Attaccamento disorganizzato e Disturbo Borderline di Personalità: correlazione e possibile etiologia

Introduzione

Gli stili di attaccamento sono spesso chiamati in causa per spiegare delle dinamiche relazionali. I più conosciuti sono l’attaccamento insicuro e quello evitante. Per comprendere bene di cosa si stia parlando, il lettore può fare riferimento al precedente Articolo. Tuttavia, lo stile di attaccamento può influire non solo sulle relazioni, ma anche sull’insorgenza di psicopatologie. Particolare è il caso dell’attaccamento disorganizzato, scoperto grazie alla Strange Situation.

La Strange Situation Procedure

La Strange Situation Procedure è una procedura ideata da Mary Ainsworth che permette di valutare lo stile di attaccamento del bambino. Consiste in una serie di momenti in cui il bambino vive un’ alternanza di separazioni-riavvicinamenti con la madre, situazione che lo pone sotto stress ed induce l’attivazione del sistema di attaccamento. Gli stili di attaccamento da cui si partiva erano tre: sicuro, insicuro evitante e insicuro ambivalente; ognuno di loro si caratterizzava per dei sistemi comportamentali molto chiari e coerenti.

Si poteva osservare però una categoria di bambini che mostrava un comportamento piuttosto incoerente, disorganizzato: piangevano al momento della separazione, ricercavano la madre e si avvicinavano a lei al momento del ricongiungimento, ma poi distoglievano lo sguardo. Sembravano bramare le braccia rassicuranti del caregiver per poi volerne fuggire. Mary Main e Solomon nel 1986 introdussero così il tipo disorganizzato/disorientato come stile di attaccamento caratterizzato da comportamenti incoerenti e disorientati, concettualizzandolo come un’inefficacie strategia di coping attivata per fronteggiare soprattutto stressor relazionali.

Main e Hesse proposero una chiara spiegazione a tali comportamenti: la figura di attaccamento si presenta come rassicurante e spaventosa allo stesso momento, è fonte di conforto ma anche di allarme per cui il bambino la ricerca ma fugge.  Queste esperienze contrastanti e confondenti inducono un collasso delle strategie comportamentali, e un caotico modo di reagire.

A cosa si deve tale rappresentazione del genitore?

Come per tutti gli stili di attaccamento il contesto familiare e relazionale svolgono un ruolo determinante.  È proprio in tali contesti che si inseriscono quelle relazioni che porteranno alla nascita dei Modelli operativi Interni (MOI). Menzogne, inganni e gaslighting contribuiscono a creare un ambiente confondente e dissociante per il bambino. Allo stesso modo, caratteristiche genitoriali sono di grande rilievo.

Deficit cognitivi dei genitori e psicopatologie possono influenzare direttamente la rappresentazione che il bambino sviluppa di sé o del genitore, oppure possono farlo indirettamente, determinando manifestazioni di abuso, maltrattamenti e negligenza. Si vengono a creare così situazioni in cui il genitore, che è colui che nutre e da conforto, è anche colui che spaventa e fa soffrire. È l’immagine di un genitore “molteplice”, confusionario.

Altri due elementi sono responsabili dell’attaccamento disorganizzato. Il primo è l’evitamento da parte del genitore di sentimenti di dolore e stati emotivi negativi che il bambino manifesta. Questi riattivano delle esperienze personali che il genitore non è pronto ad affrontare o che non sa come gestire, dunque li nega, non vi presta attenzione e non li organizza. Viene meno la funziona alfa del genitore di cui parlava Bion, ovvero il riconoscimento e la restituzione al bambino in modo organizzato e comprensibile dei propri stati interni. Ciò non consente lo sviluppo della capacità di regolazione emotiva, né della Teoria della Mente (ToM).

Il secondo elemento è la presenza di traumi irrisolti nel caregiver: durante l’accudimento dell’infante l’espressione del volto del genitore potrebbe tradire un certo spavento e dolore, associato a traumi irrisolti, cui il bambino risponde con altrettanta paura.

Le conseguenze

In risposta a queste dinamiche relazionali il bambino sviluppa dei MOI molteplici, ovvero le rappresentazioni di sé e dell’altro sono positive e negative al contempo. Il triangolo di Karpan è uno strumento utile per capire tale aspetto. Il bambino, vedendo il genitore reagire a lui con timore, si percepisce come il cattivo persecutore di cui il genitore è vittima; al contempo però è anche con lui che con la sua gioia ed il suo amore può salvarlo. Lo stesso vale per il genitore, che benchè sia persecutorio e lo vittimizzi in alcune circostanze (il seno cattivo della Klein), quando se ne prende cura è anche il suo salvatore.  Vittima-Persecutore-Salvatore sono ruoli che, in modo alternato, appartengono sia al genitore che al bambino.

Attaccamento e psicopatologia

Perry e collaboratori hanno notato come a caratterizzare le risposte al trauma prodotte da questo stile di attaccamento è la dissociazione. Il bambino esperisce una minaccia nel rapporto con l’altro che attiva il sistema simpatico. Se normalmente questo indurrebbe a delle risposte di attacco o fuga, dunque di aggressività verso la minaccia percepita o la fuga dalla stessa, quando la minaccia è costante come quando è una figura genitoriale, l’attacco e la fuga non sono più adattivi. Subentra il freezing, che dal punto di vista delle difese psichiche altro non sarebbe che la dissociazione.  Secondo un approccio cognitivo si assiste ad un deficit delle funzioni integrative, spiega Liotti (2005), per questo quanto trattenuto dalla memoria implicita ed esplicita del bambino in merito al rapporto con il caregiver non sarà mai integrato in un MOI coerente ed organizzato.

Tale mancanza di integrazione delle memorie è caratteristica dei disturbi dissociativi. Che si parli di amnesia dissociativa, di Disturbo Dissociativo di Identità, di Disturbi da Derealizzazione/Depersonalizzazione, si assiste ad una frattura “verticale”: il ricordo non è scisso dalla coscienza e rilegato nell’inconscio (frattura orizzontale), ma viene proprio rilegato ad un altro Sé.

La disorganizzazione dell’attaccamento sembra avere a che fare anche con il Disturbo Borderline di Personalità. Come sottolineato poche righe sopra, l’evitamento da parte del genitore degli stati affettivi negativi del bambino induce un deficit nello sviluppo dell’abilità di regolazione emotiva. Tuttavia, alcuni studi ed alcuni autori (Fonagy,2000) mostrano come sia la capacità metacognitiva in sé ad essere compromessa nell’attaccamento disorganizzato, con particolare pregiudizio della Teoria della Mente (ToM), ovvero la capacità di riflettere sui propri e altrui stati mentali. Uno studio di Carlson del 1997 conferma, inoltre, una tendenza a stati mentali dissociati che occorrono spontaneamente in ragazzi con una storia di attaccamento disorganizzato, confermando la tendenza ad utilizzare tale meccanismo, e la ridotta capacità metacognitiva. La metacognizione e la ToM sono due requisiti fondamentali per la regolazione emotiva; la compromissione di tali aree dovuta alla disorganizzazione dell’attaccamento dunque pare spiegare le difficoltà nella regolazione delle emozioni riportate dai soggetti con DBP.

Attaccamento e DBP: una prospettiva psicoanalista ed una cognitiva

Lo psicoanalista Otto Kernberg spiega il DBP come frutto del conflitto fra pulsioni libidiche ed aggressive gestito non tramite rimozione o formazione di compromesso, come accade nei nevrotici secondo la teoria psicoanalitica classica, bensì tramite scissione.

Secondo l’autore, un eccesso di pulsione aggressiva renderebbe impossibili da integrare le rappresentazioni del Sé e dell’altro: il Sé buono sarebbe distrutto da quello cattivo, e lo stesso vale per l’Altro buono (chiaro retaggio kleiniano). Per garantire la sopravvivenza delle rappresentazioni positive bisogna evitare che quelle aggressive le contaminino e distruggano, dunque vengono mantenute separate e non integrate: mentre il Sé va separato dall’Altro, per evitare la fusionalità psicotica, il buono va separato dal cattivo per evitarne la distruzione. Questo è alla base della polarità espressa dai soggetti con DBP nelle relazioni: l’altro viene idealizzato, oppure svalutato, è il salvatore o il persecutore, ma mai in modo stabile. Il soggetto vive un continuo oscillare fra rappresentazioni opposte.

Il modello di Marsha Linehan del DBP (1993) propone un’ottica cognitivista sostenendo che il nucleo del disturbo risiede in un importante deficit del sistema di regolazione emotiva. Le emozioni sono vissute in modo molto intenso e ciò si ripercuote nei comportamenti, che possono apparire estremi. Anche i deficit di monitoraggio metacognitivo e di Teoria della Mente, alterati dall’attaccamento disorganizzato, giocano un ruolo importante nel regolare le emozioni.  

Liotti (1999) fa notare come unendo questi due modelli la gamma di esperienze emotive, comportamenti e dinamiche relazionali riscontrabili nei soggetti con DBP sia facilmente spiegabile: oscillazione tra idealizzazione e svalutazione, labilità dell’umore ed impulsività, emozioni intense e incontrollabili. Per poter distaccarsi da tanta attivazione emotiva e gestire l’intensità delle proprie esperienze si può ricorrere al distacco emotivo raggiunto tramite comportamenti sessuali promiscui, l’assunzione di alcool e stupefacenti, o ancora attraverso comportamenti di dipendenza come il gioco d’azzardo (Liotti, 1999b, 2001).

Conclusioni

Comprendere in che modo lo stile di attaccamento possa influire sullo sviluppo di diverse psicopatologie non è sempre facile; questo focus sullo stile disorganizzato e le dinamiche psichiche e cognitive che promuove permette di averne una visione più chiara.

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