Figlio adolescente scontroso

Alberto

Mio figlio di15 anni non si applica a scuola non fa nulla a casa ed è sempre scontroso e cupo. Ora vuole fare quello che vuole comprese uscite notturne senza orario. Provoca in continuazione con frasi spiacevoli appena gli si chiede di fare qualcosa. Ora vista l'esasperazione siamo purtroppo arrivati ad uno scontro fisico in cui ha cercato anche una reazione. Ha detto che non vuole neanche più chiamarmi padre e di non parlargli mai più. Io ci sto malissimo e lui è bello tranquillo che gioca alla play station ridendo con gli amici. Un consiglio? Grazie

5 risposte degli esperti per questa domanda

Capisco profondamente quanto tu stia soffrendo in questo momento. Quando un figlio adolescente si allontana così bruscamente e il clima familiare si trasforma in scontro e tensione è doloroso e destabilizzante. Quello che descrivi, cioè disinteresse per la scuola, oppositività, chiusura affettiva, bisogno di libertà estrema e provocazioni verbali, rientra purtroppo in un quadro piuttosto tipico dell’adolescenza, soprattutto quando dietro c’è una forte ricerca di identità e autonomia. Tuttavia il fatto che si sia arrivati a uno scontro fisico indica che la situazione è ormai carica di rabbia reciproca e necessita di un intervento calmo ma deciso per proteggere sia lui che te. In questa fase la cosa più importante è interrompere la spirale del conflitto. Ogni volta che si risponde alla provocazione con durezza o esasperazione il ragazzo non percepisce il limite come un gesto d’amore o di cura ma come un attacco e reagisce per difendersi. È fondamentale che tu riesca a recuperare una posizione di calma e fermezza mostrando che il rispetto reciproco è una condizione non negoziabile ma senza scivolare nel terreno dello scontro di potere. Ti consiglierei se possibile di coinvolgere un professionista, uno psicologo familiare o un terapeuta dell’adolescenza, per creare uno spazio di mediazione in cui entrambi possiate esprimervi senza giudizio e con la guida di una figura neutra. Spesso dietro la rabbia di un ragazzo di quindici anni c’è confusione, frustrazione o un bisogno di essere ascoltato e riconosciuto come più grande anche se in modo disfunzionale. Mostragli che nonostante tutto tu ci sei e che sei disposto a parlargli solo quando potrà farlo in modo rispettoso. Questo non significa arrendersi ma scegliere una via più matura e costruttiva per riprendere il contatto. Se ora lui ride e sembra sereno mentre tu soffri non pensare che sia indifferente, spesso è solo un modo per nascondere la sua vulnerabilità. Mantieni la calma, proteggi la relazione e non affrontarlo nei momenti di rabbia ma in quelli di tranquillità, anche solo con poche parole sincere e affettuose.

Caro Alberto, 

mi rendo perfettamente conto di quanto questa situazione ti faccia stare male. Quando un ragazzo in piena adolescenza si isola, fa il difficile e non ne vuole sapere di parlare, è un po' come se si rompesse qualcosa tra voi, e so che è terribile. A quell'età, però, la ribellione e il voler fare di testa propria spesso nascondono il desiderio di essere indipendenti, ma anche di sapere che ci siete per loro, che li capite e li accettate, soprattutto quando si comportano male.

Dopo una litigata come quella che mi racconti, la cosa migliore è prendersi una pausa: non insistere subito per risolvere la questione o farlo ragionare. Datevi tempo per smaltire la rabbia, e poi fagli sentire, anche con un piccolo gesto che, nonostante tutto, tu sei lì per lui e gli vuoi bene. Anche se non lo da a vedere, questo per lui è importante.

Cerca di non farti prendere dalla stessa rabbia: rimani tranquillo e coerente, ma senza precludere la possibilità di parlare. Se sentite che vi state allontanando troppo o che la tensione sale, potrebbe essere utile chiedere una mano a uno psicologo, dove potrete affrontare insieme, con l'aiuto di un esperto, una situazione che adesso vi sembra più grande di voi.

Saluti

Dott. Fabiano Foschini

Dott. Fabiano Foschini

Milano

Il Dott. Fabiano Foschini offre supporto psicologico anche online

Molti genitori, di fronte a un adolescente che sembra ribellarsi a ogni regola e rifiutare il dialogo, provano la stessa sensazione di smarrimento e impotenza che lei esprime. È una fase in cui il figlio non solo contesta l’autorità, ma mette in discussione il legame stesso con i genitori, e questo può ferire profondamente.

A 15 anni il bisogno di autonomia è fortissimo e spesso si manifesta attraverso atteggiamenti oppositivi, provocatori o apparentemente distaccati. Dietro quella maschera di indifferenza, però, può esserci confusione emotiva, paura di crescere o difficoltà a gestire la propria rabbia.

Quando la tensione familiare raggiunge livelli così alti da sfociare in scontri fisici o rifiuti totali, è importante non ridurre tutto a una “fase passeggera”, ma riconoscere che la relazione ha bisogno di un nuovo equilibrio.

Diventa importante:

  • ricostruire il dialogo, 

  • comprendere le dinamiche relazionali che alimentano il conflitto;

  • ritrovare strategie comunicative efficaci che riducano la tensione e favoriscano il rispetto reciproco.

Il fatto che lei stia chiedendo consiglio dimostra grande attenzione e desiderio di comprendere suo figlio, nonostante la rabbia e il dolore.

In questo momento, più che “correggere” suo figlio, può essere utile fermarsi a comprendere cosa sta cercando di comunicare attraverso il suo comportamento. A volte, dietro il rifiuto e la provocazione, c’è un bisogno di essere visti e riconosciuti in un modo nuovo.

Un supporto psicologico può aiutarla a ritrovare calma e chiarezza, offrendo uno spazio in cui esplorare insieme come ristabilire fiducia, confini e ascolto reciproco.
Un primo colloquio potrebbe già rappresentare un punto di svolta, permettendole di individuare nuove modalità relazionali più efficaci e rispettose per entrambi.

Dott.ssa Sabrina Bush

Dott.ssa Sabrina Bush

Verona

La Dott.ssa Sabrina Bush offre supporto psicologico anche online

Caro papà,

dalle tue parole si percepisce tutto il tuo dolore, la tua frustrazione e il senso di impotenza che stai vivendo in questo momento. È molto comprensibile: vedere un figlio chiudersi, diventare provocatorio e rifiutare ogni forma di dialogo, soprattutto dopo aver investito tanto amore ed energia nel crescerlo, può essere davvero devastante. Ti voglio dire, prima di tutto, che non sei solo — molti genitori attraversano, con i propri figli adolescenti, momenti simili di forte tensione e smarrimento.

L’adolescenza è una fase di crescita molto complessa, delicata e turbolenta. È il momento in cui ragazzi e ragazze iniziano a costruire la propria identità, cercando di capire chi sono, cosa vogliono e in cosa si distinguono dai genitori. Nel farlo, vivono profondi cambiamenti fisici, cognitivi, emotivi e sociali che spesso li disorientano e li rendono irrequieti, confusi, o arrabbiati.

Durante questa fase è normale osservare forte irritabilità, oppositività e rabbia, che quasi sempre si manifestano proprio tra le mura domestiche. I genitori, infatti, rappresentano per loro un porto sicuro: il luogo dove, anche se in modo brusco e doloroso, si sentono liberi di esprimere la tensione che accumulano. Anche se a parole affermano di voler essere “indipendenti” e di non aver più bisogno di voi, a livello più profondo desiderano ancora sentirsi visti, contenuti e sostenuti, proprio come accadeva quando erano più piccoli.

È una fase di profonda crisi cognitiva, emotiva e sociale, e spesso anche noi adulti ci sentiamo impreparati, come se le modalità educative che avevano sempre funzionato non bastassero più. In realtà, questo cambiamento richiede di trasformare il modo di stare accanto a loro, passando dal controllo diretto alla relazione basata sul dialogo e sulla fiducia.

Ti suggerisco, quando l’atmosfera si calma, di provare a parlare con tuo figlio in modo empatico, senza entrare in conflitto o reagire alle provocazioni. Prova a esprimergli ciò che senti in prima persona, ad esempio:

“Mi dispiace per come siamo arrivati a litigare, mi ha fatto male sentire certe parole, ma voglio capire cosa stai vivendo e come posso aiutarti.”

Questo tipo di comunicazione, più emotiva e meno accusatoria, apre uno spazio di ascolto invece di chiuderlo. Evita di discutere quando è arrabbiato o provocatorio: in quei momenti il suo cervello emotivo è dominante e non è in grado di ragionare. È meglio rinviare il confronto e mostrargli che sai contenere la situazione con calma.

Alcune strategie che possono aiutarti a ricostruire il dialogo:

Ritrova momenti neutri e quotidiani (una cena, un film, un giro in macchina) in cui stare insieme senza affrontare subito argomenti conflittuali. La vicinanza “silenziosa” spesso prepara il terreno per parlare.

Ascoltalo senza interrompere, anche se non condividi ciò che dice. A volte ha solo bisogno di essere ascoltato, non corretto.

Riconosci le sue emozioni (“Capisco che per te sia frustrante…”), senza per forza giustificare i comportamenti.

Stabilisci regole chiare e coerenti, ma spiegando il perché, non come imposizione. I ragazzi hanno bisogno di limiti, ma ancor più di capirne il senso.

Se senti che il clima familiare resta teso o che la comunicazione non riesce a riaprirsi, può essere molto utile rivolgervi insieme a uno psicologo o terapeuta familiare. Uno spazio neutro di ascolto può aiutare entrambi a capire cosa c’è dietro la rabbia di tuo figlio e come ricostruire fiducia e comunicazione.

Caro papà, il tuo dolore è il segno di quanto tieni a tuo figlio. Anche se adesso sembra distante, continua a essere per lui un punto di riferimento: la tua presenza, anche silenziosa ma stabile, sarà la base su cui potrà tornare ad appoggiarsi quando riuscirà a farlo.

Un carissimo saluto 

Dott.ssa Chiara Ilardi 

Dott.ssa Chiara Ilardi

Dott.ssa Chiara Ilardi

Roma

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Ciao Alberto,

quello che descrivi è un momento molto difficile, e la tua sofferenza si percepisce chiaramente. Quando un figlio adolescente si chiude e risponde con rabbia, è facile sentirsi rifiutati, impotenti e frustrati. Ma, dietro quei comportamenti provocatori, spesso c’è un bisogno che non riesce a essere espresso in modo diretto: il bisogno di sentirsi riconosciuto e autonomo, senza però perdere il legame con il genitore.

A quindici anni la sfida è proprio questa: separarsi, ma restare in contatto. E nel farlo, gli adolescenti possono usare la rabbia come scudo — un modo per difendersi da una fragilità che non vogliono mostrare.

Anche per un padre, però, la rabbia può essere una reazione al dolore di non riuscire più a “raggiungere” il proprio figlio.

Ora più che cercare di convincerlo o imporre limiti rigidi, può essere utile ricostruire un clima di ascolto, anche minimo: un gesto quotidiano, una frase meno reattiva, un momento in cui tu possa mostrargli che, nonostante tutto, sei lì. Il confine può restare fermo — ma il modo in cui lo comunichi può diventare più calmo, più chiaro, più umano.

Ritrovare equilibrio in queste dinamiche richiede tempo e, a volte, anche uno spazio di confronto esterno per comprendere come gestire la tensione e riavvicinarsi a tuo figlio in modo nuovo.

Ogni relazione attraversa momenti di distanza, ma è proprio da quei silenzi e da quelle ferite che, con il giusto sostegno, può nascere un dialogo più autentico. A volte, il primo passo è cercare un luogo in cui anche tu possa sentirti accolto e ascoltato, per capire come ricominciare a costruire quel ponte.