La violenza crescente tra i giovani: cause e strategie per intervenire

Negli ultimi anni molti osservatori insegnanti, educatori, psicologi, forze dell’ordine segnalano un aumento di episodi violenti tra adolescenti e preadolescenti: risse, bullismo, cyberbullismo, aggressioni improvvise, danneggiamenti, comportamenti a rischio.
Non si tratta di un’allarmistica “emergenza giovani”, ma di un fenomeno complesso, che richiede analisi lucida e interventi sistemici. La violenza adolescenziale è un segnale, non un destino: dietro comportamenti aggressivi ci sono fragilità, bisogni non riconosciuti, carenze educative, contesti poveri di legami significativi. Comprendere le cause è il primo passo per costruire soluzioni efficaci.

Perché la violenza giovanile sta aumentando? Le cause principali

1. Fragilità emotiva e scarsa regolazione delle emozioni

Molti ragazzi faticano a dare nome a ciò che sentono: rabbia, frustrazione, vergogna, senso di inadequatezza. Senza strumenti emotivi adeguati, l’aggressività diventa una via rapida per esprimere un disagio che non trova parole.

2. Mancanza di modelli adulti disponibili

Genitori e adulti spesso sono sovraccarichi, assenti o confusi. Alcuni hanno paura di porre limiti, altri adottano uno stile educativo troppo rigido o troppo permissivo.
I ragazzi crescono così senza confini chiari, fondamentali per sentirsi al sicuro.

3. Influenza dei social e della cultura digitale

La cultura online amplifica:

  • spettacolarizzazione del conflitto;

  • ricerca di visibilità;

  • assuefazione alla violenza in video e challenge;

  • disinibizione anonima;

  • logiche di branco e umiliazione pubblica.

Il confine tra reale e virtuale si assottiglia e un insulto online può rapidamente trasformarsi in una rissa offline.

4. Solitudine e crisi delle relazioni tra pari

Paradossalmente, i ragazzi sono iperconnessi ma spesso isolati emotivamente. Molti non hanno un gruppo solido, vivono sentimenti di esclusione, o percepiscono gli altri come minacce anziché risorse.
La violenza diventa un modo — distorto — di affermarsi o di essere visti.

5. Povertà educativa

Nei contesti privi di occasioni culturali, sportive e relazionali, la frustrazione aumenta. Mancano alternative positive in cui investire energia e identità.

6. Stereotipi di maschilità tossica

Alcuni ragazzi crescono con l’idea che per essere “forti” occorra dominare, non mostrare fragilità, reagire con forza fisica.
La violenza diventa così un linguaggio identitario.

7. Disturbi psicologici non riconosciuti

Ansia, depressione, impulsività, disregolazione emotiva e traumi possono esprimersi con comportamenti esternalizzanti: esplosioni, aggressioni, chiusura empatica.

Come intervenire? Proposte concrete

1. Rafforzare l’educazione emotiva

La scuola deve diventare un luogo in cui insegnare:

  • riconoscimento delle emozioni;

  • comunicazione non violenta;

  • gestione della rabbia;

  • capacità di chiedere aiuto;

  • empatia e ascolto.
    Allenare le competenze socio-emotive riduce drasticamente comportamenti aggressivi.

2. Restituire autorevolezza e presenza agli adulti

Servono adulti che:

  • diano regole chiare;

  • mantengano coerenza;

  • non abbiano paura di dire “no”;

  • sappiano ascoltare senza giudicare;

  • mostrino alternative sane per affrontare conflitti e frustrazioni.

3. Costruire comunità educanti

Scuole, famiglie, servizi sociali, associazioni, centri sportivi devono collaborare. Nessun contesto da solo può contenere il disagio giovanile.

4. Creare spazi di espressione e appartenenza

I ragazzi hanno bisogno di sentirsi parte, non solo di “essere controllati”.
Attività sportive, musicali, artistiche, teatrali, laboratori creativi e di cittadinanza attiva proteggono dall’aggressività perché danno un senso di identità e scopo.

5. Educazione digitale

Accompagnare i ragazzi nell’uso critico dei social:

  • riconoscere dinamiche di violenza online;

  • imparare a non amplificare contenuti dannosi;

  • comprendere la responsabilità delle proprie azioni digitali.

6. Interventi precoci sui comportamenti a rischio

Quando emergono segnali come:

  • esplosioni improvvise;

  • bullismo;

  • isolamento;

  • autolesionismo;

  • abuso di sostanze,
    occorre intervenire subito con psicologi scolastici, sportelli d’ascolto e percorsi personalizzati.

7. Lavoro sul gruppo dei pari

Molti episodi di violenza sono agiti in branco, non da soli.
Interventi sul gruppo (role playing, circle time, peer education) riducono la pressione del conformismo e rinforzano relazioni positive.

La violenza tra i giovani non è il sintomo di una “generazione perduta”, ma il risultato di vulnerabilità individuali e collettive che non trovano risposta. Per intervenire davvero occorre coltivare competenze emotive, offrire presenza adulta, creare comunità accoglienti e fornire alternative positive in cui i ragazzi possano riconoscersi. Investire sui giovani significa investire sulla capacità di vivere insieme in modo rispettoso, costruttivo e gentile. E una società che educa alla gentilezza è una società più forte, per tutti.

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