Non tutti i sociopatici commettono omicidi.. O almeno non tutti in modo diretto!

Il termine “regola” deriva dal latino Regŭla, derivato di regĕre: guidare diritto e sta ad indicare il “modo di svolgersi ordinato e costante che si riscontra nella quasi totalità di alcuni fatti, nel campo della natura o dell’agire umano”.

Si considera perciò un’eccezione alla regola un “fatto che si sottrae alla norma”.

La “norma” o normalità è un costrutto misurato a partire da criteri di tipo statistico e sta ad indicare la gran parte dei casi e non è necessariamente un criterio di sanità, come inteso dell’utilizzo comune del termine.

Sempre la statistica fornisce il termine che sta ad indicare l’eccezione alla regola, alla norma e tale termine è quello di deviante, ovvero caso che devia, in una percentuale stabilita, dal comportamento normativo/normale.

Nelle Scienze Sociali il termine Devianza sta ad indicare una “azione o comportamento, di un individuo o di un gruppo, che la maggioranza dei membri della collettività […] giudica violi le norme condivise”; si parla dunque di individui con marcato disadattamento sociale.

Le etichette Disturbo Antisociale di Personalità o Personalità Antisociale (i termini ‘sociopatico’ e ‘psicopatico’ sono in disuso, nel gergo tecnico) stanno ad indicare una struttura di personalità che mostra precisi tratti di disadattamento, per l’appunto.

La struttura di una personalità ne definisce perciò i tratti stabili, ovvero il modo di pensare, agire e comportarsi, che un individuo adotta in relazione agli altri.

Il primo ad approfondire e organizzare in un paradigma bio-antropologico lo stile di personalità antisociale fu l’italiano Cesare Lombroso. La teoria lombrosiana può essere riassunta nella frase “Criminali si nasce!”.

Questa teoria, come tutte le maggiori in campo scientifico, è stata poi confutata, fino allo scivolamento nel paradigma opposto: “Criminali si diventa!”, come sostennero menti illustri quali Durkheim e Merton.

Provvederà il paradigma interazionista formulato da Cohen e Becker a integrare i due precedenti, dimostrando la necessità di analizzare l’interazione tra chi crea le norme, chi le applica e chi le infrange. Si rende dunque fondamentale tener conto dell’immagine che di tali individui sviluppa la società.

È perciò essenziale distinguere tra il compimento di una trasgressione e la conseguente reazione sociale, per cui l’attore verrà identificato come deviante, con la conseguenza che i suoi comportamenti presenti e passati saranno poi interpretati alla luce di tale giudizio (vd. “etichettamento”in Becker, 1971).

La Personalità Antisociale si distingue per:

- Incapacità di conformarsi alle norme sociali per quanto riguarda il comportamento legale;

- Disonestà: mente, manipola, truffa e sfrutta l’altro per profitto o piacere;

- Impulsività e aggressività;

- Noncuranza sconsiderata della sicurezza propria e altrui;

- Irresponsabilità abituale;

- Mancanza di rimorso.

Tali caratteristiche si manifestano marcatamente dalla prima età adulta, ma l’individuo, già nell’infanzia, palesa disturbi della condotta.

“L’infanzia delle persone antisociali è spesso caratterizzata da insicurezza e caos” (Mc Williams, 2012) e il comportamento aggressivo, innato, è, difatti, attivato da situazioni ambientali percepite come pericolose, minacciose.

Le madri dei bambini con disturbo della condotta sono spesso deboli, masochiste o depresse, mentre le figure paterne descritte in letteratura denunciano marcati aspetti di sadismo e rigidità, il tutto incluso in un clima generale di profonda incuria.

L’aggressività in età adulta, sviluppata a seguito di un attaccamento insicuro nei confronti delle figure di riferimento in infanzia, può dunque essere ricondotta a due fattori principali:

- un’esperienza infantile di deprivazione da parte di chi avrebbe dovuto prendersi cura del bambino (caregiver);

- uno sviluppo carente della funzione riflessiva (“ciò che permette al bambino di leggere la mente delle persone.” Fonagy, 2001) legato ad abusi, maltrattamenti o scarsa sensibilità genitoriale.

La Personalità Antisociale è distribuita nella popolazione attorno al 0,02-3% dei casi accertati, quindi noti grazie a studi psicometrici e statistiche.

La persona antisociale o con tratti antisociali dimostrerà quindi una marcata sfiducia negli altri, il che può ripercuotersi in particolare sulle Istituzioni, ombre collettive della figura paterna.

Il senso di Sé, l’autostima sono inoltre percepiti come precari, costantemente minacciati; nello sviluppare tali pensieri in realtà l’individuo proietta i propri all’esterno, sull’altro.

Potranno perciò manifestarsi tratti paranoidei e di grandiosità, quindi aspetti narcisistici, in quanto ad alti livelli di disorganizzazione della personalità, questa può mostrare caratteristiche disparate, appartenenti a più inquadramenti e perciò difficilmente categorizzabili in modo rigido.

In questo particolare momento storico non è inusuale assistere a manifestazioni di accusa e noncuranza, rispetto all’integrità fisica e psichica, propria e altrui, che lasciano la maggior parte dei non addetti ai lavori particolarmente sbigottiti.

Si tratta di chi viola costantemente regole e divieti imposti dall’emergenza sanitaria attraversando Lo Stivale da Nord a Sud, ma anche solo attraversando i parchi cittadini per fare jogging; uscendo quotidianamente senza DPI se contagiati; continuando a recarsi nei luoghi di lavoro anche se non necessario;…

Senza pretesa di essere esaustivo, questo articolo si prefigge di addurre un’ulteriore prospettiva sul fenomeno, portando alla luce aspetti ancora non considerati, accanto a quelli di tipo difensivo (negazione: “non esiste/è un raffreddore!”) e narcisistico (“non può accadermi nulla/Io sono L’Eccezione!”) e imponendo una riflessione sulle sfumature del fenomeno stesso, ai fini di una maggiore comprensione, dunque un ridimensionamento del medesimo.

 

Bibliografia:

American Psychiatric Association. "Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, quinta edizione, DSM-5." Raffaello Cortina Editore (2014).

Baldoni, Franco. "Aggressività, comportamento antisociale e attaccamento." Crocetti G., Galassi D.(a cura di): Bulli marionette. Bullismi nella cultura del disagio impossibile. Pendragon, Bologna (2005): 39-67.

Becker, H. S. "Una rilettura della teoria dell’etichettamento." Outsiders. Saggi di (1971).

Fonagy, P., and M. Target. "Attaccamento e funzione riflessiva: il loro ruolo nell’organizzazione del Sé." Tr. it. In Lingiardi, V., Ammaniti, M.(a cura di), Attaccamento e funzione riflessiva. Raffaello Cortina, Milano (2001).

McWilliams, Nancy, Adriano Schimmenti, and Vincenzo Caretti. La diagnosi psicoanalitica. Astrolabio, 2012.

Sitografia:

http://www.treccani.it/vocabolario/regola/

http://www.treccani.it/enciclopedia/devianza/#paradigmidellad-1

http://docenti.unimc.it/alessia.bertolazzi/teaching/2016/16101/files/Devianza.pdf

https://www.ecopoiesis.it/il-disturbo-antisociale-di-personalita/

 

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