La violenza sulle donne e’ sempre esistita, cosa accade oggi di diverso?

La violenza sulle donne è sempre esistita sia a livello fisico che mentale e gli autori sono sempre “soggetti maschili” che si configurano nel padre-padrone violento e si spostano nel familiare, compagno, partner o marito che si voglia chiamare. Le istituzioni si stanno sbrigando ad effettuare interventi, modifiche legislative, studi di settore multidisciplinari, ma occorre ancora molto perché il rispetto della “donna” va indotto sin da bambini, sia dalla scuola che dagli stessi genitori. Un “uomo adulto” spesso diventa violento per riscattare quanto ha visto e/o subito nella famiglia d’origine ed attraverso questi suoi comportamenti cerca di rimuovere la frustrazione vissuta. Tutto questo prescinde dal ceto sociale, dall’etnia, dalla religione, dalla cultura o dall’appartenenza politica in quanto la pulsione parte dal di dentro, dalla parte inconscia più profonda. Si tenta di far passare questa problematica come un fatto del “singolo”, senza pensare minimamente che si tratta di una storia senza fine, in quanto la violenza sulle donne accade ovunque per strada, in discoteca, nei luoghi di lavoro, in casa esattamente in tutti i luoghi in cui sono presenti rapporti affettivi, di potere e di dipendenza ed è un fatto “sociale”.

L’ONU nel 2022 ha stilato un rapporto in cui 89.000 donne (ragazze e donne adulte) sono state uccise intenzionalmente e il 55% di queste persone sono state uccise da familiari o partner.

Le Associazioni di Tutela della donna proliferano, ma è proprio l’azione pubblica che deve rispondere maggiormente con interventi più mirati finalizzati all’educazione, all’informazione e alla formazione, mediante strategie interventistiche.

La donna nel suo ruolo sociale che si è andata costruendo negli ultimi 50 anni ha dato molto fastidio alla società maschilista esistente dalla notte dei tempi, basta ricordare quanto scritto nella Bibbia :”Dio creò l’uomo e poi la donna” ciò contraddistinse da sempre chi era il primo, cioè “l’uomo” e tale struttura non si modifica in mezzo secolo o poco più, soprattutto perché manca ancora una adeguata sensibilizzazione al problema, anche se si parla molto, ma alla fine si concretizza ancora molto poco,  perché manca un sistema legislativo più adeguato con una maggiore punitività, riprovevolezza e riconoscimento del danno che riguarda non solo la donna scomparsa, ma tutti coloro che le appartenevano. Purtroppo, in un sistema legislativo come il nostro, lento e imbevuto di una burocrazia antica, per annientare un simile fenomeno molto decenni dovranno ancora passare.

Del resto, un uomo che si trova di fronte ad una donna autonoma, sicura di sé, non ritrova più il suo ruolo intriso di potere e di autorevolezza e tutto ciò, se ha già un retaggio di frustrazione familiare, di mortificazioni viste o subite, non glie consente di accettare il confronto e compaiono comportamenti regressivi, patologici per non dire “schizofrenici”. Egli diventa un bambino che, se non ottiene dalla compagna ciò che desidera, se non viene accontentato, le usa violenza e alla fine - se la frustrazione è grande – finisce per ucciderla anche in modo efferato, senza alcuna pietà.

Ormai sono numerosi gli studi recenti che hanno dimostrato come l’aver subito violenza in famiglia durante l’infanzia rappresenti il fattore principale del futuro stato mentale del soggetto e soltanto con delle istituzioni adeguate ed equipe di “addetti ai lavori” (psicologi, counselor, educatori, assistenti sociali, psichiatri) si può modificare questo problema aiutando i soggetti coinvolti che, se non sostenuti perdono inevitabilmente la loro integrità psico-fisica. 

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