Revolutionary road e la vita di Carl Rogers

Quando vidi il film per la prima volta, mi pare nel 2008, lo feci con una mia cara amica e collega di Catanzaro.
Eravamo a Roma, ancora studentesse universitarie.
A dir la verità ricordo di essere andata a vederlo solo ed esclusivamente perché finalmente Kate Winslet e Leonardo Di Caprio erano di nuovo insieme.
Nel 1997 da adolescente ero rimasta talmente estasiata da Titanic (come d’altronde migliaia di adolescenti) che costrinsi i miei genitori a vederlo al cinema per ben tre volte, l’anno in cui uscì.
E Revolutionary road rappresentava per me il ritorno della COPPIA che mi aveva fatto sognare, piangere ed emozionare.
Non ricordo cosa pensai la prima volta che vidi il film.
Ricordo solo la sensazione, il moto verso la passione e come la passione e la vita fossero legate indissolubilmente
Mi sono ritrovata a rivederlo da poco in una domenica pomeriggio davvero malinconica.
Amo questo film.
Non ha un lieto fine, anzi l’ “happy ending” è davvero mille miglia lontano da questo film.
Non sono una grande cinefila, anzi conosco colleghe davvero molto più brave e competenti e acculturate di me in materia di cinema e psicologia. Ma non posso fare a meno di essere attratta da questo film come una calamita.
Per me è come uno scuoti-coscienze.
Non è mia intenzione addentrarmi nell’analisi psicologica dei personaggi. No.
Credo che sia più il contesto generale a cui mi interessa rivolgere l’attenzione.
Da un punto di vista rogersiano il film mostra tutto quello che non è condurre una vita in direzione della congruenza, della vita piena di cui si fa promotore Carl Rogers.
Cosa significa vivere una vita fatta di costrutti rigidi? E’ esattamente ciò che si vede in questo film.
L’oggettivazione del proprio sé, la distanza dai propri bisogni, l’impossibilità di essere in contatto con le proprie emozioni.
Le emozioni quindi non sono assolutamente riconosciute.
Il vivere la vita attraverso definizioni di sé costruite da altri e/o dalla società.
L’incongruenza ( ovvero la discrepanza tra ciò che sento e il modo in cui mi comporto) è solo vagamente percepita.
In alcuni passaggi la percezione della propria incongruenza è avvertita in modo più coinvolgente,
eppure quanto meno si sente l’incongruenza tanto più le coscienze o meglio le anime vivono addormentate nella loro routine.
L’esperienza immediata, ciò che i personaggi vivono proprio nel qui ed ora, non è simbolizzata, altrimenti la percezione dell’incongruenza sarebbe più alta e creerebbe maggior senso di inquietudine e angoscia.
Non c’è possibilità di autorivelarsi perché i personaggi sono molto lontani dal proprio sé autentico.
La coppia Winslet- Di Caprio nel film è coppia sposata con 2 figli, vive una vita fatta di ricordi..
ricordi di autenticità, di passione, di vita piena.
Questo è ciò che li ha fatti annusare e ciò che li unisce è solo il ricordo della speranza di una vita piena.
C’è una fase del film in cui sembrano ritrovare quella scintilla, quel desiderio di trovare ciò che veramente sono, quello slancio di energia vitale , di rottura di schemi rigidi, precostituiti.
In questo passaggio si sentono in sintonia con un altro personaggio, il figlio di una loro vicina che è stato ricoverato in un reparto di psichiatria per un esaurimento nervoso.
Ecco , in questa fase si assiste nel film ad alcuni scambi autentici tra persone che non hanno paura di attraversare il dolore o “il vuoto della disperazione”come viene definito proprio da loro
Ma è un attimo, un barlume di luce che viene spento con forza dagli schemi culturali e sociali e personali.
Perché lo chiamo film scuoti- coscienze?
Cos’è la vita senza la passione?
Cos’è la vita senza la possibilità di sentire ciò che proviamo?
Cos’è la vita senza il desiderio autentico di avvicinarci a noi stessi, ai nostri bisogni, al nostro vero sé?
Cos’è la vita se escludiamo il dolore, la sofferenza?
Certo, non piace a nessuno sentire dolore (fisico e tantomeno emotivo).
Ma se facciamo finta che non esista, non potremmo mai conoscere la gioia, le risate quelle vere, quelle di pancia, autentiche.
Se facciamo finta che la nostra sofferenza non esista non potremmo sapere che energia viene fuori da noi stessi quando proviamo rabbia o quando siamo felici.
Non potremmo mai provare quella sensazione che viene diretta dalla pancia che ci spinge in direzione del mare quando non lo assaporiamo per troppo tempo (si questa è decisamente autobiografica ).
La vita piena per Carl Rogers “implica la tensione e lo sforzo di realizzare sempre più le proprie potenzialità. Implica il coraggio di essere. Significa gettarsi completamente nella corrente della vita”.
Il coraggio di essere.
Questo per me è Revolutionary road.
La possibilità, la libertà e il coraggio che mi concedo di essere me.

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