L'amore è un'arte da apprendere

 

Amore e Persona: una teoria della coppia di Antonio Mercurio è un libro che ho incontrato nella mia vita nell'anno 1976.

Nella prima edizione il libro Amore e Persona aveva come sottotitolo: presupposti psicoanalitici ed esistenziali della coppia. L'incontro con questo libro fu amore a prima vista. Ne posseggo ancora una copia di quella prima edizione, e la conservo tra le mie cose più care. Il suo contenuto mi era sconosciuto, ma il titolo mi faceva intuire che all'interno avrei trovato delle pietre preziose dalle quali difficilmente mi sarei separato per il resto della mia vita. E infatti ho appena compiuto 62 anni e mi ritrovo a rileggerlo per scrivere questo mio breve lavoro, per affermare e descrivere ad altre persone la luce e la bellezza che emanano queste due pietre preziose, l'AMORE e la PERSONA, e che emaneranno per i prossimi anni a venire, proprio per la nuova definizione o accezione che Antonio Mercurio dà dell'AMORE e della PERSONA.

Parlare dell'Amore nel periodo storico in cui viviamo è già qualcosa di coraggioso. Scandagliare poi le diverse concezioni dell'Amore e scoprire che molte di queste nulla hanno a che vedere realmente con l'Amore è qualcosa di ancora più grande.

La concezione dell’amore Antonio Mercurio è totalmente innovativa rispetto a tutte le precedenti e fondamentalmente distingue due tipi da Amore: un amore a livello psichico e un amore a livello esistenziale.

L'amore a livello psichico è quello come passione e come sentimento, aspetti che nella crescita di una persona è necessario vivere consapevolmente, in quanto fasi psichiche che devono essere attraversate e vissute, per poterle poi superare ed entrare in maniera più consapevole nella realtà esistenziale, ovvero quella della scelta d'amore libera e consapevole.

Nelle fasi evolutive dello sviluppo psichico, intrauterina, orale, edipica, ecc. nel rapporto tra due persone c'è sempre una disparità, nel senso che c'è sempre uno scambio affettivo dove uno dei due partner da di più e l'altro di meno. Questo perché nel rapporto affettivo originario con la madre  dalla totale dipendenza si passa ad un rapporto di progressiva autonomia e indipendenza.

A livello esistenziale il rapporto si caratterizza invece per la libertà e per la parità nel dare e nel ricevere affetto e amore. La concezione dell'Amore proposta da Antonio Mercurio è orientata verso lo sviluppo di un Amore maturo, inteso come unione di due Persone, ma a condizione che venga preservata l'integrità e l'individualità di entrambi, cioè la possibilità per ciascuno dei due di sentirsi realizzato nelle sue potenzialità e rispettato nelle sue esigenze. L'amore adulto e maturo non deve confondersi con l'unione simbiotica, dove si tende  a rendere prigioniero l'altro, a togliergli la libertà e a metterlo in uno stato di continua e totale dipendenza, come del resto avviene nella relazione tra madre e figlio, dove l'uno ha assolutamente bisogno dell'altro e viceversa. Può accedere quindi che, nel caso in cui un rapporto simbiotico tra adulti diventi troppo minacciante, una persona che possiede già una base sufficiente di identità decida di romperlo per non restare completamente annullata.

Un'altra tematica di fondamentale rilievo messa in luce da Antonio Mercurio nel suo libro è la volontà di potere che esiste nell'uomo, a volte manifesta, ma il più delle volte camuffata in diverse forme sottili. Analizzare la tematica del potere nelle relazioni affettive è un altro aspetto totalmente nuovo, praticamente ignorato in precedenza. Antonio Mercurio riconosce alla donna una maggiore capacità di amare, e poiché è la donna che porta in grembo sia il maschio e sia la femmina, essa ha anche una maggiore responsabilità se fallisce nel suo compito di amare. L'antagonismo tra due poteri nella coppia può essere sciolto solo se la donna si assume questo superamento, perché è lei che detiene il maggior potere. Quindi per un rapporto sano e d'amore maturo, nella coppia è necessario che la donna riconosca il suo maggior potere e l'uomo riconosca il suo potere minore.

            Oltre definire e approfondire i due tipi di amore, l'amore passione che appartiene alla dimensione psicologica e l'amore azione che appartiene alla dimensione esistenziale, Antonio Mercurio chiarisce i concetti di Unità, Unione, Possesso e Dono, aspetti centrali nella crescita dell'Io di una persona e nelle relazioni interpersonali. Su questi temi la genialità e la visione rivoluzionaria di Antonio Mercurio diventano di particolare rilievo. Per una migliore comprensione, quindi, riporto in sintesi la lezione X del libro, perché la ritengo molto importante per penetrare a fondo il suo pensiero su unità e unione, possesso e dono, come momenti dialettici della crescita dell’Io.

Il  bambino piccolo normalmente desidera possedere la madre per superare l’angoscia dell’essere due e arrivare all’unità. Prima di realizzare questo possesso il bambino non solo è diviso dalla madre, ma è anche diviso in se stesso: da una parte è un «Io» piccolo e dall'altra è un «Io» grande proiettato sulla madre. Col possesso della madre riporta dentro questa parte importantissima di sé che aveva proiettato fuori. Quindi possedere la madre significa per il bambino possedere se stesso con pienezza, con sicurezza; significa integrare se stesso nell’unità. L’unità con se stesso presuppone quindi l’unità con la madre. L’unità si ottiene col possesso, che è l’essenza della fase edipica. Ma una volta goduto il possesso della madre, la crescita dell’Io esige il superamento di questa fase. Alla fase del possesso deve seguire la fase della separazione e del distacco. L’Io diventato uno deve diventare autonomo dalla madre.

Una volta fatta l’unità con la madre, bisogna arrivare a fare l’unione con il cosmo. La madre era il mondo conosciuto, intimo, visceralmente prossimo. Il cosmo è l’estraneo, il totalmente altro, l’incognito. Tra l’Io del bambino e il Tu della madre non c’era piena alterità e differenza, mentre tra l’Io di un uomo e il Tu di una donna, pienamente maturi, c’è totale alterità e differenza. Solo nella fusione di due alterità totalmente autonome, prima estranee ed ora compenetrate intimamente, l’uomo conquista il cosmo e raggiunge il massimo della sua felicità.

Questa fusione tra due esseri adulti esige un totale rovesciamento del modo in cui il bambino ha raggiunto l’unità con la madre. Là il modo era il possesso, qui è il dono. La madre doveva donarsi perché il bambino la possedesse totalmente; invece l’uomo deve donarsi perché la donna possa riceverlo totalmente come dono e viceversa. Lì la crescita dell’Io avveniva appropriandosi della madre. Qui l’espansione dell’Io avviene offrendosi e abbandonandosi totalmente all’altro.

Sintetizzando: l’unità si raggiunge con il possesso, l’unione si raggiunge con il dono.

Chiariamo adesso cosa significa dimensione psicologica e dimensione esistenziale.

Chiamiamo dimensione psicologica l’insieme della tappe necessarie per costruire un Io maturo e autonomo. Chiamiamo dimensione esistenziale lo spazio nel quale si muove l’Io maturo, libero e autonomo per situarsi di fronte alla realtà di un Tu e del mondo.

Se la dimensione psicologica non è stata vissuta pienamente o non è stata vissuta affatto, questa tappa saltata nell’infanzia si sposta necessariamente all’età adulta. Il bisogno di vivere il possesso edipico, infatti, è il primo fattore che porta all’amore-passione.

Se invece la dimensione psicologica è stata pienamente vissuta, alla piena realizzazione della dimensione esistenziale (cioè alla libertà e all’amore) si oppongono la paura di perdersi e il rifiuto di amare per orgoglio ed egoismo. Questo rifiuto orgoglioso ed egoista di amare è un secondo fattore che porta all’amore-passione.  Dunque l’amore-passione è originato:

1)  nella dimensione psicologica: dal possesso edipico non realizzato, o realizzato male.

2) nella dimensione esistenziale: dalla paura di perdersi, dalla paura di amare, dall’orgoglio e dall’egoismo.

L’esplorazione della relazione di coppia secondo le nuove direttive date dal ruolo della dimensione spirituale, apre uno scenario totalmente diverso per tanti aspetti della coppia che continuano ad essere visti in modo tradizionale e solo dal versante psichico. Uno di questi temi è quello della fedeltà nella coppia intesa come fedeltà alla Persona.

Cosa è la Fedeltà per Antonio Mercurio?

La fedeltà è la capacità di un Io di scegliere liberamente un Tu per donarsi a lui per sempre, e così realizzarsi entrambi al più alto grado. Dunque la fedeltà può nascere soltanto da una personalità matura, libera, autonoma, sicura. La scelta del partner è libera, ma una volta che l’ho scelto e gli ho promesso fedeltà, se mi rifiuto di amarlo sono colpevole. Sono colpevole non solo rispetto al partner, ma anche rispetto a me stesso, perché se non amo non mi realizzo pienamente come persona.

Se lo scopo della fedeltà è la creazione dell’altro come Persona, è evidente che «fedeltà» non può significare «fedeltà fisica». Lo scopo della fedeltà fisica è la sicurezza come rimedio alla propria insicurezza. Chi è insicuro sarà propenso a vedere il matrimonio come un contratto, non come un atto di donazione libera che si rinnova giorno per giorno. Oltre alle insicurezze di tipo personale, ce ne sono altre di tipo sociale e culturale che influiscono sull’idea di fedeltà.

            Ancora più in profondità, attraverso il tema della divergenza per la convergenza, Antonio Mercurio trasfigura in una luce totalmente nuova un altro aspetto centrale che muove il progetto profondo nella coppia. 

            In un rapporto d’amore basato su una scelta libera e matura, ciascun partner deve avere la possibilità di divergere temporaneamente dall’altro, se questa divergenza gli consente una maggiore realizzazione. Questa possibilità di divergere quando è necessario richiede un profonda stima reciproca. Il giusto andamento del rapporto è dunque una serie di convergenze e di divergenze, finché si arriva ad un punto di fusione massima. A quel punto, si entra in un amore circolare che investe tutta l’umanità. Se invece il rapporto è solo un egoismo a due, ad un certo punto incomincia una divergenza all’infinito. Oppure un partner rimane fermo, mentre l’altro diverge quanto vuole; ma in questo modo non si hanno più momenti di unione reale.

            I maggiori movimenti di divergenza sono richiesti dalla necessità di superare le proiezioni. Quando uno dei due partners è nella necessità di divergere, può divergere non contro l’altro, ma per l’altro. Se invece diverge per egoismo è chiaro che distrugge la coppia e l’altro. Se una divergenza è contro non è più nemmeno il caso di parlare di coppia; se è per, anche se momentaneamente un partner diverge al massimo, in qualche modo è sempre per il bene della coppia. Tutti i dilemmi e i contrasti che si presentano nella vita di coppia tra i diritti di un partner e quelli dell’altro, si possono risolvere volta per volta solo se ci si mette in un’ottica di amore. Tra diritto e diritto ci può essere contrasto; tra diritto e amore non può esserci contrasto. L’amore non è senza leggi, ma ha le sue leggi. Sono leggi interne alla dialettica dell’amore, non sono leggi civili o esterne. Il nuovo incontro dopo una divergenza non è più allo stesso livello per entrambi i partners, ma è senz’altro ad un livello più alto rispetto all’incontro precedente. Una eventuale differenza di maturità non nuoce, perché il partner più maturo è capace di accettare l’altro meno maturo.

La capacità di Antonio Mercurio di scavare in profondità e rivoluzionare i paradigmi precedenti a favore di posizioni di molta maggiore crescita e realizzazione esistenziale per l’essere umano, si applica in particolare anche al tema dell’Edipo, proposto nel libro in una visione che

differisce moltissimo da quella psicoanalitica di Freud, sia a livello teorico che a livello terapeutico: differenza che riguarda sia la soluzione del complesso edipico e sia la soluzione del problema dell’aggressività e della distruttività.

Per Freud il bambino desidera uccidere il padre e possedere la madre e la soluzione “normale” di questo complesso sarebbe che il bambino, rendendosi conto che la madre appartiene al padre, rinuncia spontaneamente a lei, identificandosi col padre. Ma poiché questa rinuncia spontanea non si verifica mai, il bambino spinto dalla paura di essere castrato per il suo desiderio edipico, lo reprime o lo rimuove.

La repressione e la rimozione rappresentano una pseudosoluzione che porta alla nevrosi. Di fronte alla nevrosi edipica del paziente, l’analista freudiano lo guida alla soluzione «normale» del complesso, portando innanzitutto alla coscienza il contenuto edipico rimosso e invitando poi il paziente a rinunciare al desiderio edipico.

Quindi per Freud: si esce in modo nevrotico dall’Edipo, perché spinti dalla paura della castrazione  che rimane per sempre; non è mai possibile una liberazione completa dell’Edipo; al massimo se ne possono mitigare le conseguenze negative, oppure si può sublimare in tenerezza il desiderio della madre; o ancora si può realizzare simbolicamente con una persona che rappresenta la madre.

Sempre secondo Freud, per la bambina il processo è un po’ diverso: la bambina comincia col desiderare la madre (perché è la prima persona con cui entra in rapporto affettivo) e ad essere ostile al padre. Si parla perciò di Edipo negativo; quando la bambina si scopre priva del pene, sente ostilità per la madre che l’ha fatta nascere così e questo complesso di castrazione la spinge ad amare il padre. Inizia così l’Edipo positivo. Dunque nella bambina avviene il contrario di quanto avviene nel bambino: spinta dal complesso di castrazione entra nell’Edipo, ma non uscirà più dall’Edipo per tutta la vita.

Per Antonio Mercurio finché il bambino si trova nella situazione pre-edipica (simbiotica), si sente tutt’uno con la  madre, e quindi non desidera possederla. Verso i due anni però il bambino tende ad uscire dalla situazione simbiotica. Se la madre non accetta di morire al possesso simbiotico perché vive il figlio come il possesso del pene che non ha avuto, non permette il distacco e provoca nel figlio il nascere di una psicosi o di una nevrosi. Se il distacco avviene, si pone il primo pilastro fondamentale per la creazione della persona del bambino. Questo è un miracolo della madre, che accetta che il figlio si distacchi da lei, ed è anche il miracolo del bambino, che accetta di distaccarsi.

La persona quindi, nasce da un miracolo d’amore dell’uno e dell’altra.

Dopo il distacco il bambino, sentendosi diverso dalla madre, spinto dalla polarità dei sessi, vuole entrare con lei in un rapporto diverso: essendo stato completamente posseduto, vuole capovolgere la situazione ed essere lui a possedere completamente la madre. Entra così nella fase edipica. Riuscire a possedere la madre significa affermare ancora una volta la crescita dell’io come essere personale, riconosciuto come tale sia dalla madre che dal padre.

La soluzione quindi del complesso edipico dipende in larga misura dall’atteggiamento dei genitori. Se i genitori sono immaturi e incapaci di amare, parte già da loro la volontà di uccidere: la madre uccide il figlio strumentalizzandolo come fosse il suo pene, il padre lo uccide castrandolo perché lo sente come un rivale. Il figlio quindi svilupperà una nevrosi o una psicosi.

Se invece i genitori si amano autenticamente, e impostano la vita di coppia secondo lo schema della divergenza per la convergenza, è possibile per il bambino una soluzione normale, ideale, dell’Edipo.

La soluzione normale del complesso edipico, secondo Antonio Mercurio è dunque:

a)  che la madre rinunci a dominare il figlio e accetti di farsi piccola e di farsi possedere da lui, cioè che si doni a lui;

b) che il padre doni la madre al figlio, per il tempo della fase edipica;

c) che il figlio affronti e superi il senso di colpa e viva serenamente, finché ne ha bisogno, il possesso della madre.

Occorre inoltre precisare che il padre, anche se è maturo e capace di amare, deve comunque superarsi affrontando il costo della sofferenza, per donare la madre al figlio. Questa sofferenza, che si pone come ostacolo, è utilissima al bambino, il quale ha bisogno di vivere il possesso della madre come una conquista, non come un dono facilitato al massimo. Infatti il bambino si afferma anche affrontando il senso di colpa che giustamente si crea in lui nel confronto con il Super-Io paterno. Una volta che il bambino ha vissuto a sufficienza il possesso della madre, diventa possibile che se ne stacchi spontaneamente e la ridia volentieri al padre, per entrare poi nella fase di latenza o in una fase di Edipo negativo col padre.

Se il bambino ha superato normalmente il complesso edipico, quando il problema insorge di nuovo più acuto nell’adolescenza, è facilitato nel risolverlo. Infatti, ricordandosi che in passato il padre gli ha donato la madre, può rinunciare a lei e donarla al padre. Poi può volgersi alle altre donne, perché non è per niente castrato né dalla madre né dal padre né da se stesso. Comportarsi così richiede all’adolescente comunque un superamento, poiché non è una cosa spontanea, che avviene senza sofferenza. L’essere umano deve sempre confrontarsi col problema del bene e del male. L’aver vissuto situazioni ideali non implica necessariamente il dare sempre risposte ottimali.

È infatti possibile che il bambino possa preferire rubare la madre al padre, anche se questi è disposto a donargliela.

Gli stessi principi valgono per la soluzione dell’Edipo nella bambina. Il cui sviluppo ideale, sempre nel contesto di amore e di maturità, possiamo descrivere così:

nella fase pre-edipica, la madre accetta la bambina con amore, superando tre grossi ostacoli:

1)  Elimina la tentazione di proiettare sulla figlia l’odio che lei, la madre, nutre verso sua madre per non essere stata accettata da lei quando era bambina. Cioè spezza un processo di odio a catena che si tramanda da secoli di madre in figlia per motivi di rivalità e di sfruttamento.

2)  Elimina la tentazione di porsi come rivale della figlia e di odiarla a causa dell’amore che il marito potrebbe rivolgere alla figlia. La madre è sicura della sua femminilità e della sua capacità di amare e di essere amata e perciò non si sente minacciata dalla figlia, ma, al contrario, la vive come una estensione del suo amore creativo e fecondo nei confronti di se stessa e soprattutto del marito.

3)  Elimina la tentazione di dominare la figlia per possederla come sua appendice in eterno, strumento di consolazione e di compensazione, ovvero terreno riservato all’uso incontrastato del suo potere.  La madre dona il suo potere alla figlia e la rende persona libera ed autonoma, soggetto di potere e non già solo oggetto di dominio.

Accettata ed amata mediante il superamento di questi ostacoli, la bambina vive serenamente il suo possesso della madre e quindi si stacca dall’Edipo negativo ed entra in quello positivo, non perché si sente castrata e priva di pene, ma perché ha una vagina con cui possedere in dono (simbolicamente) il pene del padre, nella giusta e spontanea attrazione della polarità dei sessi.

Così, nella fase edipica la madre fa il dono del marito alla figlia, che non è per niente afflitta dal complesso di castrazione, ma è sicura della sua femminilità da offrire al padre e desiderosa dell’incontro con il maschile del padre, perché questo incontro possa valorizzarla e svilupparla pienamente come donna.

Nell’adolescenza poi, sarà lei stessa a restituire in dono il padre alla madre e ad aprirsi all’incontro con l’uomo, libera da qualunque schiavitù edipica.

Chiaramente questa è una situazione ideale che, storicamente, si è realizzata solo in pochi casi. Nella maggior parte dei casi, invece, abbiamo la situazione di castrazione descritta da Freud.

Poiché raramente in questa società i genitori sono maturi e capaci di amare, in genere i figli non risolvono in modo normale il complesso edipico, ma lo reprimono e lo rimuovono. Per questo motivo attualmente, nella nostra civiltà siamo tutti in una situazione incestuosa, non riconosciuta come tale solo perché l’incesto non è attuato fisicamente.

Da questa situazione incestuosa, legata alla rimozione del desiderio edipico, Antonio Mercurio, al contrario di Freud, afferma che è possibile liberarsi pienamente, vivendo nell’età adulta quello che non è stato possibile vivere da bambini. Chi non vuole risolvere la situazione edipica significa che vuole rimanere nell’incesto. Si condanna anche a non diventare mai pienamente maturo, libero, capace di amare, e quindi felice. Se la rimozione (e quindi la nevrosi) non è stata troppo forte, il complesso edipico può essere superato anche senza bisogno dell’analisi. Infatti molti vivono senza saperlo, il rapporto incestuoso con la madre proiettato su una donna e successivamente se ne liberano.

A differenza dell’analista freudiano, seguendo i principi proposti da Antonio Mercurio il sophianalista porta alla luce il desiderio edipico rimosso e aiuta il paziente a riconoscere, con consapevolezza critica, le sue proiezioni e, attraverso di esse, vivere oggi fino in fondo quello che non ha potuto vivere ieri.

Se ci si trova a vivere da adulti la situazione edipica non vissuta nell’infanzia, necessariamente la sessualità  adulta deve essere inserita nella situazione edipica, mentre il bisogno sessuale di possesso della madre da parte del bambino non richiede il rapporto fisico (che del resto non si potrebbe compiere), sono sufficienti attenzioni, coccole, tenerezze e affetto.

Questo ideale di liberazione totale non si può proporre a tutti, ma solo a chi lo desidera e ne è capace, perché costa tremendamente da adulti affrontare e tagliare i legami col padre e con la madre. Inoltre nella società attuale chi vuole veramente liberarsi va incontro a gravi difficoltà, tanto più gravi quanto più è grave il suo complesso di castrazione e il masochismo da una parte, e quanto più è grave dell’altra l’odio, di chi non vuole o non può liberarsi, contro quelli che si liberano.

In conclusione possiamo dire che Antonio Mercurio non accetta quello che Freud riteneva normale, cioè la rimozione e la repressione delle pulsioni dell’uomo a vantaggio della società, ma afferma che bisogna eliminare l’egoismo malsano non le pulsioni e arrivare ad una liberazione totale dell’uomo, fatto che diventa possibile in un contesto di Amore. Freud non ha mai capito profondamente cosa sia realmente e cosa significhi l’Amore, che considera solo come un evento psichico, effetto delle spinte di eros, e quindi solo espressione di sentimenti e passioni.

La concezione dell’Amore come decisione individuata e proposta da Antonio Mercurio riconosce all’essere umano la possibilità di liberarsi dalle catene dei meccanismi psichici e crescere nella dimensione spirituale per realizzarsi pienamente, sia nella sua identità di Persona, sia nel rapporto con un Tu. Questo modo di intendere e praticare l’amore apre le porte alla crescita e alla più profonda realizzazione nel cammino di coppia, non solo nel rapporto uomo-donna, ma anche nel modo di intendere i rapporti genitori-figli e quindi la crescita nella famiglia.

Attraverso il libro Amore e Persona, Antonio Mercurio ha lanciato una nuova e rivoluzionaria prospettiva che riconosce alla coppia il valore decisivo nella crescita della capacità di amare. Dalla forza propulsiva dell’Amore come decisione nasce la Persona e un potere radicalmente innovativo all’interno della coppia.

Tutte queste idee emergono dalle profonde trasformazioni personali di Antonio Mercurio e passano attraverso la fucina del rapporto con sua moglie Paola Sensini, per essere quindi proposte con tutta l’autenticità di averle verificate nella propria vita.

Questo ponte luminoso gettato verso il futuro è un dono inestimabile per chi desidera svilupparsi come Persona più vera e più umana, capace di amarsi, amare ed essere amato nella libertà. Costellato di tanti punti di luce, il libro Amore e Persona contiene le indicazioni preziose per il cammino di trasmutazione di se stessi e per i delicati passaggi verso una nuova alchimia nel rapporto con un Tu. Come una guida sicura, ci consente di giungere a sprigionare al più alto livello tutto il potenziale di bellezza della propria realizzazione personale e insieme della piena fusione creativa nella coppia.

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