Il sogno e la sua interpretazione

Il sogno e il sognare

Il sonno è un’esperienza così universale e fondamentale della vita da far ipotizzare che ognuno ne conosca la natura e il significato; invece, nonostante si trascorra nel sonno circa un terzo della vita, esso rimane un’attività fondamentalmente misteriosa, un indecifrabile temporaneo e ciclico svanire della coscienza, a cui sono stati attribuiti significati diversi in relazione alla cultura e al momento storico.

I sogni sono notoriamente strani, a volte bizzarri e incomprensibili, perché non seguono le regole del pensiero cosciente e della realtà ordinaria e, comunemente, vengono liquidati come semplici stranezze prive di significato e di importanza. Solo con la psicoanalisi, i sogni sono diventati oggetto di studio scientifico. L’attività onirica è stata infatti indagata a lungo da Freud, da Jung e da altri psicologi o psicoanalisti; il sogno costituisce un campo di fondamentale importanza in ambito psicologico, rappresentando la porta principale di comunicazione con l’inconscio.

Agli esordi della psicoanalisi, l’interpretazione dei sogni era peraltro volta a recuperare le tracce mnestiche e i vissuti del paziente secondo un modello archeologico, finalizzato al ritrovamento e alla ricostruzione del passato, cioè a favorire il ritorno del rimosso (Ghirardini, 2012). Con lo sviluppo del pensiero freudiano, si iniziò a considerare i sogni alla stregua di frutti di un’attività psichica complessa: come approfondiremo in seguito, Freud cominciò a pensare al sogno come all’appagamento allucinatorio di un desiderio che si realizza in quanto compromesso tra il desiderio stesso e la censura dell’io. Il sogno divenne la “via regia” per accedere all’inconscio, la possibilità di avere una soddisfazione fantasmatica di un desiderio proibito.

Nei sogni, l’io appare celato da diverse altre persone, e anche l’elaborazione secondaria, cui si perviene durante il racconto del sogno all’analista, cancella la molteplicità dell’io del sognatore; la funzione dell’interpretazione diviene allora quella di restituire e riportare l’io alla sua pluralità, come sostenne, sviluppando il pensiero freudiano, Melanie Klein, la quale mise in evidenza le relazioni (conflitti, scissioni, collaborazioni) intercorrenti tra le varie parti dell’io che popolano il mondo interno (Ghirardini, 2012). La Klein cominciò a dare importanza all’aspetto relazionale del sognare, sottolineando che il sogno mette in scena le fantasie inconsce del paziente, rivissute nella relazione di transfert.

Jung sosteneva che la funzione generale dei sogni consistesse nel rielaborare le esperienze e ristabilire il normale equilibrio psichico. Discostandosi dal pensiero freudiano, Jung (1964) riteneva che il sogno fosse meno direttamente connesso all’appagamento di un desiderio, ma, senza escludere questa eventualità, lo considerava in termini più generali come una rappresentazione simbolica della situazione attuale vissuta a livello inconscio. Jung sosteneva inoltre che i sogni potessero contribuire al processo di individuazione e allo sviluppo del sé, inteso come principio interiore di consapevolezza, di maturità e di guida. Il padre della psicologia analitica riteneva che nei sogni potesse manifestarsi anche l’inconscio collettivo, e considerava possibile l’esistenza di sogni premonitori, in termini non esoterici o parapsicologici, ma legati alle capacità dell’inconscio di annunciare situazioni di rischio anticipatamente, sulla base della percezione di pericoli non ancora accolti dalla coscienza, ma che possono affiorare in modo simbolico nei sogni.

Nell’odierno cognitivismo, il sogno acquisisce un significato diverso rispetto a quello psicoanalitico: anche il sogno ha funzione di coscienza, seppur con caratteri e linguaggio nettamente diversi da quelli della vita cosciente. Le associazioni e gli elementi dell’elaborazione notturna possono essere fonte di nuove elaborazioni e creazioni con canali diversi, che mettono in comunicazione coscienza ed inconscio in un fecondo scambio di informazioni (Galimberti, 2006).

Come rimarca Facco (2010), «il sonno è dunque una specie di pozzo senza fondo con una complessa architettura, che viene sondato ogni notte con un’intensa attività onirica spesso dimenticata al risveglio. L’addormentamento sembra una sorta di stargate, una porta tra due dimensioni diverse della vita psichica, di cui quella del sonno non è meno importante di quella cosciente. Al risveglio, soprattutto se da uno stadio profondo, può rimanere un certo disorientamento per alcuni minuti, durante i quali si verifica un graduale passaggio allo stato di coscienza ordinario. In questa fase di transizione tra sonno e veglia, si possono ripresentare le informazioni utili per la ripresa della vita ordinaria, come il luogo in cui si è o gli impegni da affrontare, ma possono avere accesso alla coscienza anche elementi della vita onirica; questi ultimi possono contribuire ad un parziale e momentaneo disorientamento, ma a volte si possono ricavare da essi sprazzi di illuminazione, nuove intuizioni per la mente creativa. Quest’aspetto, indefinito e misterioso, è riportato diffusamente fin dall’antichità nel racconto di visioni e premonizioni, a partire dalle Sacre Scritture, ma se ne trovano anche testimonianze nel mondo moderno, come ad esempio in Cartesio».

Proprio di Cartesio esamineremo, nell’ultima parte del presente scritto, tre sogni da lui fatti nel novembre 1619, in cui gli vennero rivelati i fondamenti di una “scienza mirabile”.

 

L’interpretazione freudiana dei sogni

Fin dall'antichità il sogno ha avuto una grande importanza "affettiva" per l'uomo, basti pensare che molte decisioni importanti venivano prese dopo l'esame di un sogno. Questa valenza magica e profetica non ha aiutato a considerare il sonno oggetto degno di studio scientifico: si pensava ai sogni come a messaggi provenienti da un altro mondo, dagli e dei o dai defunti. In questa accezione i sogni sono sempre stati visti come messaggi che il soggetto riceveva passivamente, avvertimenti, profezie, vaticini: tutte modalità nelle quali il sogno non appartiene al sognatore. La psicoanalisi ha attribuito invece al sogno un significato del tutto particolare e soggettivo, non separabile dal sognatore. Freud, ne Il progetto, aveva cominciato a considerare l'attività onirica come una scarica dell'apparato psichico dovuta all'impossibilità per lo stimolo di percorrere la via motoria, dato lo stato di sonno; questa funzione del sogno come "scarica" dell'apparato psichico si avvicina a quanto ci dice oggi la neurofisiologia sull'attività onirica. A questo si aggiungeva la supposizione che la funzione primaria del sogno fosse garantire la continuazione del sonno. Successivamente, con L'interpretazione dei sogni, Freud aggiunse l'ipotesi – psicoanalitica più che neurofisiologica – che nel sogno si potesse ritrovare un significato inconscio, e che dunque il sogno fosse una delle modalità più dirette per esplorare il mondo interno del soggetto. Freud cominciò a pensare che i sogni esprimessero un appagamento di desiderio: il caso più semplice è quello dei desideri dei bambini non realizzati nella realtà. Nell'adulto il sogno preserva il sonno perché vi è una censura che maschera il desiderio rimosso, che altrimenti sarebbe in alcuni casi così eccitante da provocare il risveglio: la censura, vero organizzatore del lavoro onirico, determina i diversi contenuti, anche enigmatici, del sogno stesso. Per questo Freud (1899) formulò la legge del sogno nei termini della famosa definizione secondo cui “il sogno è l’appagamento (mascherato) di un desiderio (represso - rimosso)”.

Con L’interpretazione dei sogni, Freud pose definitivamente l'accento sull'importanza del sogno. Il sogno e le libere associazioni sostituirono il metodo ipnotico nel consentire una via d'accesso all'inconscio. Freud aveva intuito che i sogni, come i sintomi nevrotici o i deliri psicotici, erano solo apparentemente assurdi e insensati, ed erano invece portatori di un significato inconscio da svelare. Freud sosteneva che ci fosse un'unica finalità utilitaristica attribuibile al sogno: quella di impedire che il sonno venga disturbato. In effetti, il padre della psicoanalisi aveva definito il sogno (S. Freud, 1925) anche come “una fantasticheria che serve a proteggere il sonno”. Altra non meno importante funzione del sogno veniva però ora ad essere proprio quella di permettere il soddisfacimento del vero creatore del sonno, il pensiero-desiderio rinnegato appartenente all'inconscio del sognatore.

Il sogno veniva ad essere una formazione di compromesso derivante dal conflitto fra il desiderio (inconscio) di soddisfacimento e la censura. In quanto tale, era caratterizzato da

rimozione e controinvestimento, e consentiva comunque uno

“svelamento” delle pulsioni libidiche e aggressive.

Da L’interpretazione dei sogni in poi, Freud formulò la sua teoria sul sognare, secondo la quale era possibile, per ogni sogno, ritrovarne: le fonti; i contenuti manifesti e latenti; le modalità operative del lavoro onirico; gli elementi del sogno che venivano a formarsi in base a precise regole di formazione della scena onirica; la regressione; gli affetti. Ogni sogno era poi passibile di elaborazione secondaria e di un successivo lavoro interpretativo.

 

Le fonti del sogno

In termini strutturali, le fonti del sogno possono essere localizzate come: un impulso dell'Es (un desiderio inconscio rimosso o proveniente da un eccitamento somatico in atto); una catena di pensieri conflittuali preconsci; un desiderio dell'Io (residuo diurno) rafforzato da un elemento inconscio; un desiderio del Super-io, come nei sogni di punizione. Il materiale utilizzato dall'apparato psichico per costruire i sogni si divide in:

  • Materiale recente e indifferente (residui diurni): si tratta di materiale del giorno prima, che può fungere da stimolo al sogno o fornire semplicemente quella materia che serve per dare espressione al desiderio inconscio. I residui diurni sono elementi essenziali dei sogni, perché mentre i desideri inconsci non sono in grado di penetrare nel preconscio, agli elementi recenti e indifferenti è molto più semplice sfuggire alla censura. Se una rappresentazione inconscia rimossa non è in grado come tale di penetrare nel preconscio, lo può fare collegandosi a una rappresentazione appartenente al preconscio, servendosene come copertura e grazie a un meccanismo di spostamento. I residui diurni da soli non riescono a produrre un sogno, hanno bisogno di un desiderio proveniente dall'inconscio.

  • Elementi infantili: per Freud si trattava degli elementi più importanti, perché direttamente connessi a un desiderio inconscio che ha origine nella vita infantile. In ogni sogno dovrebbe essere rintracciabile un elemento che ha a che fare con un desiderio infantile rimosso.

  • Fonti somatiche: Freud distinse stimoli sensoriali esterni (oggettivi) come i rumori; stimoli sensoriali interni (soggettivi) dovuti agli eccitamenti interni degli organi di senso; stimoli corporei interni (organici) dovuti a stati di eccitamento o malattia degli organi interni.

  • Idee consce e preconsce: il desiderio conscio può diventare un suscitatore del sogno solo se riesce a destare un desiderio affine inconscio, con cui si rafforza.

 

Contenuti manifesti e latenti

Freud definì il lavoro onirico come quel processo psichico che consente la trasformazione del materiale onirico latente in quello manifesto del sogno. Essendo il sogno un appagamento allucinatorio di un desiderio rimosso, deve essere mascherato in modo che il suo contenuto originario sia reso irriconoscibile, pur realizzando attraverso un compromesso il suo soddisfacimento. Il contenuto onirico manifesto riguarda tutti gli elementi che il sognatore, al risveglio, ricorda del sogno. Tranne che nei sogni dei bambini e nei sogni di comodità, non coincide con il contenuto latente ed è il risultato del lavoro onirico.

Il contenuto onirico latente contiene il significato del sogno e comprende tutte le parti del sogno non manifeste, alle quali si può accedere solo attraverso l'interpretazione: i desideri inconsci, i pensieri onirici latenti (residui diurni) o comunque il materiale preconscio, e gli stimoli somatici o sensoriali. Il sogno è dunque il risultato di due forze, da un lato la forza psichica del desiderio che lo promuove e dall'altro la censura che determina la deformazione del sogno: è quindi il contenuto latente, non quello manifesto, che contiene il significato del sogno.

 

Il lavoro onirico

Il lavoro onirico consiste nella trasformazione del contenuto onirico latente in contenuto onirico manifesto.

E’ determinato dalla censura onirica, che controlla l’emergere dei desideri inconsci dinamici verso la coscienza ed è responsabile della deformazione onirica.

 

Il sogno manifesto è quindi una formazione di compromesso tra desiderio e censura.

La censura onirica è la funzione che controlla la pressione dei desideri inconsci verso la coscienza, ed è la stessa funzione repressiva che determina la rimozione. La censura è una funzione del sistema preconscio e del Super-io. È la responsabile della deformazione dei pensieri onirici. Lo stato di sonno rende possibile un parziale rilassamento dell'istanza censoria. La censura attraverso la deformazione onirica e l'inibizione affettiva preserva il sonno controllando la manifestazione di desideri inconsci e di aspetti spiacevoli. Solo se i desideri inconsci possono essere mascherati a sufficienza, la censura consentirà la formazione del compromesso vissuto nel sogno e, d'altronde, l'impulso inconscio si serve dell'allentamento della censura per penetrare nella coscienza col sogno. Perché dunque i contenuti rimossi siano soddisfatti tramite il sogno, occorre che siano trasformati attraverso processi particolari di condensazione delle rappresentazioni, spostamento degli investimenti, considerazione della raffigurabilità. Al formarsi del sogno contribuiscono almeno tre fasi: il rafforzamento dei residui diurni preconsci, apparentemente neutri, il destarsi del desiderio onirico, e la regressione topica, per cui gli eccitamenti del preconscio, rafforzati dall'inconscio, giungono alla via della percezione costituendo anche un ritorno all'antico stadio dell'appagamento allucinatorio del desiderio.

 

La formazione della scena onirica

La formazione della scena onirica è possibile grazie all’azione di determinati meccanismi:

  • Raffigurabilità o drammatizzazione. È il carattere psicologico più vistoso: un pensiero deve venire rappresentato in una scena visiva; le idee del sogno si devono manifestare in una scena concreta che è il dramma onirico. La raffigurabilità è legata alla percezione, attraverso la regressione, dato che nel sonno, essendo preclusa la via della motilità, l'eccitamento è costretto a ripercorrere all'inverso la sua strada verso il polo precettivo: durante tale percorso, i pensieri inconsci latenti sono trasformati in immagini sensorie e scene visive, avendo subìto modificazioni da parte della censura. Le rappresentazioni di parola vengono riportate alle originali rappresentazioni di cosa, i pensieri vengono trasformati in immagini. Le relazioni logiche intercorrenti fra i vari elementi del contenuto latente non sono suscettibili di rappresentazioni concreta: infatti il rapporto causa-effetto, l'alternativa o-o, la negazione, sono elementi non suscettibili di raffigurabilità; i pensieri contraddittori coesistono così normalmente nel sogno l'uno a fianco all'altro.

  • Condensazione. È il meccanismo per cui più rappresentazioni possano essere condensate in un unico elemento del sogno manifesto: esso spiega perché dai relativamente pochi elementi presenti nel sogno manifesto possa aversi un contenuto latente molto più ricco. Se ne deduce che ci potranno essere interpretazioni molteplici su uno stesso elemento. Le rappresentazioni che si condensano hanno tra loro dei legami più laschi di quelli che riconosciamo con il processo di pensiero secondario e sono della stessa natura del motto di spirito. Esiste anche un meccanismo opposto rispetto alla condensazione, ossia la dispersione, per cui un’unica rappresentazione può manifestarsi in più elementi del sogno manifesto.

  • Spostamento. È il meccanismo per cui vi è uno spostamento di accento su un elemento inessenziale o indifferente del contenuto manifesto, o per cui viene invertito il tono emotivo proprio di un elemento del sogno. Lo spostamento riguarda la carica energetica degli investimenti delle rappresentazioni: l'accento psichico passa da un elemento importante su uno irrilevante.

  • Rappresentazione per simboli. È il meccanismo per cui, nel sogno, simboli onirici condivisi nel linguaggio comune e, spesso, universali servono per mascherare pensieri latenti (sessuali o aggressivi) inaccettabili e per superare la censura. La simbolizzazione è anche il fenomeno che connette il sonno al sintomo e al linguaggio, secondo un rapporto di analogia. Anche nel linguaggio comune si usano metafore per indicare qualcosa di sessuale, e l'espressione simbolica è fra le forme più primitive di espressione. Tutto il campo dei giochi di parole viene posto al servizio del lavoro onirico. La parola offre molti vantaggi per la condensazione e il travestimento. Prima tra i segni e poi nel linguaggio trovano casa simboli onirici condivisi che hanno a che fare con la sessualità. I simboli onirici più comuni riguardano le figure genitoriali (nel sonno imperatori, re, regine), i bambini (piccoli animali), il corpo umano o il sé (case, castelli, sotterranei), gli organi sessuali (oggetti fallici o concavi), l'atto sessuale (il ritmo, la salita). Questi simboli sono presenti anche nella cultura dei popoli, nei miti e nelle fiabe. Anche nel sogno, come nelle favole, attraverso un simbolo è possibile rappresentare un pensiero latente, erotico o aggressivo, che in tal modo nel sogno può superare la censura.

 

La regressione

Nel lavoro onirico si torna a modalità di pensiero di natura primitiva, con

regressione topica (dalla parola all’immagine),

regressione temporale (verso modi di funzionamento infantile), regressione

formale (modi di espressione concreti). L'attività onirica ha un carattere tipicamente regressivo, in senso contrario alla scarica motoria e verso il polo percettivo: così il desiderio onirico può essere allucinato e far credere nella realtà del suo appagamento. Regressione significa, in questo caso, inversione della normale direzione dei processi di pensiero, dato che l'eccitamento prende una via retrograda, dalla parola all'immagine, dalle rappresentazioni di parola alle rappresentazioni di cose.

 

Gli affetti nei sogni

Gli affetti sono la componente del sogno meno sottoposta a deformazione, tranne che nei casi in cui opera lo spostamento. Solitamente, gli affetti presenti nei pensieri onirici rimangono inalterati o sono annullati. Gli affetti sono molto attendibili per comprendere il significato dei sogni, perché sono separati dalle rappresentazioni, subiscono trasformazioni minori rispetto al contenuto rappresentativo, e sono meno influenzati dalla censura.

 

L'elaborazione secondaria

È l'ultima fase della formazione del sogno. Consiste nel rendere intelligibile e narrabile il contenuto manifesto del sogno, attraverso l’attribuzione di connessioni logiche al materiale onirico. Tali connessioni logiche che non appartengono al materiale inconscio vero e proprio, ma a un'elaborazione che si compie su tutte le percezioni che giungono alla coscienza, perché vi sia attribuibile un significato. Dell'elaborazione secondaria fanno parte quei giudizi, critiche, ragionamenti, che rappresentano le riflessioni seguenti al sogno.

 

Il lavoro interpretativo

Il lavoro interpretativo è proprio del trattamento psicoanalitico: attraverso le libere associazioni su singoli elementi del contenuto manifesto è possibile giungere ai desideri inconsci dinamici. Si parte dal racconto del sogno, dalle associazioni del paziente, e soprattutto dal "negativo": ovunque vi siano lacune nel sogno manifesto, la censura onirica ne è stata responsabile. Anche il rifiuto del paziente a una certa interpretazione o le resistenze ad essa possono essere viste come un aspetto della censura del sogno. Per Freud l'interpretazione completa di un sogno può coincidere con il compimento di tutta l'analisi. Egli sosteneva che durante il trattamento si dovesse usare prudenza, al fine di non comunicare la soluzione di un sintomo o la traduzione di un desiderio prima che il paziente non vi si trovasse talmente vicino da dover fare soltanto un breve passo per impadronirsene egli stesso.

 

Obiezioni ed eccezioni alla legge del soddisfacimento del desiderio

Il desiderio onirico è la forza motrice del sogno per cui il sogno è la realizzazione allucinatoria di un desiderio. C'è nel sogno lo stesso procedimento che porta all'allucinazione primaria: il ricreare in modo allucinatorio le condizioni del soddisfacimento attraverso il processo primario e il prevalere del principio di piacere su quello di realtà. Le più importanti spinte inconsce che promuovono il sogno sono di provenienza infantile, e riguardano soprattutto la sessualità infantile. La teoria del sogno come soddisfacimento del desiderio ha suscitato obiezioni, per cui ci si è chiesto se taluni sogni confutassero tale teoria; in particolare:

  • Sogni in cui facciamo morire persone care. Non sono reali eccezioni alla teoria del sogno come soddisfacimento di desideri, in quanto nei sogni vi è un funzionamento primario tale per cui anche un lieve senso di ostilità, che può avere origini remotissime e infantili, può manifestarsi come desiderio di morte in un sogno.

  • Sogni di punizione. In realtà sono anch'essi promossi da desideri, in questo caso provenienti dal Super-io: tali sogni appagano il desiderio di una punizione inflitta al sognatore per un moto di desiderio illecito, rimosso.

  • Sogni d'angoscia. In essi si può supporre che il desiderio inconscio sia così intenso o così visibile e riconoscibile, che l'intenso eccitamento viene percepito come angoscia. Per gli incubi si può invece supporre un tentativo di proteggere il sonno, anche se a costo di una messa in atto di pensieri onirici terrorizzanti, che riflettono angosce persecutorie del sognatore e un funzionamento schizoparanoide. Sia per i sogni d'angoscia che per quelli di autopunizione, si può dire che la legge dell'appagamento di desiderio non fa eccezione.

  • Sogni traumatici. L'unica eccezione alla teoria del sogno come soddisfacimento di un desiderio è costituita dai sogni traumatici, in cui il sognatore rivive un trauma subito che, in quanto esperienza spiacevole, è escluso dalla pensabilità, ma non dalla proprietà dell'apparato psichico di scaricare questo eccitamento. Così i sogni traumatici indicano un funzionamento dell'apparato psichico al di là del principio di piacere, secondo il principio della coazione a ripetere. Riproponendosi infatti sempre uguale, il sogno traumatico sembra riproporre da parte dell'apparato psichico la scena traumatica, al fine di un tentativo, che ciascuna volta avviene, di scaricare un eccitamento eccessivo e impensabile per tentarne una sorta di controllo; il sogno traumatico potrebbe sembrare anche un tentativo di cicatrizzazione della ferita narcisistica provocata dal trauma.

 

Un esempio di interpretazione psicoanalitica: Freud e i sogni di Cartesio

Freud non si limitò ad interpretare i sogni dei suoi pazienti, ma cercò di provare la sua teoria sui sogni basandosi anche sull’interpretazione di alcuni sogni di personaggi illustri. Un esempio riguarda tre sogni fatti da Cartesio, che furono rilevanti nella sua biografia.

Cartesio, nella sua giovinezza, fece tre sogni che gli segnarono la vita e che lui riportò nel suo scritto Olympica, dove si dimostrò attento anche alla produzione onirica, oltre che ai suoi studi matematico-scientifici. Cartesio era rimasto già a due anni orfano di madre, non era primogenito, ed era gracile di salute; il padre aveva con lui un rapporto molto materno e da subito lo chiamò "il mio piccolo filosofo", indirizzandolo verso gli studi. Per la sua gracilità fisica, il padre chiese al collegio che lo ospitava di non alzarlo per studiare alle 5 di mattina (come avveniva per gli altri studenti), cosicché Cartesio poteva spesso continuare a sonnecchiare e a pensare in uno stato semi-onirico (più libero, meno razionale) fino a tarda mattina, un'abitudine questa che conservò anche in età adulta.

Maxime Leroy, biografo di Cartesio, scrisse a Freud per avere un parere su tre famosi sogni del filosofo, fatti tutti nella medesima notte, e afferenti quindi alla stessa dimensione di pensiero. Questi sogni ebbero per Cartesio carattere iniziatico. Era la notte di San Martino del 1619.

 

Il primo sogno di Cartesio

Nel primo sogno, Cartesio si trovò a provare una sensazione di debolezza al lato destro del corpo; piroettando sul lato sinistro veniva portato dal vento verso il collegio giovanile di La Fleche; vedeva il sagrato di una chiesa e un chiostro dove, in abiti talari, discorrevano sommessamente ma eloquentemente dei gesuiti; uno di essi, vedendolo, lo salutava: "Nobile Cartesio, unitevi a noi! È in corso una disputa a cui non potete mancare. La vostra presenza ci onorerebbe". Cartesio si dirigeva quindi verso la cappella, ma il vento lo spingeva lontano, facendolo roteare.

 

Il secondo sogno di Cartesio

Nel secondo sogno, Cartesio chiamava Padre Fournet, un gesuita suo maestro. Qualcuno richiamava però l’attenzione dello stesso Cartesio, indicandogli un signore nascosto dietro a una colonna, che sembrava avere qualcosa per lui. Era un uomo avvolto in un mantello, sotto il quale nascondeva un grosso melone, rosso come il tramonto, proveniente da un paese straniero: "Proprio a me - si chiedeva Cartesio - vuole offrire quel frutto?". Il filosofo si svegliò ansioso, credendo di essere preda di uno spirito maligno, e si mise a pregare per scacciarlo.

 

Il terzo sogno di Cartesio

Prima del terzo sogno, Cartesio venne svegliato all’improvviso da un tuono, da fulmini e da alcune scintille; il filosofo cercò di convincersi che non c'era nulla da temere, che era stato solo un sogno, che “non è così che si aprono le porte dell'inferno”. Tentò di riaddormentarsi, e sognò di essere nella biblioteca del collegio giovanile. Nel sogno, si sedeva a un tavolo, dove compariva prima un dizionario, poi i cinque tomi del Corpus Poetarum; apertolo, si soffermava sul verso di Ausonio: "Quale cammino sceglierò nella vita?"; quindi appariva uno sconosciuto, che gli faceva leggere il verso "est et non"; lo sconosciuto e il libro scomparivano, ma dopo un po' ricompariva il libro ornato di disegni incisi sul metallo.

 

L’interpretazione di Freud

Freud rispose al biografo di Cartesio, ammettendo la difficoltà di dire qualcosa sul sogno quando il sognatore non c'è. Il sogno non è infatti un oggetto ben definito che si deve solo interpretare: è materiale psichico, una formazione psichica in movimento; e sono fondamentali le successive associazioni fatte dal sognatore. Un sogno ben definito è un trucco, un inganno, un'illusione: l'illusione di poter pensare che il sogno sia qualcosa di nostro che ha un significato, che si può prendere, spiegare, interpretare esaustivamente. Freud definì i tre sogni di Cartesio come "sogni dall'alto", ossia caratterizzati da elementi intellettuali, razionali, a differenza dei "sogni dal basso", pregni di elementi latenti, inconsci, animali. Questi sogni dall'alto sarebbero quasi la testimonianza di un pensiero secondario che si muove nel sogno, almeno a livello preconscio. Secondo Freud, i "sogni dall'alto" di Cartesio presentavano una forma poetica e simbolica. Era come se Cartesio si raccontasse un'allegoria su se stesso, con una forma di controllo consapevole o almeno preconscia tramite cui gestiva una situazione di barcollamento. Cartesio interpretò infatti i suoi sogni riferendoli a una sua situazione di sconvolgimento. Ma ognuno tende ad interpretare propri sogni in modo solo parziale: nessuno può davvero interpretarli completamente. Eppure l'illusione di giungere ad una padronanza di sé esiste in tutti coloro che si occupano di psicologia, anzi diventa una credenza! E tuttavia l'inconscio non è mai padroneggiabile. Ogni sogno ha un ombelico, un punto enigmatico che non consente ulteriori interpretazioni: è il punto non rappresentabile, che ci ricollega al concetto di follia. L'inconscio non è un luogo fisico, non è l'Africa inesplorata, non è un posto di cui sappiamo tutti i confini e le caratteristiche. Si distingue fra inconscio rimosso e non rimosso. Del primo conosciamo meglio il funzionamento, che opera attraverso la rimozione. La rappresentazione rimossa finisce proprio nell'inconscio rimosso, ma essere consapevoli di questa dinamica non vuol dire conoscere tutto su tale inconscio. L'inconscio non rimosso è invece l'Es, il caos, la pulsione, la parte rimanente e sconosciuta della personalità. L'inconscio non rimosso è fatto da affetti-sensazioni, materiale non rappresentativo anche pre-natale inscritto nell'inconscio a livello sensoriale.

Al di là di un certo punto, il sogno non è più pensabile, sconfina in una parte dove il pensiero non ha accesso, e questo punto-limite è anche la forza del sogno, il suo non essere sviscerabile. Se così non fosse, daremmo illusoriamente forza al fantasma della razionalità, dell'illusione riduzionistica di un pensiero onnipotente e onnicomprensivo.

Cartesio aveva associato il melone alla mela dell'Eden, frutto proibito: un interpretazione quasi freudiana! I sogni parlano però un linguaggio multifocale, stratiforme: il melone può essere sia il frutto proibito, sia il risultato di un'invenzione (la teoria eliocentrica galileiana), sia mille altre cose. Possiamo, con le diverse interpretazioni, avvicinarci alla verità, ma mai coglierla definitivamente. Non avremo mai una Verità con la V maiuscola, che stia sopra di noi, ma solo la nostra verità, peraltro eternamente sfumante e sfuggente. Passare da una questione non pensabile ad una forma di pensabilità, implica avere una verità sono precaria, che coglie solo parte di quanto stavamo indagando. È necessario avere una concezione in continuo movimento, consapevole del fatto che qualsiasi interpretazione di un sogno è parziale e mutevole.

Nel primo e nel terzo sogno di Cartesio, era presente il collegio giovanile, di cui evidentemente il filosofo conservava un preciso ricordo affettivo, soprattutto per la relazione affettuosa, filiale, con alcuni insegnanti. È possibile scorgere un aspetto narcisistico nell'invito, rivolto al filosofo, a prendere parte alla discussione, confrontandosi coi Padri: il sogno aveva quindi probabilmente un carattere iniziatico, di passaggio dall'adolescenza all'età adulta. Vi si poteva intravvedere un conflitto fra due poli: i gesuiti e il vento. Il sentirsi sballottato dal vento rivelava un momento di grande fragilità di Cartesio. Il piede sinistro, nel '600, rappresenta il male: c'era il timore di un pensiero che potesse nascere e scostarsi dall'idea di Dio. Cartesio era in forte conflitto riguardo a tale possibilità, temeva il confronto con i Padri e il distacco dalla Chiesa. Viveva un momento di forte angoscia rispetto a ciò a cui stava pensando: i suoi concetti di "sapere" e "conoscenza" erano al limite dell'eretico. Il conflitto era fra il rimanere nella scia dei Padri, della Chiesa, e il seguire altre strade. Era un conflitto non tanto esteriorizzato, quanto interno, assimilabile a quello che ogni adolescente ha con i genitori nel momento in cui diventa adulto.

Va sottolineato, nel primo sogno, il movimento rotatorio, col perno sul piede sinistro. Tale movimento rappresentava la teoria cartesiana dei vortici, secondo cui, come il filosofo pensava, i pianeti ruotavano attorno a se stessi e al sole. Questi pensieri, al limite dell'eresia, evidentemente lo turbavano.

Nei sogni vi erano aspetti al servizio della pulsione di morte e altri aspetti a servizio della pulsione di vita: questa doppia polarità è tuttora un problema della psicoanalisi attuale. Uno psicologo del Sé quale Kohut avrebbe potuto sottolineare la fragilità del sé di Cartesio, evincibile dalla precarietà del non stare per terra, dal farsi trasportare del vento.

Lo sconosciuto nascosto dietro la colonna (simbolo dell'asse del mondo?) riportava ad un aspetto intimorente: un padre, una madre mai conosciuta, Galilei? Lo sconosciuto mostrava il melone orgogliosamente, come se fosse un figlio, e ciò riportava all'idea della madre. Lo sconosciuto è sempre l'inconscio! Anche quell'inconscio che sta "partorendo" un'idea non ancora del tutto chiara ed emersa. Di certo, c'era qualcosa di sconosciuto nell'esistenza di Cartesio, come peraltro in quella di tutti noi.

Secondo l'interpretazione cartesiana dei propri sogni, lo spirito di verità (Dio?) col dizionario aveva voluto mostrare al filosofo l'unità di tutte le scienze. Col Corpus Poetarum aveva voluto dargli l'entusiasmo e la saggezza dei poeti. Col verso "Quale cammino sceglierò nella vita?", gli aveva comunicato il valore della teologia morale; col verso ""Est et non", gli aveva affidato il compito di distinguere il vero dal falso.

Dopo aver dato quest'interpretazione molto rassicurante, mentre stava ancora sognando, Cartesio cadde in un sonno profondo. Era un tentativo autoerotico di spiegarsi qualcosa di inquietante, un pensiero utile a ripararsi dall'angoscia – nel caso di Cartesio un'angoscia data dal porsi domande potenzialmente pericolose. Uno psicoanalista vicino a Cartesio avrebbe potuto dirgli che lo sconosciuto era Galilei, o la madre, e ciò avrebbe avuto un impatto enorme su Cartesio: ci sarebbe stato un conflitto tra due pensieri, non solo l’adeguamento adesivo al precedente pensiero, autoerotico e consolatorio. Il pensiero dell'Altro (l'analista, l'Inconscio) ha un impatto sempre estremamente forte. Avrebbe provocato in Cartesio la nascita di altri pensieri. Ovviamente dev'esserci una situazione di fiducia reciproca fra paziente e analista. Per questo spesso l'analista deve limitarsi a dire al paziente ciò che questi sa già. A volte però è necessario dire qualcos'altro, che possa far compiere un salto al paziente: la diversità (di pensiero) è ciò che consente l'evoluzione! A meno che non sia necessario per il paziente essere confermato in un'auto-interpretazione che mantiene l'autostima, ogni interpretazione può sempre traumatica per il paziente, costituendo una sorpresa, una destabilizzazione!

Il sognare qualcosa cui si è dato lungamente attenzione durante la giornata, è un meccanismo simile a quella del sogno traumatico, per cui si scarica una tensione traumatica. Il sogno traumatico è, come è stato precedentemente sottolineato, l'unica eccezione al sogno come espressione del principio di piacere. Nel roteare cartesiano c'era una traumaticità che nasceva dal suo continuo pensare alla teoria dei vortici. In questo senso si trattava di un sogno parzialmente traumatico (parzialmente perché non vi era la ripetizione continua del trauma, che nei sogni traumatici si verifica in base al principio della coazione a ripetere). L'apparato psichico non è solo un organo come il fegato, ma come il cuore: permette di sentire gli affetti che in nessun altro modo possiamo percepire.

Russo (2006) scrive che "i sogni insegnano che saper creare in modo creativo significa mettere al lavoro il pensiero"; "Il racconto dei sogni è un modo geniale di riparare creativamente: la creazione consente alla follia di essere al servizio della creatività e di non trasformarsi in psicosi". Viene sottolineata così l'importanza del lavoro psichico, su cui si basa il nostro stare al mondo, il nostro stare con gli altri. Al di là delle variabili esistenziali destiniche, il lavoro psichico, la creatività, la costruttività, e gli stessi sogni consentono di trovare delle strade creative per la propria vita. Così fu anche per Cartesio, i cui sogni preannunciarono la rivoluzionaria evoluzione creativa di un pensiero che avrebbe poi avuto importanti ripercussioni non solo sul singolo sognatore e pensatore, ma su tutta l’umanità.





Riferimenti bibliografici

Cartesio (1619): Olympica, tr. it. in Opere, vol. I, Bari: Laterza, 1967;

Facco E. (2010): Esperienze di premorte, Lungavilla (PV): Altravista;

Freud S. (1895): Progetto di una psicologia, tr.it. in O.S.F., vol. II, Torino: Boringhieri, 1970;

Freud S. (1899): L’interpretazione dei sogni, tr. it. in O.S.F., vol. III, Torino: Boringhieri, 1970;

Freud S. (1925): Alcune aggiunte d’insieme alla «Interpretazione dei sogni», tr. it. in O.S.F., vol. X, Torino: Boringhieri, 1970;

Galimberti U. (2006): Dizionario di psicologia, Torino: Utet;

Ghirardini M. (2012): Teoria delle tecniche psicoterapiche, dispense delle lezioni tenute presso l’Istituto di Analisi Immaginativa, Cremona;

Jung C. G. (1964): L’uomo e i suoi simboli, tr. it. Zingonia: Tea, 2008

Mangini E. (2001): Lezioni sul pensiero freudiano, Milano: Led

Russo L. (2006): Le illusioni del pensiero, Roma: Borla

 

 

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