Le dinamiche che descrive — l’alternanza tra calma e rabbia, la ripetizione ossessiva degli stessi argomenti, l'aggressività verbale mirata solo verso lei e sua sorella, il rifiuto di qualsiasi aiuto esterno — sono segnali che possono effettivamente far pensare alla presenza di un disturbo della personalità, come quello borderline. Tuttavia, è importante ricordare che solo un professionista della salute mentale può fare una diagnosi accurata, e questa può avvenire solo con la collaborazione della persona interessata. Capita spesso, purtroppo, che chi manifesta questi comportamenti non riconosca la propria sofferenza, attribuendo invece la colpa agli altri. Questo può essere molto frustrante per i familiari, che si trovano a gestire reazioni sproporzionate, sensi di colpa e un costante stato di allerta emotiva.
Cosa può fare ora?
1. Proseguire il suo percorso personale di supporto
Il fatto che lei senta il bisogno di confrontarsi con una psicologa è già un passo fondamentale. Il lavoro su se stessi, soprattutto in questi contesti familiari così complessi, aiuta a creare confini emotivi sani e a proteggere il proprio benessere — e, come ha scritto, anche quello dei propri figli. È un atto di grande responsabilità e amore.
2. Stabilire e mantenere confini chiari
Quando il dialogo diventa tossico o aggressivo, è legittimo — e a volte necessario — interrompere la conversazione o allontanarsi momentaneamente, spiegando in modo fermo (ma non aggressivo) che non si è disposti ad accettare determinati toni. Questo non risolverà il problema alla radice, ma può ridurre l’intensità dei conflitti.
3. Cercare un sostegno familiare strutturato
Potreste valutare, insieme a sua sorella, un percorso di mediazione o consulenza familiare, anche se sua madre non volesse partecipare. A volte è sufficiente che i familiari diretti inizino un lavoro congiunto per modificare in parte le dinamiche relazionali.
4. Informarsi sul “parent training” o gruppi di supporto
Esistono percorsi pensati proprio per i familiari di persone con disturbi della personalità. In questi contesti si imparano strategie per affrontare meglio le crisi, comunicare con maggiore efficacia e tutelare la propria salute mentale. Molti centri di salute mentale (CSM) e associazioni ne offrono, anche gratuitamente.
5. Valutare la possibilità di coinvolgere i servizi sociali o sanitari
Se il comportamento di sua madre dovesse diventare pericoloso per sé o per gli altri, o se dovessero esserci episodi di violenza più gravi, può essere necessario un intervento esterno. In questi casi è possibile rivolgersi al medico di base, ai servizi sociali o al CSM del territorio per richiedere una valutazione.
Affrontare tutto questo è molto faticoso, ma il fatto che lei stia cercando risposte e strumenti per gestirlo è già un enorme passo verso il cambiamento. Non può “salvare” sua madre se lei non vuole, ma può scegliere di salvarsi lei stessa da un legame che la consuma, senza per questo rinunciare all’affetto o al rispetto.
Dott.ssa Antonella Bellanzon