Dott.ssa Laura Brambilla

Dott.ssa Laura Brambilla

Psicologa, Psicoterapeuta

Comportamento esplosivo

Salve, scrivo per sottoporre alla vostra attenzione una situazione comportamentale che riguarda mia moglie.
Da quando la conosco (dall'età di 18 anni ad oggi 44) ha avuto questo "problema" che ultimamente si sta accentuando creando tensioni importanti in famiglia (abbiamo una figlia di 12 anni e una di 8 mesi).
Normalmente è una persona solare, sorridente, apparentemente felice; a volte però per cose anche banali "si trasforma" e sfoga una rabbia incontrollata perdendo completamente il senso della realtà. Recentemente per esempio, dopo avermi chiesto di portare nostra figlia più grande ad una gita di un giorno, al rientro era cupa, non rispondeva, era arrabbiata con me; il motivo? era rimasta sola a casa. Siccome non è la prima volta che accade, alla sua richiesta di portare la grande in gita mi ero premurato di chiederle di partecipare anche lei con la solita risposta negativa giustificata dalla necessità di accudire la bimba piccola. Premetto che anche quando la piccola non c'era riuscire a convincerla ad uscire e frequentare altre persone non è mai stato semplice. Sarebbe meglio dire non è semplice riuscire a convincerla ad adeguarsi o accettare proposte non sue. Il giorno seguente ci trovavamo in un luogo affollato, tornati sull'argomento, ha perso completamente la ragione: urlava (in presenza di altre persone estranee) che lei è sola, che la odiano tutti, che io le voglio rubare le figlie, che non ne può più; in viso era irriconoscibile, violenta, aggressiva. Tornati a fatica a casa dopo ore di miei tentativi di dialogo e di farla ragionare si è calmata. Il giorno successivo, come spesso accade in queste occasioni, è come se non fosse accaduto nulla. Quando le chiedo perché si sia comportata così non ne vuole parlare. Le chiedo: "perché se ti senti in difficoltà non lo dici e non accumuli per poi esplodere come una pentola a pressione?" risposta: "si va bene" ma si ricade nella stessa situazione periodicamente.
In famiglia si è creata una condizione di difficoltà: la figlia più grande, i suoi genitori ed io ci sentiamo come intimiditi; si vive in una condizione che possiamo paragonare al "camminare sulle uova", basta una parola, un comportamento uno sguardo sbagliato per veder "scoppiare la bomba".
L'ho invitata ad andare insieme da uno psicologo, offrendomi di andare io dallo psicologo visto che a suo dire sono la causa ti tutti i suoi problemi (anche se non credo sia così dato che la stessa cosa la dice ai suoi genitori e in passato la causa dei sui problemi era il fratello, poi la cognata, poi la collega, il lavoro e prima ancora la compagna di scuola). Ovviamente la risposta è stata un NO secco, "lei non ha problemi sono gli altri ad averne".
Quello esposto è solo uno degli episodi ce ne sono stati altri, in alcune occasioni l'ho vista anche mordersi le braccia.
Sono molto preoccupato, quando sono al lavoro non sono sereno sapendo che lei è a casa e potrebbe fare del male alle bimbe o farsi del male.
Potete cortesemente aiutarmi a capire cosa fare e come comportarmi? e come convincerla a parlarne con uno psicologo?

Grazie.

Buongiorno Andrea,

la situazione che racconta deve essere davvero molto faticosa e preoccupante per lei.

Purtroppo, quando si sta troppo male ci si sente così soli da pensare che nessuno possa comprendere il nostro dolore: mi sembra questa la difficoltà di sua moglie all'idea di rivolgersi ad uno psicologo. Inoltre, può essere che sua moglie realmente si senta ferita da comportamenti delle persone che le stanno intorno, ma non sembra in grado di comunicarlo in modo adeguato e attribuisce quindi agli altri l'origine della sua sofferenza. In questa condizione, non è quindi possibile "convincere" sua moglie a rivolgersi ad uno psicologo, finchè non sarà lei stessa a sentirne il bisogno. Questo non significa che non si possa fare niente, anzi. Nella mia esperienza, quando i famigliari di persone in situazioni di fragilità (come è quella che racconta di sua moglie) che percepiscono il malessere si rivolgono loro stessi ad un professionista non con l'idea di "curare" il famigliare, ma di prendersi cura di loro stessi, spesso si hanno dei cambiamenti significativi nella relazione che consentono di raggiungere migliori livelli di benessere.

Insomma: può rivolgersi ad uno psicologo solo chi sta ancora sufficientemente bene per essere in grado di chiedere aiuto.

Nella speranza di esserle stata di aiuto, rimango a disposizione se volesse un ulteriore confronto: mi scriva pure tramite questo portale.

Cordiali saluti.

 

 

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