulla libertà di essere sé stessi.

     

 



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