CORONAVIRUS: La psicologia del dono e la banca del tempo

CORONAVIRUS: LA PSICOLOGIA DEL DONO E LA BANCA DEL TEMPO.

I social, ma anche la TV, ahimè, ultimamente sono invasi da offerte di aiuto psicologico e spiegazioni di rimedi miracolosi per far fronte alla quarantena e alla paura:"Fai così, anzi no meglio colì e vedrai starai meglio...". Non sono per le pillole fai da te miracolose. L'asso nella manica della cura psicologica è la relazione. Lo stiamo dicendo da anni ormai. Non solo, proliferano offerte di consulti gratuti a tappeto che veicolano un messaggio di disponibilità illimitata. Sento odore di simbiosi: tanta generosità, vero, ma, a mio avviso, anche tanta retropsicologia del dono che, oltre a far ipotizzare qualche scossa nella consapevolezza del terapeuta, rischia di svalutare e impoverire ancora di più la nostra già delicata immagine di professionisti con la P maiuscola.
Noi psicologi e psicoterapeuti dobbiamo promuovere benessere, prevenire un'amplificazione del disagio e CURARE ove questo si è già sedimentato, questo è il nostro compito anche in questo momento.
Questo è il nostro compito perché questo è il nostro LAVORO.

Quanto offrirsi gratuitamente a chiunque, senza un'attenta valutazione del reale bisogno da parte dell'altro, rischia di inficiare già dall'incipit l'efficacia del nostro aiuto? Ci presentiamo come salvatori, come dispensatori di bontà e generosità sentendoci in cambio buoni e bravi, ma intraprendendo una rischiosa strada di idealizzazione e inevitabile conseguente svalutazione. In sostanza, per dirla in parole povere, rischiamo di far sì che l'altro si senta aiutato e sollevato perché siamo stati tanto buoni con lui e non perché ci ha riconosciuto una professionalità e una competenza specifica. Questa in Analisi transazionale viene chiamata svalutazione, anche se si presenta sotto le mentite spoglie dell'idealizzazione.
Con questo meccansimo finiremmo, tra l'altro, per agire secondo il copione (perdente?) della psicoterapia e, nello specifico, dell'analisi transazionale. Direi un bel copione "Quasi" di tipo 1. A un passo dal farci riconoscere come professionisti che fanno riferimento a una scienza e a delle tecniche efficaci e consolidate, finiamo per impoverire la nostra immagine e, come Sisifo, per dover riniziare tutto da capo.

Sappiamo bene, inoltre, che offrire aiuto senza porsi dei limiti significa ritrovarsi a sbilanciare troppo l'equilibrio tra ciò che si dà e ciò che si riceve in termini di cura e considerazione e che questo comporta a lungo andare a un impoverimento del nostro Bambino, che prima o poi chiederà il conto...Quante volte lo abbiamo detto ai nostri pazienti? Perché per noi dovrebbe essere diverso?
Direi che le controindicazioni della beneficenza a tappeto sembrano davvero tante. Vero è che il momento è particolare e le esigenze (N.B. ho scritto esigenze e non richieste!) di supporto sono moltiplicate e amplificate.
Mi soffermo pertanto a riflettere su quale possa essere una forma di sostegno aggiuntivo, gratuito o a basso costo che possiamo offrire in questo momento estremamente delicato -anche per noi psicologi (n.d.r.)- senza scivolare in atteggiamenti che finiscono per violare anche l'ABC di qualunque contratto terapeutico che possa essere ritenuto valido. Noi analisti transazionali parliamo di CONSIDERAZIONE VALIDA, ossia il riconoscimento della natura professionale della relazione terapeutica.

Trovo che il concetto e il meccanismo della "banca del tempo" possa essere un buon alleato. Darsi un tempo limitato e definito nei contenuti da dedicare al mettere a disposizione le proprie competenze professionali per fare una piccola, ma importante parte nel processo di risoluzione di questo terribile momento storico e sociale, può essere una soluzione. Possiamo fare beneficenza in vari modi: con dei versamenti, con la realizzazione di mascherine da distribuire alla collettività a noi vicina, con la spesa sospesa, con l'offrirci per portare la spesa o i farmaci agli anziani del nostro palazzo etc, ma anche, perché no?, offrendo la nostra competenza a coloro che ne facciano richiesta giustificata. Ma diamoci un tempo limitato nell'arco della settimana e selezioniamo l'ambito del nostro lavoro: adulti, bambini, adolescenti, formazione, sostegno alla neomaternità, tecniche di rilassamento etc... ognuno può interrogarsi su quale sia l'ambito in cui si sente più a suo agio.
Questi confini, di tempo e di forma, ci proteggeranno da pericolosi scivoloni nell'onnipotenza, nel "sii perfetto", nel "dacci dentro", nel "compiaci...sii brava/o" e nel "sii forte (tu per me)" e in modo indiretto proteggeranno i nostri assistiti e la professione psicologo.

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