Temo che mio figlio di 5 anni soffra di un disturbo comportamentale

Valeria

Salve, temo che mio figlio di 5 anni soffra di un disturbo comportamentale. Dalla nascita del suo fratellino (2 anni fa) è diventato molto geloso, irascibile, ossessivo. A volte mi guarda di traverso e, se gli sorrido, mi urla che non devo ridere (come se lo stessi prendendo in giro). I suoi amichetti gli si avvicinano e lui sembra non voler/poter ricambiare l'affetto... Soprattutto è molto irascibile, fa capricci per niente (vere crisi isteriche), non credo sia tutto imputabile alla gelosia nei confronti del fratello, verso il quale mostra pertanto affetto (si preoccupa per lui se piange). Le maestre mi hanno solo parlato di "capricci e litigiosità" e nient'altro. A livello linguistico non ci sono grossi problemi, a volte balbetta un pò, e si infuria quando non riesce a esprimersi o ha l'impressione che non lo capiamo. Inoltre provoca continuamente, come se cercasse continue occasioni di scontro, specie con me. Il mio istinto di madre mi consiglia di approfondire, mi appello prima a Voi psicologi per avere suggerimenti ulteriori. Grazie

18 risposte degli esperti per questa domanda

Gentile Valeria, le manifestazioni che ci descrive relativamente a suo figlio ci fanno pensare ad una reazione molto chiara ed esclusivamente di gelosia che suo figlio sta manifestando a seguito della nascita del fratellino. Per quanto possa risultarle strano, il fatto che si mostri "scontroso" con lei e non con il fratellino potrebbe essere il risultato di una elaborazione in realtà molto matura e che ha un significato ben preciso: non è arrabbiato col fratellino in quanto non lo ritiene direttamente "colpevole" ma piuttosto con lei, ovvero con la madre, di cui ha paura di perdere in parte o del tutto l'affetto e la considerazione. Accolga le paure di suo figlio, ci parli molto apertamente, ma soprattutto faccia qualcosa in più, ovvero si ritagli dei momenti della giornata dove suo figlio maggiore possa essere solo con lei, andare da soli al parco o a fare qualcos'altro che a lui piace molto, lo faccia sentire "il più grande" senza caricarlo minimamente di responsabilità "genitoriali" (tipo accudire il fratellino), e vedrà che, come in quasi tutti i casi che vedono due figli dell'età dei suoi, con il tempo le cose si sistemeranno. Non si preoccupi troppo di essere una madre impeccabile, anzi, come scriveva D.W. Winnicott, famoso pedagogista e psicoanalista inglese, cerchi di essere piuttosto una "Madre sufficientemente buona" e non perfetta, ovvero senza troppa paura di sbagliare.
La nascita di un fratellino provoca sempre la necessità di creare nuovi equilibri all'interno di un nucleo familiare e soprattutto all'interno della relazione diadica tra il bambino e chi si occupa di lui (in genere la madre); non si tratta quindi semplicemente di un nuovo membro familiare che si "aggiunge" al nucleo precedente, ma è necessaria una vera e propria "riorganizzazione" dei rapporti che tenga conto del nuovo arrivo. Talvolta questo processo può risultare difficoltoso a causa di svariati motivi che riguardano le caratteristiche specifiche del nucleo familiare in questione e che vanno indagate caso per caso, nonchè le caratteristiche particolari del bambino. In generale comunque si può dire che è positivo cercare di coinvolgere attivamente e responsabilizzare il piccolo nella cura del nuovo nato, un pò come se la mamma avesse bisogno del suo aiuto per far fronte a questo nuovo impegno, che deve essere considerato non un suo impegno esclusivo, ma un impegno di tutto il nucleo familiare, bambino compreso. Questo dovrebbe servire a farlo sentire meno escluso dal nuovo rapporto madre/fratellino e a ridurre quindi la gelosia e i comportamenti disadattivi ad essa collegati.
Ha ragione Valeria, il suo istinto di madre non si sbaglia, da quello che descrive i comportamenti del suo bambino non sono imputabile esclusivamente alla nascita del fratellino, quello può essere l'evento scatenante. La situazione necessita sicuramente di approfondimenti clinici perchè a questa età è difficile giungere a diagnosi certe. E' meglio affidarsi a un centro di neuropsichiatria infantile o ad uno psicologo specializzato in terapia infantile, per iniziare un periodo di osservazione e se necessario sottoporre il bambino a tests specifici per la sua età che serviranno per avere un quadro clinico più chiaro o per escludere eventuali patologie. La cosa importante in questi casi è non far passare troppo tempo e affidarsi a specialisti e/o centri infantili di provata competenza e professionalità. Auguri
Gentile Signora, da quello che dice mi sembra di capire che il suo rapporto con suo figlio sia abbastanza conflittuale. Fare delle ipotesi a dstanza è abbastanza azzardato, ma se lei sente che ci sono dei problemi nel rapporto con lui sarebbe meglio che lei approfondisca con l'aiuto di uno psicologo. L'unico suggerimento che le posso dare è di non considerare suo figlio come un "bambino con problemi comportamentali". Il problema è un problema di relazione tra lei e suo figlio. Perchè rischia al contrario di scaricare su di lui tutte le incomprensioni del rapporto. Rischia di portare suo figlio dallo psicologo per "raddrizzarlo", per farlo essere meno ossessivo, più gentile, meno capriccioso, etc, etc, etc. Cordiali saluti
Gentilissima Valeria, senza voler sottovalutare l'utilità di una diagnosi precoce di un "disturbo comportamentale", la inviterei prima a riflettere sulla "normalità" del comportamento del suo bambino. La gelosia scatenata da una nascita non solo è comprensibile, direi quasi che la competizione per l'amore dei genitori è per i bambini "funzionale". A volte questa gelosia può prendere la forma di rabbia nei confronti del nuovo nato, altre può provocare "regressioni" a fasi di sviluppo precedente (per esempio molti bambini ricominciano a fare la pipì a letto). Di solito il comportamento "modificato" rappresenta un tentativo disperato e goffo di ottenere maggiore attenzione e rassicurazione. Mi sembra importante considerare che dietro la rabbia di solito c'è dolore o paura. in questo caso potrebbe essere paura di perdere l'amore dei genitori o dolore per la sensazione di non poter competere con un bimbo così piccolo, indifeso e sicuramente affascinante per mamma e papà. Ovviamente sono solo ipotesi, le scrivo perchè mi sembra pericoloso etichettare un comportamento come "disturbo" senza prima chiedere un parere a degli esperti. Non che non possa esserlo, ovviamente, mi chiedo però se a volte non sia più semplice immaginare un disturbo in un comportamento difficile da gestire come l'aggressività o la gelosia. Tanto più quando il bersaglio principale di tale aggressività siamo noi stessi. Spero di esserle stata utile. Cordiali saluti
Cara Valeria, i bambini spesso fanno "sintomi" per dire ciò che non riescono a dire con le parole. A volte esprimendo dietro a quei comportamenti il proprio disagio o quello dei genitori per qualcosa che ha diritto di essere approfondito. Il suo istinto di madre le dice una cosa importante. Le dice di trovare un modo per ascoltare e tradurre ciò che suo figlio prova a modo suo a dire. Senza allarmarsi, poichè questo è proprio il modo di comunicare dei bambini, sarebbe utile trovare uno psicoterapeuta familiare esperto con cui fare una consulenza familiare per poter dar voce a ciò che suo figlio sta tentando di comunicare. Sicuramente sarà un'esperienza importante per tutta la sua famiglia. Buon cammino a lei a ai suoi cuccioli d'uomo.
Salve Valeria, la nascita di un fratellino/sorellina ed il naturale conseguente "allontanamento" fisico ed emotivo da parte della madre costutuiscono una delle prove più dure per ogni bambino. Da "centro del mondo materno", ci si trova di colpo relegati in una posizione più marginale e tale nuova situazione, oltre a causare grande rabbia e sofferenza, costringe ad un faticoso riadattamento ed allo sviluppo di nuove abilità. Parlare di "disturbo" mi sembra eccessivo se non addirittura pericoloso ed il particolare momento va considerato come una normale fase di crescita, senza nulla togliere alle difficoltà che ne derivano. Probabilmente il bambino è arrabbiato con lei, Valeria, per le cure che dedica al fratellino e ciò mi sembra assolutamente normale. Non sa ancora gestire le forti emozioni ed i sentimenti e a 5 anni non è affatto strano. A questa età è fondamentale la figura del padre (o di un altro adulto cui il bambino è legato), che aiuti nella separazione psicologica dalla madre e nel controllo delle emozioni, senza che venga a mancargli l'affetto di cui ha bisogno ("la mamma ora ha da fare, ma c'è il papà (o chi per lui). Quando avrà finito giocherete un po' insieme"). Lei, insieme a suo marito, dovrebbe cercare di non vivere questo momento come un problema del bambino, ma come un momento di transizione e riadattamento di tutto il vostro sistema familiare. Fategli sentire il vostro affetto e coinvolgetelo nel prestare cure e coccole al fratellino. Coinvolgetelo anche nei giochi con il piccolo; lo aiuterete a ridimensionare il sentimento di esclusione e di deprivazione da cui deriva la sua rabbia. Attraverso questi comportamenti (e non con parole e discorsi) il bambino potrà accettare più facilmente la sua nuova posizione all'interno del nucleo familiare.
Cara Valeria, l'istinto e la sensibilità di una madre difficilmente ingannano. Sono trascorsi due anni dalla nascita del fratellino e ritengo che addebitare a questo fatto i comportamenti ancora in atto di suo figlio sia un po' pericoloso.Generalmente la gelosia nei confronti dei nuovi arrivati ha una sua evoluzione fisiologica che si risolve nel giro di mesi, non di anni. L'irascibilità e la ricerca di occasioni di scontro, soprattutto nei suoi confronti, e la difficoltà a ricambiare l'affetto dei suoi amichetti mi suggerisce un disagio psicologico di suo figlio che ha bisogno di essere accolto e aiutato. Pertanto ritengo utile che lei e suo marito vi rivolgiate a operatori specializzati per avere una valutazione e un consiglio competenti. Auguri
Salve Valeria, la situazione che descrive immagino la preoccupi molto, e devo dirle subito che non è facile riuscire a darle una risposta esaustiva "a distanza", tuttavia sento di poterla rassicurare rispetto al fatto che i comportamenti di suo figlio, ad una prima impressione, mi sembra rientrino a pieno in quelle che sono reazioni normali alla nascita di un fratellino. Bisogna, infatti, immaginare come può essere frustrante per un bambino doversi adattare, di punto in bianco, al fatto che i suoi genitori, ed in particolare la sua mamma, non sono più a sua completa disposizione, ma vanno divisi con qualcun altro che, oltretutto, prende le loro attenzioni in modo totale, visto che è più piccolo. Dico questo perchè lei stessa riconosce che i comportamenti, che sembrano essere reazioni di rabbia, sono iniziati in concomitanza con la nascita del suo secondo figlio, per cui sono da attribuire molto probabilmente a questo evento. Il fatto che suo figlio abbia attenzioni per il fratellino non significa che in altri momenti non sia arrabbiato con lui, o con voi che ve ne prendete cura. I sentimenti di affetto che proviamo verso le persone che ci sono care possono essere anche molto ambivalenti e quindi non escludo il fatto che il bambino provi sincero affetto per il fratello, ma allo stesso tempo sia arrabbiato per gli spazi che questi gli ha sottratto. Questo alternarsi di amore/rancore, però è del tutto normale, soprattutto in un bambino dell'età di suo figlio. Che cosa fare? Innanzitutto è importante accettare le reazioni di suo figlio, non colpevolizzarlo nè punirlo per ciò che prova (ricordandoci che le emozioni non si può decidere di provarle, per cui non è una colpa se è arrabbiato), ma accettarlo e provare a farglielo verbalizzare, chiedendogli che cosa gli ha dato fastidio, se c'è qualcosa che lo preoccupa, che cosa vorrebbe ed eventualmente spiegandogli perchè non può sempre avere ciò che chiede. E' importante che lei per prima abbia chiaro che lui ha il diritto di provare ciò che prova, di essere arrabbiato, ma che non si può far seguire alla rabbia comportamenti che possono ledere altri, se le è chiaro questo, saprà anche trasmetterlo a suo figlio. Si potrebbe poi aiutarlo a non sentirsi escluso, magari coinvolgendolo nelle cure del fratello, e sottolineando ciò che lui sa fare bene. Soprattutto ricordarsi sempre che anche lui è un bambino e quindi ha bisogno di coccole, affetto, baci, tenerezze e di poter fare i capricci, proprio come il più piccolo. Ricordarsi, poi, di non fare (ahimè questo spesso è difficile per noi genitori!) mai paragoni tra i due, esaltando gli aspetti positivi del fratellino e viceversa, perchè crea l'effetto contrario, ossia per differenziarsi i bambini in genere mettono in atto comportamenti contrari a quelli che si stanno esaltando. Spero di esserle stata utile in qualche modo. In ogni caso le faccio i miei auguri per il meraviglioso e difficile compito di mamma, che sta portando avanti sicuramente egregiamente, visto che ha la voglia e il coraggio di confrontarsi e mettersi in discussione. Un saluto.
Gentile S.ra Valeria credo sia già un primo passo, importante e di valore, aver colto l'esistenza di un disagio e l'essersi preoccupata di iniziare a parlarne con qualcuno. E' sempre difficile, anche per noi psicologi, avere una visione chiara ed esauriente delle situazioni quando siamo in possesso di pochi elementi. Le consiglierei di richiedere un colloquio con uno specialista in modo da prendersi uno spazio adeguato e di relazione in cui potersi aprire. Nel frattempo posso rassicurarla sul fatto che l'espressione dell'aggressività non è necessariamente un fatto negativo. Fa parte di tutti noi e sono guai quando rimane repressa e si esprime in modi più subdoli e patologici. Ciononostante è giusto accogliere la sua preoccupazione e il suo stato d'ansia per una situazione che fa fatica a comprendere, che la coinvolge emotivamente e che ha paura possa degenerare. L'ascolto dei figli è sempre il primo passo. Questo non significa fare interrogatori, pretendere di ricevere e di dare risposte. Significa esserci, far sentire che si è disponibili anche ad accogliere una forma di comunicazione esasperata, forte, violenta. Suo figlio ha 5 anni, il linguaggio verbale non gli può venire in soccorso perchè ancora non sufficientemente evoluto, e quindi esprime la sua rabbia e la sua confusione, come diciamo noi psicologi, in modo primario. Le emozioni e le sofferenze dei bambini (e anche degli adulti spesso), possono essere incanalate nel disegno, nel gioco, nella fiaba. A questo proposito le consiglio un libro:"Guarire con una fiaba" di Paola Santagostino. E' un semplice "manuale" su come leggere le fantasie dei bambini e su come utilizzare alcuni elementi o personaggi o situazioni simboliche per comunicare "altro". Scelga una fiaba, di quelle che ama e conosce, o di quelle preferite da suo figlio e le sfrutti come strumento di comunicazione, accolga le domande, le perplessità, i dubbi e risponda col cuore. Non perda mai, inoltre, questa consapevolezza di stare attenta ai segnali, che non significa necessariamente rivolgersi a uno specialista, ma comunque rimanere attenta e in ascolto e, di volta in volta, prendere delle decisioni sufficientemente rapide e corrette per il bene dei propri figli.
Dott.ssa Simona Adelaide Martini

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Milano

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Signora Valeria, a volte i bambini di soli 5 anni, possono essere molto perspicaci. Probabilmente questo è il caso di suo figlio, che "legge" nel suo sorriso una piccola finzione, una sorta di messa in scena per rassicurarlo. Dunque, a ragione, si sente preso in giro. Naturalmente, Lei gli vuole bene e questo lo diamo per scontato, ma probabilmente il problema è che la sua sensibilità gli consente di notare che nel sorriso della madre c'è un qualcosa di falso. Dunque si arrabbia. Credo che (ma questa è solo una mia ipotesi) i sentimenti che Lei come madre nutre nei confronti di suo figlio, siano vissuti dal piccolo come ambivalenti. Il suggerimento che le posso dare è quello di elaborare con l'aiuto di un esperto tali vissuti nei confronti del bambino e di coinvolgere, se possibile, anche la figura paterna, in modo da far sentire al bimbo che ci sono due genitori che gli vogliono bene e che si vogliono bene. So di aprire uno scenario ben più vasto e complesso, in bocca al lupo Se vuole, può contattarmi attraverso il mio sito web: www.robertoruga.it
Cara Valeria, sicuramente comprendere i comportamenti dei propri figli non è semplice, chiedere un consiglio a un professionista può essere di grande aiuto. Voglio tranquillizzarti prima di tutto nel dirti che i bambini nonostante la loro piccola età hanno sempre grandi risorse e basta intervenire nella maniera adeguadata per recuperare un equilibrio. Non mi soffermerei tanto nel capire se tuo figlio è geloso del fratellino, o meglio questo non ci aiuta nel risolvere il problema, dobbiamo invece compredere che cosa succede a tuo figlio e come è meglio muoversi. Rispetto alla situazione che descrivi mi viene da dirti che non appartiene solo a lui. Urla, capricci, litigi, irrascibilità sembrano all'ordine del giorno. L'incapacità del bambino a fermarsi, di avere un attimo di pace e di riposo piacevole è tipica di questo momento. Forse è come dici tu, tuo figlio si agita per la presenza di un altro piccolino, si arrabbia e in qualche modo non è in grado di "gestire" le emozioni che prova. Così mette in atto una serie di comportamenti come la balbuzia o movimenti che tu definisci di tipo ossessivo che in qualche modo lo aiutano a tranquillizzarsi. E' qui che devi intervenire tu o tuo marito pale alterazione per evitare che tale "alterazione" possa radicarsi e aumentare. E' come se tuo figlio urla e fa i capricci perchè ha bisogno di essere "fermato". L'iperattività, il movimento frenetico nascono spesso da una carenza o una mancanza di Essere Tenuti e Contenuti, ovvero fermati. Che cosa significa? Non spaventarti a dare limiti precisi e chiari, attraverso un movimento amorevole, sereno e calmo. Il contatto fisico aiuta molto. Il bambino accoglie piacevolmente la naturalezza e la fermezza dell'adulto, che deve mantenere una continuità. I bambini quando si sentono lasciati da "soli" a se stessi si sentono disorientati. Fai sentire la tua presenza e quella del papà come una guida che gli da' tranquillità e serenità. Spero di esserti stata di aiuto Cari saluti
Questo bambino di 5 anni esprime un suo disagio personale che potrebbe essere legato alla relazione con i genitori, specie alla presenza paterna. Potrebbe essere utile che i genitori attraverso una consultazione psicologica, provino a mettere in relazione i sintomi manifestati dal bimbo con i propri ruoli e competenze genitoriali.
Cara Valeria dalla descrizione fatta si può intuire che il figlio maggiore abbia dei risvolti di gelosia, ma credo e penso che ciò non sia del tutto chiaro poichè il comportamento descritto lascia intravedere che possono esistere altre patologie infantili. Il conflitto sembra essere con la madre e con il padre come si comporta? La balbuzia,l'irrascibilità, i capricci sono spesso richieste di affetto e di attenzione che spesso sorgono con la nascita del secondo figlio. Quindi il suo istinto di madre di approfondire ciò che sta avvenendo al figlio e all'interno del nucleo familiare è giusto e consiglio di rivolgersi ad uno psicologo della sua città che sia specializzato in età evolutiva e se necessita, dietro consiglio dello stesso specialista un incontro con psicoterapeuta specializzato in terapia familiare. molti auguri
Gentile signora, mi preme prima di tutto tranquillizzarla rispetto all'ipotesi che suo figlio di 5 anni possa avere un disturbo del comportamento. Davvero è prematuro parlare di un simile tipo di disturbo, o di disturbo in generale, per vari motivi: l'età ancora molto bassa del bambino, i pochi elementi che riporta nella sua mail e il fatto che non ha ancora accertato con un esperto le reali difficoltà di suo figlio. Sono molte le cose che andrebbero indagate rispetto a questo problema. Il comportamento è l'espressione manifesta di pensieri ed emozioni che suo figlio prova e su queste si dovrebbe interrogare. Spesso capite queste cose, poi si trova il modo giusto per affrontare il problema. Nella speranza di aiutarla, le riporterò alcuni spunti di riflessione su cui ci potremmo soffermare, partendo dalla sua mail. Mi pare abbastanza sicura nell'indicare l'esordio dei problemi con suo figlio a due anni fa, quando è nato il fratellino. Pensi comunque se ci sono stati altri cambiamenti in concomitanza all'evento, che possono aver inciso. Ipotizzando che la nascita del fratellino, sia l'unico fattore scatenante, bisogna riflettere sul fatto che è abbastanza naturale che il fratello maggiore entri in crisi in tali circostanze. L'importante è come lo si prepara e come si affronta tutti insieme questa fase. Per i bambini non è facile capire che l'affetto dei genitori non cambia. Tutto ciò che vedono è uno spostamento (peraltro del tutto naturale) delle attenzioni da loro stessi a qualcun altro e ciò provoca rabbia, dolore, paura a seconda dei casi. Sta ai genitori stessi saper cogliere questa difficoltà e con pazienza e con dimostrazioni pratiche mettere in evidenza che il loro che l'affetto non si divide ma si moltiplica in una famiglia numerosa. In pratica suo figlio non ha perso o spartito l'affetto di mamma e papà ma ha guadagnato quello del fratellino. Un suggerimento che posso darle nell'imediato è questo: cerchi di ricavare un tempo ed uno spazio da dividere solo ed esclusivamente con lui senza il fratellino di mezzo. Qualcosa di divertente da fare insieme almeno una volta a settimana, senza altre persone, solo voi. Ciò gli dimostrerà che la mamma ha ancora tempo e spazio per lui. Dai comportamenti del bambino che descrive ciò che emrge in maniera più evidente è la rabbia, ma non mi fermerei a questo. Sembra esserci dell'altro sotto, da verificare, e lo leggo per esempio nella preoccupazione che manifesta nei confronti del fratello. In questo atteggiamento sembra volersi sostituire a lei, come mai? Per quanto riguarda poi il balbettare, al momento mi sembra un fattore emotivo. L'incapacità di gestire ed esprimere emozioni troppo forti può portare i bambini ad una difficoltà nell'espressione, ma è solo un fatto temporaneo. Concludendo, penso che se deciderà di rivolgersi ad un professionista, ne trarrà di sicuro dei vantaggi per due ragioni: prima di tutto sono già due anni che queste difficoltà con suo figlio si trascinano e da sola, mi sembra di capire, non è ancora riuscita ad inquadrare bene il problema e a porvi rimedio, in secondo luogo uno psicologo l'aiuterà proprio in questo e le darà gli strumenti necessari per uscire da questa situazione. Se intraprenderà questo percorso, si ricordi di coinvolgere anche il suo compagno. Le auguro di risolvere presto le sue difficoltà. Se avesse bisogno di ulteriori informazioni può continuare a scrivere.
Gentile Sig.ra Valeria il suo istinto di madre credo le dia indicazioni corrette, è probabile che suo figlio le stia chiedendo qualcosa che lei non è riuscita a fornirgli/insegnargli, forse non è riuscita ad aiutarlo in un passaggio che lui deve fare ma non sa in quale modo farlo: non so’ se sia il passaggio che lei indica e che tutta la famiglia è impegnata a fare insieme a lui. Lei stessa segnala che ha l’impressione che in alcune occasioni non lo capite (lei e qualche altro), ma dice anche che suo figlio cerca lo scontro, non ci dice che la cerca o cerca suo padre, o qualcuno che lo capisce,
Mia cara signora per poterle risponder ho bisogno di maggiori elementi del tipo...informazioni riguardo il comportamento e la relazione di questo bambino con i genitori, dei genitori tra loro, dei suoi primi anni di vita, della gravidanza, possibili malattie, ospedalizzazioni etc. Dice Winnicot.. Un bambino non esiste ...se non in relazione ai suoi genitori. Quante più notizie mi fornirà meglio riuscirò ad esserle di aiuto.
Dott.ssa Maria Alecci

Dott.ssa Maria Alecci

Catania

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Al giorno d'oggi ci sono molti bambini e poi ragazzi che soffrono nonostante che hanno tutto. La lettura psicologica di certe situazioni sembra agli occhi di un bambino problematica, mentre per un adulto rientra nella normalità. Tutto ciò può far nascere una successione di pensieri "DISTORTI" che non fanno altro che aggravare la poca autostima in se stessi. Bisogna approfondire maggiormente la situazione sopratutto con l'intervento di un professionista che con le parole e i metodi idonei, riesce a comunicare anche con i pensieri più profondi e nascosti.