Il suicidio

La questione che pongo é:

- di quanti terapeuti ha bisogno un paziente che è così profondamente sofferente da essere costantemente disturbato in ogni momento della sua esistenza, la cui stessa vita è un sintomo? Uno, due, molti? Quanti terapeuti occorrono per contrastare la presenza così massiccia e invasiva della pulsione per la morte?

- se sono necessari più terapeuti, occorre pensare a sistemi di cura flessibili e sostenibili, che permettano l'uso di più terapeuti, che siano tra loro connessi in modo strutturato, sensato e non caotico. Se il paziente gravemente disturbato, il cui malessere lo porta verso continui pensieri di morte, persecutori e liberatori al tempo stesso, riesce a costruire un legame meno disperante con un curante, ma questo legame non può sopperire alla necessità concreta di un ricovero residenziale, occorre poter fare in modo che quel legame possa continuare ad operare nella struttura che ospita il paziente, così come viceversa occorre che il singolo terapeuta possa sentire con fiducia di poter contare su strutture residenziali dove poter continuare la terapia con il paziente suicidario;

- la terza questione così è articolata: non occorre una specifica formazione sistemica per pensare eagire in modo sistemico. Ha ragione Elvio Fachinelli quando sosteneva anni fa che Freud non era stato soltanto l'inventore/creatore della psicoanalisi ma aveva posto le fondamente di una nexologia, di una scienza dei legami, e dei nessi. Nessi tra significanti, per quanto riguarda l'inconscio, e legami tra soggetti, a costituire i gruppi umani. Pensando in termini nexologici, è forse possibile provare a invertire l'ordine catastrofico della vita di quei pazienti che in giovane età o poco dopo mollano il loro fragile legame con la vita e rifondano la vita sulla base del legame con la morte. In tal senso, è un problema quando le facoltà di psicologia non aiutano a costruire nella mente degli studenti i principi di una mente che funzioni in modo nexologico. La psicologia accademica è una psicologia dell'individuo, sia esso l'individuo paziente che l'individuo psicologo, due individualità che, durante l'esercizio della professione, rischieranno di rincorrersi senza mai realmente incontrarsi. Lo stesso dicasi della psichiatria organicista, la quale "conficca" nel cervello del paziente la malattia e lo riconosce come unico e solo portatore del male psichico, cosicchè il solo nesso accettabile è quello genetico, non essendosi molto allantanata dal mostruoso concetto di tara ereditaria.

C'è ancora molto da fare.

 

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