Il linguaggio dell’innamoramento

Cyrano de Bergerac, poeta e scrittore francese, al quale Edmond Rostand (1868- 1918; dedica un'omonima commedia eroica. Cyrano — valente uomo d’armi e di lettere, ma deturpato nell'aspetto da un naso sproporzionato --ama segretamente la cugina RoXane, ma questa si invaghisce di Christian, giovane bello ma privo di spirito. Per aiutare l'amico che l'ha scongiurato Cyrano accetta di scrivere per lui lettere appassionate da consegnare a Roxane e di suggerirgli le frasi per conquistarla (famosa è la sua definizione del bacio: “un apostrofo rosa fra le parole t'amo”. I due giovani si sposano, ma la guerra li tiene lontani e la morte  coglie Christian prima che possa rivedere la moglie e svelarle il segreto. Roxane si chiude in convento e Cyrano per 15 anni si reca a trovarla senza rivelarsi, fino al giorno in cui, colpito a morte, le porta il suo estremo saluto e si spegne in un delirio eroico.

 
Quando anima e corpo sono più che mai una cosa sola

Se le parole d'amore di Cyrano e l'animo che le dettava avessero albergato nell'aitante, ma tutto sommato scialba, figura di Christian, il dramma di Edmond Rostand probabilmente avrebbe avuto un lieto fine. Ma se così fosse avvenuto, sarebbe andata persa una delle caratteristiche più interessanti di questa vicenda, quella che potremmo chiamare la sua connotazione "schizofrenica".

Mente e corpo separati

Infatti le parole d'amore di Cyrano, unite alla prestanza fisica di Christian, seducono Roxane, ma l'inte-grazione di questi due aspetti avviene solo nella mente e nel cuore della fanciulla corteggiata. Nella realtà tale integrazione non esiste e quindi l'amore non può realizzarsi, in quanto la controparte di Roxane è irrimediabilmente scissa. Con questi presupposti è logico che il "sexum" contenuto nel dramma di Rostand non accenni mai a fondersi orgasmicamente, tranne forse che alla fine, quando è ormai troppo tardi perché ciò avvenga. Cyrano, scomparsa ormai da quindici anni l'altra sua metà, sente scendere su di sé l'ala della morte; in questo estremo istante, quelle sue parole d'amore che in passato erano sempre state senza speranza, in quanto private di paternità, sembrano riacquistare finalmente la loro forza globale, quasi premonitrice dell'atto. Ma sembra anche che, come in altri drammi che descrivono personalità "spezzate" in due figure differenti (p. e.: il Moby Dick di H. Melville, Il signore di Ballantree e La strana storia de! dottor Jeckill e Mr. Hyde di L. Stevenson) anche nel Cyrano di Rostand l'integrazione di questa figura dicotomizzata possa avvenire solo nell'aldilà. La loro scomparsa può anche non essere simultanea. Nel nostro caso il primo ad andarsene è il braccio, il corpo — Christian — mentre la mente, il poeta — Cyrano — gli sopravvive per ben quindici anni, ma, ai fini dell'evoluzione del suo rapporto con Roxane, il tempo si è fermato al momento della morte di Christian. Senza di lui, senza il corpo, Cyrano non ha nemmeno la possibilità — se pur per interposta persona — di parlare d'amore.

Una distanza avvicinante

Ad ogni modo, non sempre le parole d'amore hanno questo significato così negativo. Esse rappresentano, come e più del bacio, un'espressione simbolica dell'amore, sono uno "stampo" di quest'ultimo, una distanza fra gli innamorati, che può aumentare, diminuire o rimanere costante come lo "stampo" è stato, sarà o non sarà mai la matrice di quel sentimento che simbolicamente definisce. Le parole possono essere un braccio teso a prendere o a tenere le distanze, ma una cosa è certa: senza di esse l'amore non sarebbe più lo stesso; non potrebbe dilatarsi oltre il semplice momento dell'eccitazione; senza il loro aiuto l'uomo non potrebbe scegliere di differire la soddisfazione dei propri istinti sessuali, paradossalmente proprio in nome dell'amore.

O allontanante

Le parole d'amore quindi presentificano l'amore assente (o perché non c'è più o perché non c'è ancora) e un discorso sospeso che però in certi casi rischia di rimanere soffocato, o di diventare soffocante come nel dramma di Rostand: «Addio Roxane, son vicino a morire! Sarà per questa sera, credo, mia diletta! Ho ancora l'anima greve d'amore inespresso ...». Le parole d'amore diventano allora un eterno temporeggiare, un corteggiamento senza fine. E stato perfino ipotizzato che grandi seduttori, prodighi di tante parole d'amore — come Casanova o Don Giovanni — in realtà fossero tali per compensare una loro impotenza. C'è però qualcosa di magico nel ricordo evocato dalle parole d'amore e nel loro vagheggiare una realtà talvolta impossibile come se si trattasse di una profezia, in questo loro essere, come e più del  bacio della definizione di Cyrano, qualcosa che insieme unisce e separa. E senza dubbio chiunque tra Cyrano e Christian nutre maggiori simpatie per il primo (e questo anche per le sue appassionate parole d'amore), fantasticando in cuor suo il giorno in cui lui e Roxane potranno finalmente unirsi. E ciò risalendo dalle parole ai fatti, acquistando quella possibilità di azione che apparteneva solo a Christian. D'altra parte, mentre la morte di quest'ultimo ha un sapore definitivo e totale, quella di Cyrano da un certo punto di vista può sembrare non solo un epilogo, ma anche un antefatto, un insegnamento caldo e partecipe di un innamorato sfortunato, di un uomo morente ma non vinto, che con le sue parole forse aiuterà altri a realizzare quell'amore, ad affrontare con maggior probabilità di successo quell'ultima battaglia che l'intrepido Guascone finisce di vincere solo nella sua fantasia, nel delirio che precede la morte.

«Non importa: io mi batto! io mi batto! io mi batto!

Sì, voi mi strappate tutto, il lauro e la rosa!

Strappate pure! A vostro dispetto vi è qualcosa

Che io porto via meco, e questa sera quando sarò entrato nella dimora celeste

Il mio saluto spazzerà la soglia azzurra.

Qualcosa che senza una piega, senza una macchia,

lo porto meco a vostro dispetto, il mio pennacchio».

(da Cyrano de Bergerac. di Edmond Rostand)

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