Ansia sociale: uno scoglio tra mondo interno e mondo esterno.

Sempre più spesso mi capita di incontrare persone, soprattutto i molto giovani, che riferiscono di provare una forte ansia alla sola idea di trovarsi in mezzo alle persone, di dover interagire con gli altri e di instaurare nuovi rapporti.

Queste persone si auto confezionano una diagnosi di “ansia sociale”.

Ma cosa intendiamo con ansia sociale, definizione sempre più abusata e che spesso viene usata come giustificazione a delle ‘semplici’ difficoltà relazionali?

L’ansia sociale consiste in uno stato di forte attivazione anticipatoria di un pericolo percepito nel trovarsi in una condizione in cui si è esposti socialmente e di fronte alla quale si sente di non avere le risorse necessarie per cavarsela.

Il pericolo percepito consiste nel rischio di non essere ritenuti all’altezza della situazione, di essere giudicati negativamente dagli altri, di provare vergogna o di dovere, in futuro, affrontare le ripercussioni del proprio modo di essere.

Nel 2018 Grimaldi afferma che nell’ansia sociale il tema centrale è la convinzione di essere continuamente sottoposti al giudizio degli altri, con la conseguente paura di essere oggetto di una valutazione negativa.

Chi soffre di ansia sociale ha un’intensa paura legata al modo in cui pensa che gli altri lo possano percepire, sente lo sguardo altrui come giudicante ed invasivo, si sente perennemente in difetto rispetto al resto del mondo. Essendo noi immersi in un contesto sociale pressoché costantemente, chi vive in questa situazione prova un forte stato di malessere per la maggior parte del tempo, specie nelle ore che precedono un evento sociale ritenuto preoccupante. Le situazioni temute sono le più svariate ma comprendono di norma tutti i contesti nuovi o quelle occasioni in cui si deve sostenere un’opinione diversa da quella delle altre persone. Per paura di possibili giudizi negativi e per la preoccupazione di potersi sentire osservato, chi soffre di ansia sociale tende ad ridurre al minimo le occasioni sociali, fino ad arrivare, nei casi più gravi, all’isolamento, con conseguenze molto pesanti in ambito lavorativo, sentimentale, sociale e con un crollo significativo della qualità di vita.

L’ansia sociale, cosí come gli altri tipi di ansia, si manifesta con sintomi che possono essere molto pesanti, quali tachicardia, sudorazione, disturbi gastrointestinali, malessere generale, senso di mancanza d’aria con conseguente respirazione affannosa, mal di testa. Spesso la persona che ne soffre rinuncia alle situazioni sociali proprio a causa di questi sintomi che possono risultare molto invalidanti.

In quanto esseri intrinsecamente sociali abbiamo un costante e naturale bisogno di approvazione da parte degli altri; di per sé questa caratteristica non costituisce fonte di preoccupazione ma, in chi soffre di ansia sociale, questo aspetto diventa una vera e propria ossessione: la necessità di fare sempre una buona impressione sugli altri, cercando di evitare qualsiasi giudizio negativo porta la persona o ad evitare a monte le situazioni in cui pensa che potrebbe ricevere una critica oppure a comportamenti compiacenti nei confronti dell’interlocutore, con un conseguente senso di frustrazione e di rabbia che però non trovano scarica all’esterno ma si rivolgono al dentro, con somatizzazioni, stato di insoddisfazione, aspetti depressivi.

Chi soffre di ansia sociale ha spesso e volentieri pensieri automatici di autosvalutazione, tanto che spesso questi pensieri sono percepiti in maniera cosí intrusiva da far perdere il focus della situazione sociale, con conseguente esito negativo della prestazione richiesta, non per mancanza di capacità ma per assenza di concentrazione.

L’ansia sociale, come l’ansia in generale, diventa un pensiero totalizzante e che richiede molte energie psichiche e fisiche per essere mantenuta. Di conseguenza la persona spende la quasi totalità delle sue risorse per mantenere uno schema che alla fine va ad auto confermarsi ma spesso non si rende conto, se non lavorandoci in terapia, che è lei stessa ad avviare e mantenere questo meccanismo e che, una volta compreso e scardinato, è possibile impiegare queste energie nel raggiungimento dell’obbiettivo, invece che come nutrimento dell’ansia.

Come per tutte le forme di sofferenza psichica non esiste una eziologia univoca: l’ansia sociale spesso nasce in un ambiente familiare molto rigido e giudicante, dove non sono ammessi errori, nel quale ci sono grandi aspettative e dove ci si può esporre all’altro solo se in linea con un’ideale di perfezione (chiaramente irraggiungibile come tutti gli ideali di perfezione). Altre persone che soffrono di ansia sociale invece provengono da famiglie nelle quali ogni minima esposizione era foriera di pericolo: queste persone temono ogni situazione in cui possono essere al centro dell’attenzione e cercano costantemente di vivere nell’ombra, puntando, utopisticamente, ad essere invisibili.

Rivolgersi ad un professionista per capire come si è creata la propria ansia sociale e di conseguenza fare esperienza di un modo altro di stare nelle relazioni aiuta chi ne soffre ad utilizzare diversamente le proprie energie, ovvero per vivere appieno le esperienze di vita invece che ad escogitare modi per evitarle.

Dott.ssa Giulia Causa

giulia.causa.gc@gmail.com

www.psicologotrevisogiuliacausa.it

 

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