La preoccupazione: una forma di potere sull'altro?

La vita di tutti i giorni, ci mette spesso nella condizione di dover essere preoccupati per qualcosa o qualcuno. Provare uno stato di preoccupazione per le cose che non possiamo controllare è normale.
La preoccupazione è una strategia che ci ha permesso di sopravvivere e migliorare. In un ambiente sconosciuto dove è impossibile poter fare delle previsioni su quello che potrebbe accadere, è sano provare una sensazione di preoccupazione.

Ma se la preoccupazione diventa pervasiva, limitando la libertà di pensiero di chi la esercita e la libertà di azione di chi la subisce, la situazione si fa più seria.

Essere costantemente preoccupati, mette in evidenza una grande difficoltà e un forte senso di inadeguatezza nell’affrontare i propri disagi e quelli degli altri. Porta allo scoperto sentimenti di impotenza e di frustrazione che spesso non si riescono a tenere sotto controllo.
La persona preoccupata, si comporta in modo rigido, tende a non valutare le alternative, e l’imprevisto viene considerato come una minaccia. Questo atteggiamento limitante, è altamente dannoso per chi lo esercita e per chi è costretto a subirlo.

Il concetto di preoccupazione, si caratterizza per un disequilibrio nei rapporti di potere che si intrattengono o che si vorrebbe intrattenere con gli altri, attraverso il supporto di un oggetto-pretesto: “siccome sei mio figlio, ho tutto il diritto di sapere dove sei, cosa fai….” oppure “ chiamami appena arrivi a destinazione, perché se non ti sento mi agito…”.

La paura che anima la persona preoccupata, è quella di perdere il controllo sulla situazione o sulla persona alla quale tiene e quindi di ritrovarsi in balia degli eventi.

Si può considerare la preoccupazione come:
- uno strumento di controllo
- un metro di misura in Amore: quanto più si ama tanto più si pensa di poter essere autorizzati ad essere preoccupati

Uno stato di preoccupazione esagerato, rappresenta uno strumento di controllo e di potere sull’altro. Questo tipo di atteggiamento limita l’autonomia dell’altra persona che viene tenuta sempre in una condizione di subordinazione e di “dipendenza infantile”.

Chi è preoccupato, ha la tendenza ad anticipare i desideri e i bisogni dell’altra persona sottolineando in questo modo il forte squilibrio della relazione.
La motivazione che spinge questo tipo di comportamento si basa sul “pensare di sapere che cosa sia il bene per l’altro”.
Chi subisce la preoccupazione, si trova prigioniero di un’ estenuante colpevolizzazione, mentre chi si preoccupa, vive costantemente in ansia e con molta diffidenza nei confronti di tutto quello che lo circonda.

La persona fortemente preoccupata è convinta che:
1) il mondo fuori sia pericoloso e violento
2) sia un bene non avere fiducia nel prossimo
3) sia meglio non farsi troppe aspettative

Questo modo di pensare, porta la persona preoccupata a ritenere che per poter far fronte ad un mondo “violento e incerto” è necessario avere molta prudenza. Metterà quindi in atto una serie di strategie per garantirsi il massimo della cautela nell’affrontare la vita propria e nel tentare di programmare quella delle persone alle quali è più vicina.
Attraverso un atteggiamento prudente, la paura di perdere il controllo diventerà un ostacolo al proprio processo di crescita mentre le abitudini rassicuranti impediranno ogni forma di esplorazione.
Quando si è preoccupati ci si immagina diversi “scenari” di vita alternativi molti dei quali risultano però essere altamente improbabili. Lo scopo è quello di riuscire ad anticipare il “possibile pericolo”.

Pensare in questo modo, comporta un notevole dispendio di energia e il rischio è di perdere la serenità di una vita di relazione.

Per concludere, teniamo presente che in certe circostante è sano sentirsi preoccupati per se stessi o per gli altri, ma facciamo in modo che la preoccupazione non diventi il nostro stile di vita.

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