Come mi devo comportare? Sono anni che soffro

Rita

Salve, ho un figlio di 33 anni che sin da piccolissimo ha dato segni di iperattività, diagnosi di ADHD. Siamo stati seguiti da un centro di neuropsichiatria infantile dove non hanno fatto altro che imbottirlo di farmaci. Tutto questo per 10 anni, senza alcun miglioramento. La nostra famiglia si distruggeva sempre di più; io ero sempre stanca.

Una volta cresciuto, ha smesso le cure, ma le cose sono peggiorate ancora.

Ho desiderato un secondo figlio, un bambino completamente differente: buono, dormiva, al contrario del fratello. Ci proibiva di fare rumori perché lui doveva dormire. Passavamo in punta di piedi, questa creatura cresciuta nel silenzio per paura del fratello.

Lui pretendeva di tutto e di più, altrimenti faceva scandali. Mi ha distrutto casa: porte, finestre, mobili. Mi rivolgeva insulti da donnaccia, mi minacciava da donnaccia. Mi lasciava, e tuttora lo fa.

Lui non lavora, non vuole lavorare, ma pretende di fumare, di comprare ciò che gli serve. Vivo la vita in continua ansia, tra liti, scandali e urla di disperazione quando litigano con il padre.

Il fratello ora è adulto e lavoratore, ma segnato dalle ingiustizie e dai maltrattamenti del fratello maggiore. Lo odia a morte, odia il padre, odia tutti. Dice che lui non lavorerà mai perché se esce per lavorare litiga con tutti.

Ha fatto danni anche al vicinato, rotto vetri, insultato. Non sono padrona in casa mia di niente. Lui si sposta a dormire dove gli fa comodo e vuole finestre chiuse e silenzio, altrimenti sono insulti. Ho cambiato quattro volte le porte. Ieri ne ha sbattuta una staccandola dalle cerniere e ha fatto volare un telecomando del valore di 100 euro. Abbiamo la casa tutta distrutta e il sistema nervoso a pezzi.

Soprattutto io, mi tormenta con richieste di acquisti. Io lavoro tanto, anche fuori. Lavoriamo tutti e tre, solo lui non fa niente dalla mattina alla sera. Tante volte ho chiamato Carabinieri, ambulanza. Ha promesso che sarebbe cambiato, invece me l'ha fatta scontare, trattandomi come una bestia perché lui non dimentica che io ho chiamato Carabinieri e ambulanza.

Non si fa aiutare da psicologo, da nessuno. Scrive continuamente insulti al telefono, augura la morte al fratello e al padre. Non ha legami con nessuno.

Io sono distrutta, ho 60 anni e sono 33 anni che vivo nelle spine. Non c'è verso di convincerlo a curarsi.

Lui dice che voleva essere figlio unico, che era abituato solo, perché il secondo l'ho avuto dopo 12 anni, prima ero troppo debole a causa sua. L'ho aiutato sempre, tutto ciò che potevo. Prendeva e ci ha venduto tutto: il nostro oro, quello del fratello, tutto. Una vita d'inferno. 😪😔

Sono allo stremo ormai, anche perché penso all'età che avanza e non ho più la forza di sopportare tutto ciò. Grazie. Non auguro a nessuno la vita che ho passato io... e la mia famiglia..."

3 risposte degli esperti per questa domanda

Gentile signora,

capisco profondamente la fatica che sta vivendo e la sensazione di non avere più le forze per gestire una situazione che dura da tanti anni. Quando in famiglia è presente una persona con comportamenti impulsivi, oppositivi o difficili da contenere, è naturale che il peso ricada su chi si prende più cura degli altri spesso proprio la madre. In questi casi non si tratta di “colpe” o di “malattia”, ma di situazioni complesse che richiedono una rete di sostegno esterna. Rivolgersi a un servizio territoriale di supporto psicologico   che possano aiutarvi a gestire meglio la convivenza, ridurre i conflitti e tutelare il benessere di tutti i membri della famiglia.

Parallelamente, per lei sarebbe importante ricevere uno spazio di ascolto personale, per rielaborare la stanchezza e il senso di impotenza che si è accumulato negli anni. Anche quando non è possibile convincere un familiare a farsi aiutare, è fondamentale che chi subisce la pressione quotidiana non resti solo. Chiedere aiuto non è un segno di debolezza, ma un atto di forza e di tutela verso se stessi e verso chi si ama.

Dott.ssa Klarida Rrapaj

Dott.ssa Klarida Rrapaj

Roma

La Dott.ssa Klarida Rrapaj offre supporto psicologico anche online

Cara Rita,
mi dispiace profondamente per la situazione che descrive, dalle sue parole emerge una sofferenza profonda, accumulata nel tempo, fatta di stanchezza, impotenza e tensione continua. È comprensibile che, dopo tanti anni, lei si senta allo stremo.

Vorrei chiederle se ha mai pensato di rivolgersi lei stessa, insieme al resto della famiglia, a un professionista (psicologo o psicoterapeuta), per ricevere un supporto specifico nella gestione relazionale ed emotiva di suo figlio e per ritrovare un equilibrio personale e familiare. Anche se suo figlio rifiuta di farsi aiutare, un percorso di sostegno per voi genitori può essere di grande aiuto nel comprendere meglio le dinamiche, imparare a proteggervi, stabilire limiti chiari e gestire la vostra energia emotiva.

Capisco quanto possa essere difficile “convincere” suo figlio ad accettare un aiuto, soprattutto se è presente una lunga storia di oppositività, rabbia e sfiducia nei confronti delle figure di cura. In questi casi, spesso non si parte dal convincerlo, ma dal modificare il contesto relazionale: piccoli cambiamenti nel modo in cui la famiglia reagisce, comunica o pone limiti possono, nel tempo, favorire un’apertura maggiore da parte sua.

Potrebbe essere utile rivolgersi a un Centro di salute mentale per adulti (CSM) del suo territorio, dove è possibile ricevere consulenza e sostegno anche per i familiari di persone con disturbi comportamentali o difficoltà psichiche.
Esistono inoltre sportelli d’ascolto per familiari e associazioni di genitori di persone con ADHD o disturbi della condotta che offrono gruppi di supporto e indicazioni pratiche.

Non deve affrontare tutto da sola: prendersi cura di sé è il primo passo per poter gestire, con più lucidità e meno dolore, la complessità della situazione familiare.

Se vuole, posso aiutarla a individuare come muovere i primi passi o indicarle alcune risorse o centri nella sua zona.

Un caro saluto,

Dott.ssa Ilaria Volpi

Cara Rita,
mi rendo perfettamente conto del dolore che prova. Ha affrontato per tantissimi anni una situazione che avrebbe annientato chiunque: timore, sfinimento, brutalità, frustrazione. Ma deve assolutamente tener presente che non è responsabile di tutto questo — ha fatto tutto ciò che una madre poteva fare, spesso andando ben oltre i suoi limiti.

Arrivati a questo punto, la cosa più importante non è più "dare una mano a suo figlio", ma salvaguardare sé stessa e gli altri membri della famiglia.

Ecco cosa le consiglio di fare:

Si prenda cura della sua incolumità. Gli atteggiamenti di suo figlio rientrano nella violenza domestica. Può rivolgersi ai Servizi sociali o a un centro antiviolenza: la aiuteranno a comprendere come mettersi al sicuro.

Si affidi a un supporto psicologico per sé stessa. Ha bisogno e si merita di essere ascoltata e supportata.

Si metta in contatto con il centro di salute mentale della sua zona. Se suo figlio rappresenta un pericolo per sé o per gli altri, si può richiedere un intervento immediato anche senza il suo consenso.

Non si chiuda in sé stessa. Ci sono gruppi di supporto per i familiari di persone con disturbi psichiatrici: confrontarsi con chi ha vissuto esperienze simili può essere di grande conforto.

Ha resistito per ben 33 anni: ora è giunto il momento di pensare a sé stessa e alla sua tranquillità.

Dott. Fabiano Foschini

Dott. Fabiano Foschini

Milano

Il Dott. Fabiano Foschini offre supporto psicologico anche online