Amore e ansia in adolescenza: tra bisogno e inquietudine

L’amore in adolescenza rappresenta una dimensione centrale dello sviluppo emotivo, ma anche una fonte frequente di ansia e disagio psicologico. In questa fase molto delicata della crescita, caratterizzata da profondi cambiamenti identitari, affettivi e relazionali, i legami sentimentali e la loro influenza sui giovani si amplificano in maniera esponenziale.

Capita frequentemente che l’amore non nasca per la persona reale ma per l’idea che ci si è costruiti dell’altro. Il legame emotivo si instaura verso immagini idealizzate, con l’illusione che l’altro possa colmare, in qualche modo, un senso di mancanza personale.

L’idealizzazione dell’altro, però, genera aspettative irrealistiche e può alimentare un amore fittizio, in cui la persona con la quale si interagisce non è riconosciuta nella sua alterità, ma investita del compito di guarire ferite antiche. Il sentimento che si fa eco di bisogni infantili, nel tentativo inconsapevole di recuperare la simbiosi originaria, quella sicurezza primaria del corpo materno.

In questo scenario complesso e delicato, l’ansia si manifesta sotto diverse forme: paura dell’abbandono, ipersensibilità al rifiuto, gelosia, bisogno costante di conferme. La relazione sentimentale, anziché essere un luogo di libertà, crescita e condivisione, si trasforma in un contenitore precario di insicurezze profonde. L’ansia amorosa, spesso, non è altro che il segnale di un sé fragile che fatica a tollerare l’incertezza e la separazione.

A rafforzare tali dinamiche entra in gioco il contesto sociale e familiare. Senza l’ascolto empatico e una legittimazione della sofferenza, l’adolescente si sente isolato e non compreso. In parecchi casi il dolore viene minimizzato o deriso, con frasi svalutanti che impediscono un’elaborazione affettiva autentica. Eppure, per creare le fondamenta di un ambiente affettivo sicuro occorre legittimare il dolore amoroso.

L’ansia che emerge nelle relazioni adolescenziali non riguarda solo l’altro, ma soprattutto il modo in cui si reagisce a ciò che l’altro rappresenta. Spesso a riattivarsi è un’antica insicurezza non elaborata. Il disagio nasce quando emozioni come il rifiuto, l’umiliazione o l’abbandono riemergono con intensità sproporzionata rispetto agli eventi vissuti. Perché accade? Perché l’ansia si aggrappa alle esperienze emotive che definiamo irrisolte del passato.

L’ansia entra in gioco e così espressioni comuni come l’evitamento, la tendenza al controllo e la dipendenza emotiva. La paura è quella di non riuscire a sostenere la sofferenza, sviluppando comportamenti che, nel tentativo di proteggere da quel dolore, finiscono per alimentarlo. Occorre comprendere l’origine dell’ansia e distinguerla dalla realtà oggettiva. È il primo step per lasciarsela alle spalle.

È un passaggio fondamentale. L’evoluzione del rapporto, quando l’ansia prende il sopravvento, può abbracciare sentieri differenti: in alcuni casi si rinuncia per paura della sofferenza mentre in altri si resta agganciati a relazioni dannose per il timore di non trovare alternative.

La passione, invece di essere uno spazio di condivisione, viene utilizzata per tappare vuoti interiori.

La sua funzione è così compensatoria. Dal punto di vista psicologico, nasce la necessità di intervenire su vari livelli.

Tecniche come la respirazione controllata o il radicamento sensoriale aiutano a regolare gli stati di ansia acuta. Per un lavoro più approfondito occorre rielaborare modelli relazionali interiorizzati e credenze disfunzionali.

Infine, un argomento attuale, dibattuto e altresì estremamente importante: l’amore autentico.

Esso gioca un ruolo decisivo nel poter aiutare i giovani a distinguere tra un legame sano e uno tossico, tra la dipendenza emotiva e l’autenticità del legame, permettendo di costruire relazioni più consapevoli. L’obiettivo non è insegnare a non soffrire, ma a soffrire in modo sano, imparando a conoscere meglio se stessi.

L’adolescenza è anche un laboratorio emotivo in cui sperimentare e sbagliare. Accompagnare i giovani in questo processo significa offrire strumenti, ma anche sguardi che non giudicano. Sentendosi accolti, anche nella fragilità, possono imparare a costruire relazioni che non siano gabbie, ma spazi in cui crescere.

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