Perché andare in psicoterapia? L'uscita dal labirinto….

Spesso quando si va dallo psicologo non lo si va  a dire in giro (anche se negli ultimi tempi questa tendenza si sta attenuando), spesso si dice genericamente vado dal “dottore” (che è corretto nel senso di dottore in psicologia) oppure si giustifica la cosa con un evento una difficoltà di vita  e relazionale. Infatti una madre può dire: “sai  mio figlio non riusciva più a seguire a scuola; lo abbiamo dovuto far seguire da uno psicologo“.

Se questo pudore è legittimo, vorrei però analizzare con voi la sua origine. La causa di questo pudore (oltre che nella privacy) potrebbe risiedere proprio nelle rappresentazioni che ciascuno di noi ha della  psicoterapia.

La prima è che se si va in psicoterapia  qualcosa è andato storto, ci si deve liberare di qualche sintomo che non ci permette di condurre indisturbati la nostra abituale esistenza.

Spesso quando non riusciamo più gestire il nostro lato emotivo usiamo delle metafore corporee , sono stanca, sono spossata, mi sento debole, al massimo sono stressata, ma poi non sappiamo individuare cos’è che non va, la prima cosa che proviamo a fare è attendere che passi, a volte ciò funziona, a volte siamo costretti a farci aiutare.

Le varie ricerche ci dicono che quale sia la motivazione iniziale poi con l’andare avanti del trattamento emerge una nuova visione da parte del paziente, una capacità a lavorare in psicoterapia.

Questo passaggio è frequente tanto che molti terapeuti stipulano un contratto iniziale col paziente in cui vengono chiariti orari costi, modalità di revoca delle sedute, ma anche e soprattutto obiettivi da raggiungere. Questo è il caso degli approcci  di psicoterapia breve dove il primo ciclo di sedute ruota intorno all’obiettivo più urgente e in media comporta una serie di sedute per un anno circa. Una volta quindi eliminati l’attacco di panico ect… non sono pochi i pazienti che riformulano un altro contratto e decidono di rimanere in terapia.

Perché questo passaggio? Dove sta la svolta dall’aiuto sto male al voglio continuare a venire per conoscere meglio me stesso/a.  la risposta risiede nella ricerca di senso che sempre ha interrogato gli esseri umani …. Tranquilli non sto pensando di  rifarvi la storia della filosofia. Solo vorrei sottolineare che cercare il senso della propria vita è sempre stato un compito fondamentale per ogni essere umano in ogni momento storico.

 

Tecniche come l’iniziazione a particolari insegnamenti,  i misteri orfici di efeso, l’enneagramma che tanto oggi viene usato, altre tecniche proiettive, come la risoluzione del labirinto fanno parte della storia della mitologia, proprio perché sono tutti metodi della ricerca del senso del percorso dell’individuo

e della ricerca del mandato, dei talenti nascosti che racchiude la ricerca ogni vita.

Nucleo di partenza e di ritorno nella  mitologia antica di questa ricerca era il concetto sé, anima, spirito o comunque di un principio che conferiva identità, finalità all’individuo e lo collegava col cosmo

 

Questa ricerca è poi stata oscurata, messa in ombra per molti secoli nella storia del pensiero occidentale, dove si sono sviluppati due binari paralleli quello della ricerca scientifica che si occupava del corpo dell’uomo e dei fenomeni naturali e la filosofia e la teologia che continueranno ad occuparsi dell’anima, concetto che però scisso dal corpo perde di significato

Potremmo riassumere ciò cosi:

Mentre  i Padri della cultura occidentale gli ebrei e i greci, riguardavano come fine della vita “la perfezione dell’uomo, i moderni sono solleciti nella perfezione delle cose. Fromm pag 87 di  “Zen e psicoanalisi

Ma è proprio alla fine del 1800 con l’avvento dell’era moderna, che questo doppio binario spirito-materia, va in crisi. Questo è anche il momento in cui nasce la psicanalisi, che fu una rivoluzione copernicana non solo nella cultura alta ma anche nel modo di sentire dell’uomo della strada. Infatti è vero che la psicoanalisi è stata una risposta alla crisi “spirituale” dell’occidente, nel senso che è stata fin dai suoi primordi più che una cura dei sintomi, una via per molte persone per trovare se stessi, e scoprire perché sono nati. Lo stesso Ellemberger  storico della psicoanalisi parla di movimento psicoanalitico. Inoltre Fromm  sostiene che in Freud e nella sua scoperta  ci sia un approccio olistico alla teoria della cura e al paziente per alcuni aspetti del metodo psicoanalitico; per esempio FREUD ERA DISPOSTO AD ANALIZZARE  PER 1,2,3, ANNI LE PERSONE, ANCHE QUI SUPERANDO IL CONCETTO DI EFFICIENZA.Su questo punto,Fromm afferma che:“Freud oltrepassa il pensiero dell’occidente in un punto della massima importanza” (Fromm Zen e psicoanalisi pag 88 ).

Quindi possiamo concludere che

fin dall’inizio la psicoanalisi  che non costituisce solo una pratica per curare malattie mentali, e quelli che sono emarginati dalla società per causa delle stesse ma un  metodo per la ricerca del benessere.

Oggi poi gli approcci si sono moltiplicati avendo gli utenti della psicoterapia varie proposte, incentrate non per forza nell’analisi dei vissuti dell’infanzia, quindi ogni persona nella sua singolarità può scegliersi il metodo terapeutico e il terapeuta più adatto a sé e al suo momento di vita.

Optare per questa scelta non significa, ammettere le proprie debolezze, o far passare il messaggio di essere “malati” ma acquisire un bagaglio di autoconsapevolezza, che ci permettere di uscire dal traffico del labirinto della nostra giornata, trovare il senso specifico della vita di ciascuno e prevenire futuri “incidenti di percorso”

Dalle ricerche sulla psicoterapia si vede che infatti,oggi, la maggior parte dei pazienti che va in terapia non lo fa per guarire da una malattia e rimuovere i sintomi, ma per la ricerca del benessere e della propria realizzazione, siamo nella situazione che il metodo olistico non

è una variante della terapia ma è la terapia stessa

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