La segnalazione nei casi di abuso su minori

Il potere di segnalare delle situazioni di pregiudizio o di abbandono dei minori, è attribuito dalla legge (art. 1, comma 2, legge 19.7.91, n. 216), soprattutto rispetto al collocamento degli stessi fuori dalla loro famiglia, a quattro soggetti istituzionali che hanno compiti di protezione: i Servizi Sociali, gli Enti Locali, le Scuole e l'Autorità di Pubblica Sicurezza.
Comunque, qualunque cittadino può segnalare alle autorità competenti situazioni di grave disagio minorile e/o familiare.

La segnalazione è una fase estremamente importante e delicata, che dovrebbe essere compiuta da personale molto specializzato, possibilmente in un contesto d’èquipe con delle linee guida aventi lo scopo di utilizzare, quando possibile, una comune metodologia operativa necessaria per identificare cause ragionevoli, nel pieno rispetto però, della libertà educativa, culturale e religiosa delle famiglie, dell’ osservanza delle regole deontologiche professionali e del diritto alla riservatezza sulle notizie sanitarie e sociali.

I Servizi Sociali dovrebbero costituire una fonte particolarmente qualificata perché hanno lo scopo istituzionale di intervenire per ridurre il disagio delle famiglie e dei minori.
Concretamente e quotidianamente potrebbero, attraverso l’ascolto e l’osservazione dei diretti interessati, raccogliendo informazioni da contesti pubblici e/o privati, formulare oltre che una rete di sostegno, anche qualora fosse necessario, una diagnosi in proprio per approntare un progetto d’intervento educativo o terapeutico riabilitativo per il singolo e la famiglia.
Per far ciò, i Servizi devono ricercare il consenso dei genitori e del minore, verificando la loro reale adesione al progetto prospettato. Solo quando questo consenso e adesione non vi siano, o non siano effettivi, entra in gioco la competenza del giudice minorile, che può intervenire a limitare o comprimere la potestà genitoriale, al fine di permettere la realizzazione degli interventi ritenuti necessari.

Quindi, i Servizi dovrebbero rivolgersi all’autorità giudiziaria minorile soltanto nei casi in cui non abbiano trovato l’indispensabile adesione dei genitori, oppure non siano riusciti a formulare proposte d’intervento, a causa degli ostacoli frapposti dal nucleo familiare. In questi casi, infatti, sembra che l’unica possibilità d’intervento passi attraverso un provvedimento del Tribunale per i Minorenni, che autorizza i Servizi a intervenire pur in assenza di consenso.

La segnalazione è quindi uno strumento fondamentale per prevenire e/o intervenire in situazioni di grave disagio familiare e minorile, ma anche carico di criticità sia per gli autori della segnalazione sia per gli stessi soggetti che dovrebbe tutelare.

La tutela e il sostegno dei minori e della famiglia è sempre stata la voce più penalizzata e “misera” dei bilanci degli investimenti economici, sociali, educativi dello Stato e degli Enti Locali e non solo negli ultimi tempi, a causa della crisi economica. Non è un caso che il vero Welfare in Italia sia la famiglia. Famiglia da molti idealizzata e strumentalizzata ma assolutamente non sostenuta e tutelata quando insorgono difficoltà e problematicità.

Dagli anni 80, molti servizi di Assistenza Socio-Educativa sono stati dati in gestione, dagli Enti Locali, dalla Scuola e dalle ASL a enti privati, le cosiddette Aziende No Profit o Cooperative Sociali, che dovrebbero operare in sinergia e stretta collaborazione, attraverso progetti condivisi, con i referenti dei vari enti. Ciò ha reso ancora più complicata e incerta l’attribuzione delle responsabilità relative alle competenze e alle metodologie d’intervento.

E’ necessario sottolineare questa realtà, poiché come sopra accennato, uno dei motivi che il Servizio Sociale può addurre per interpellare le autorità giudiziarie è la mancata risposta a proposte socio- educative rivolte al minore o alla famiglia. Nella prassi, le variabili in gioco, così come gli obiettivi e le professionlità coinvolte sono molteplici e spesso in collusione tra loro.

Da una parte, ci sono i Comuni, le Scuole o le Asl, che per questioni prettamente economiche non possono utilizzare professionalità e competenze interne per adempiere ai loro compiti istituzionali.

Dall’altra, ci sono gli Enti No Profit, che tramite gare d’appalto e/o licitazioni private, condizionate da progetti educativi o socio-assistenziali, prezzo orario del/dei servizi richiesti, organico da assumere o integrare dell’eventuale ditta uscente, tempi dell’appalto, iniziano a operare in realtà sicuramente complesse e disagiate, spesso, se non sempre, parzialmente e/o all’oscuro di quanto fatto fino a quel momento per le situazioni di cui dovranno farsi carico e con problematiche economiche e organizzative, che poco hanno a che fare, con la comprensione e/o la soddisfazione del bisogno dell’utenza finale.

In questo scenario si inseriscono le miriadi di segnalazioni ritenute opportune; quindi vi rientrano tutte quelle situazioni in cui vi è un pregiudizio attuale o potenziale, a carico di un minore, per rimuovere il quale, sembra che non siano sufficienti gli ordinari interventi del servizio.

In ambito comunale (servizi domiciliari educativi), le segnalazioni spesso sono effettuate dagli educatori e/o dai responsabili del servizio delle cooperative, per tutte quelle situazioni, dove a fronte di un progetto educativo più o meno formalizzato, i genitori non manifestano buona volontà nel riconoscimento delle proprie responsabilità, modificando il loro stile educativo, con conseguenti ripercussioni negative sul/sui figli.

In ambito scolastico le segnalazioni solitamente avvengono attraverso gli insegnanti, quando sono presenti ripetuti insuccessi scolastici, ritardi nello sviluppo psico-motorio o cognitivo, incuria, comportamenti devianti quali aggressività, bullismo, disturbi alimentari, difficoltà di socializzazione, tossicodipendenza segnalati alla famiglia ma da essa non accolti. Famiglia “latitante e reiterante”.

Recentemente sono aumentati i casi di segnalazioni, a seguito di interpretazioni di disegni o elaborati infantili da parte degli insegnanti, che hanno contribuito ad allargare la distanza comunicativa tra scuola e famiglia, interferendo pesantemente con la creazione o il mantenimento della collaborazione e della fiducia che necessariamente deve esistere tra le parti e che hanno causato dei danni notevoli.

In ambito sanitario, le segnalazioni si attivano, soprattutto quando la famiglia non recepisce le indicazioni dei tecnici rispetto al/ai disagi dei soggetti in età evolutiva, vedi le diagnosi funzionali dell’UOMPIA, oppure a seguito di ricoveri al Pronto Soccorso per incidenti o indisposizione improvvisa dei minori.

Come accennato, le variabili in gioco sono notevoli e si possono raggruppare in alcune categorie:

  • Preparazione professionale, a volte inadeguata del personale che ha in carico l’utenza;
  • fenomeni di contro- trasfert e di proiezione, difficili da identificare, poiché molti degli operatori (assistenti sociali, educatori dei servizi di assistenza educativa domiciliare o scolastici, insegnanti, personale medico), non posseggono strumenti adeguati (formazione, aggiornamento e supervisione psicologica) per dare lettura e significato alle problematiche che devono gestire e spesso non sono preparati, se non per iniziativa e senso di responsabilità individuale, ad accogliere il disagio senza riversarvi proiezioni individuali non riconosciute e rielaborate;
  • scarsa collaborazione tra i servizi;
  • linguaggi diversi e conseguente difficoltà nella comunicazione.



Il provvedimento del TM può disporre:

 

  • l'allontanamento del figlio o dei genitori dalla residenza familiare;
  • la decadenza dei genitori dalla potestà sul figlio;
  • la dichiarazione dello stato di adottabilità del figlio;
  • la regolamentazione della potestà divisa dei genitori;
  • l'imposizione di prescrizioni affinché i genitori tengano una condotta positiva o si astengano da una condotta pregiudizievole o affinché i genitori e/o il figlio collaborino in attività di sostegno attuate dai servizi necessarie per la cura del minore.



In questo scenario, a volte i Servizi chiedono al Tribunale per i Minorenni di espletare compiti che sono di loro esclusiva competenza. Per esempio, si richiede un mandato del Tribunale che “rafforzi”, agli occhi dei genitori, l’attività e i poteri del Servizio. In altre parole, si chiede a un terzo autorevole di imporre regole che non si è in grado autonomamente di far rispettare.
E’ come se la richiesta del Servizio confermasse il “fallimento” del proprio operato.
In un contesto familiare rappresenterebbe un genitore che delega all’altro i compiti, le scelte, le responsabilità del proprio “faticoso” ruolo educativo.

Il nostro ordinamento prevede dei casi nei quali la segnalazione all’autorità giudiziaria è obbligatoria, e riguardano:

1. Quando un minorenne si trova in situazione di abbandono ai fini dell’ eventuale dichiarazione del suo stato di adottabilità (legge 184/83).

2. Quando un minorenne è moralmente o materialmente abbandonato o allevato in locali insalubri o pericolosi, oppure da persone che per negligenza, immoralità, ignoranza o altri motivi, risultano incapaci di provvedere alla sua educazione (articolo 403 codice civile), e per tale ragione collocato d’urgenza in luogo sicuro dall’autorità amministrativa. L’articolo 403, anche se non è mai stato dal legislatore rivisto o aggiornato rispetto alla formulazione iniziale, continua a rappresentare l’unico strumento di intervento immediato per fronteggiare le più svariate situazioni. La genericità della norma crea spesso molta confusione sia per gli operatori dei servizi territoriali sia per quelli di P.G., i quali possono talvolta o essere indotti a “esagerare”, attuando allontanamenti senza i necessari presupposti di urgenza, oppure a “indugiare”, nelle reali situazioni di urgenza.

3. Quando vi sono minori degli anni diciotto che esercitano la prostituzione (legge n. 269/98 sullo sfruttamento sessuale dei minori).

4. Quando vi sono minori degli anni diciotto stranieri, privi di assistenza in Italia, che siano vittime dei reati di prostituzione e pornografia minorile o di tratta e commercio (R.D.L. n. 1404/34).

5. Quando occorre prorogare un affidamento familiare o un collocamento in Comunità o in Istituto, oltre il termine stabilito o anticiparne la cessazione (legge n. 184/83).

Nel caso di segnalazione avente come oggetto condotte di rilevanza penale ai danni di un minore (lesioni personali, maltrattamenti o abusi sessuali) la Procura della Repubblica per i Minorenni, prima di trasmettere il proprio ricorso o la documentazione al Tribunale per i Minorenni, svolge un’attività di confronto e coordinamento con il Procuratore della Repubblica competente per il procedimento penale, allo scopo di valutare le priorità fra gli atti di indagine in sede penale nei confronti dell'autore dell'abuso e gli interventi civili volti ad assicurare, al minore vittima, un adeguato contesto di protezione.
Si possono segnalare direttamente al Tribunale per i Minorenni i casi di assoluta urgenza, in cui bisogna assumere un provvedimento immediato, nello spazio di poche ore, con la particolarità che, ove il Tribunale per i Minorenni non ravvisi l'assoluta urgenza, la segnalazione è rinviata al Procuratore della Repubblica per i Minorenni perché valuti se assumerne o meno l'iniziativa.

Vi sono, poi, situazioni particolari che spesso vengono segnalate alla Procura della Repubblica per i Minorenni, ma che andrebbero, invece, portate all’attenzione di altra autorità giudiziaria, nella specie il Giudice Tutelare. I casi più frequenti sono i seguenti:

  • decesso o impedimento di altra natura di entrambi i genitori a esercitare i compiti genitoriali;
  • affidamento familiare attuato con il consenso dei genitori;
  • interruzione volontaria di gravidanza da parte di minorenne, quando i genitori (o uno di essi) non esprimano il consenso a tale atto, oppure quando la minore non vuole che i genitori siano informati. In tali casi, sarà il Giudice Tutelare, assunte le necessarie informazioni, ad autorizzare l’intervento;
  • conflittualità tra i genitori per l’osservanza delle disposizioni stabilite dal Tribunale Ordinario in sede di separazione o di divorzio. Per questi casi è prevista una competenza del Giudice Tutelare, che però nella realtà è poco incisiva, non potendo detto giudice eventualmente modificare i provvedimenti, ma solo richiamare le parti a una maggiore collaborazione.



Un capitolo importante riguarda i presunti abusi successivi alla separazione dei genitori. Il figlio potrebbe diventare la vittima inconsapevole di scontri e di continui conflitti all’interno della relazione dei genitori, divenendo oggetto di contesa.
La strumentalizzazione del bambino diventa, purtroppo, il modo più semplice ed efficace per continue rivendicazioni e attacchi contro il partner. La cronaca quotidiana è purtroppo costellata da realtà simili.
La rottura del legame tra i genitori e la derivante conflittualità, fanno emergere nel bambino, in modo patologico, ansia, angoscia, timori di abbandono, stati depressivi per la mancanza di punti di riferimento affettivi stabili.
I bambini sono oggettivamente a rischio di danno evolutivo perché strumentalizzati ai fini della separazione dei genitori e/o della richiesta di risarcimento, economico e psicologico, degli stessi, che ne deriva.
L’esperienza clinica ha evidenziato che l’esclusione del genitore, la svalutazione del genitore allontanato, la sua delegittimazione e la continua messa in dubbio della fedeltà del bambino, con relative richieste di assunzioni di responsabilità e/o scelte allo stesso, siano situazioni che, alla lunga, portano allo sviluppo di una serie di disagi che possono sfociare in vere psicopatologie.
Quando un bambino è costretto a negare e a rinunciare a uno dei genitori, non rinuncia solo alla persona con cui dovrebbe e potrebbe condividere la quotidianità, ma anche all’attivazione della immagine interna corrispondente a quella persona, con conseguenti danni alla costruzione di un’identità personale equilibrata e matura.

Sempre più è incoraggiata, in ambienti legali e giudiziari, l’utilizzazione della consulenza psicologica e della mediazione familiare per affrontare le problematicità delle coppie separate, proprio per cercare di ridurre il più possibile, il disagio dei figli.
Se ben utilizzati, tali strumenti possono aiutare i genitori a leggere e vivere il conflitto in termini di disagio psichico, disinvestendo le proprie energie da battaglie legali spesso devastanti per tutti gli attori coinvolti, introducendo invece, spazi per la ridefinizione dei rispettivi ruoli, avendo come obiettivo comune il benessere del figlio.

Altri contesti da cui può partire una segnalazione di abuso è in ambito clinico. Il clinico che accoglie le dichiarazioni del bambino vittima di abuso, ha degli obblighi di legge da rispettare ma spesso avviene che ci si trovi di fronte al dilemma se segnalare o meno una rivelazione che si snoda tra affermazioni e ritrattazioni.
La metodologia, l’esperienza e la professionalià dell’operatore in tali casi, auspicabilmente in accordo con l’Autorità Giudiziaria, dovrebbe essere quella di fermarsi ad ascoltare e osservare prima di segnalare qualcosa che innesca, in una sorta di reazione a catena, eventi fortemente stressanti per il bambino e per il nucleo familiare.
La necessità di ascoltare e osservare e l’utilizzo di strumenti che cercano di ottenere il maggior numero di informazioni con il minimo di contaminazioni, è tanto più ragionevole, quanto più si constata che la più alta incidenza di dichiarazioni di falso abuso, si rileva nell’ambito delle separazioni conflittuali.

Bibliografia

 

  • A cura di Maria Elena Magrin, prefazione di Assunto Quadrio “Guida al lavoro peritale”- 2000  Giuffrè Editore.
  • A cura di L. Abazia, C. Sapia, M.G. Chef  “La perizia psicologica  Norma, prassi e deontologia”- 2002  Liguori Editore
  • E. Caffo, G.B. Camerini, G. Florit “ Criteri di valutazione nell’abuso all’infanzia  Elementi clinici forensi”- 2004 The McGraw-Hill Companies
  • G.C. Nivoli “Il perito e il consulente di parte in psichiatria forense”  2005  Centro Scientifico Editore
  • J. Marks Mishne “Il lavoro clinico con i bambini  Fondamenti di psicoterapia infantile” 1985 - Psycho di G. Martinelli & C. - Firenze
  • O. Boggi, M. Brambilla, M. Gallina “Bambini fuori casa  Una ricerca sui minori di Milano in istituto e comunità” 1995 Edizioni Unicopli

 

Altri convegni:


  • Roma, 15/19 ottobre 2001 - Corso per le funzioni di giudice minorile e di giudice civile della famiglia  Relazione G. Campanato - Presidente del Tribunale per i Minorenni di Venezia “Il procedimento avanti il Tribunale per i Minorenni”
  • Parma, 13/15 novembre 2003  22° Convegno - “Genitori, figli e giustizia: autonomia della famiglia e pubblico interesse” Associazione Italiana dei Magistrati per i Minorenni e la Famiglia - Relatrice Carla Marcucci “Il processo minorile: garanzie per i diritti dei minori e degli adulti” Relatori : Cesare Piccinini  Angelo Vaccaro “Nuovi modelli di famiglia: quali relazioni, quali tutele dei soggetti deboli”
  • Bari, 28/29 aprile 2005- 2° Incontro Nazionale Unicef “Mediazione e diritti dei bambini”, documento “Per una mediazione a misura di bambini”
  • Siracusa, 10/12 giugno 2011 - Carta di Noto - 3° aggiornamento “Linee guida per l’esame del minore in caso di abuso sessuale”
  • Roma, 6/7 marzo 2008: Seminario di studio: “La famiglia tra diritto penale e processo” relatrice Maria Monteleone- Sostituto Procuratore “ Il ruolo dei familiari- persone offese nel processo penale”
  • Milano, 13/14 novembre 2009- 23° Convegno Nazionale : “Infanzia e diritti al tempo della crisi: verso una nuova giustizia per i minori e la famiglia” - Associazione Italiana dei Magistrati per i Minorenni e la Famiglia - Relatore Pasquale Andria “La crisi dei contesti di crescita e di protezione : la crisi della giustizia minorile” - Relatore Paolo Martinelli “La giurisdizione delle relazioni”

Articoli  Documenti

 

  • Unicef  Convenzione sui diritti dell’Infanzia
  • Aggiornamenti in Psichiatria n. 25  2001- Gabriel Levi, Eleonora Mezzalira - Dipartimento di Scienze Neurologiche e Psichiatriche dell’Età Evolutiva,Università La Sapienza “Abuso sessuale e tutela del minore in ambito giuridico”
  • 2004 - Renato Voltolin - Direttore del Corso di Specializzazione in Psicologia Giuridica “Uso, cattivo uso ed abuso della consulenza tecnica psicologica d’ufficio nel processo civile”.
  • Psicologia e Giustizia - Anno VI, numero 2 - Luglio  Dicembre 2005 - Anna Maria Zamagni Giudice c/o Tribunale per i Minorenni di Milano “ La tutela del minore, casi di affidamento e contributi peritali”
  • 2007 - Centro Studi di Scienze Criminologico Forensi AMI : Cesira Cruciani “L’assenza di una delle due figure genitoriali ed il rischio del disadattamento”- “La consulenza tecnica in tema di affidamento del Minore”- “Le segnalazioni a tutela dei minori”
  • Alberto Figone “Rapporti tra Tribunale ordinario e minorile”
  • 31/12/2010- Relazione Cam (Centro ausiliario per i problemi minorili) Ufficio Schedario Procura dei Minorenni di Milano ”Minori inseriti nelle Strutture Residenziali per Minori - Area Procura dei Minorenni di Milano

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