DOC

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Il disturbo ossessivo- compulsivo è sempre più frequente, soprattutto nei giovani. Indubbiamente, la pandemia ha portato ad un aumento dei disturbi ossessivi. 

Il Doc provoca una profonda  sofferenza  nei pazienti e nei loro familiari. E’, inoltre,  un disturbo invalidante che riduce notevolmente le capacità di realizzazione esistenziale. I pazienti ossessivi, proprio a causa del loro disturbo, spesso, non riescono a svolgere un’attività lavorativa o la realizzano in modo discontinuo o debbono contentarsi di mansioni a bassa responsabilità, e comunque inferiori alle loro capacità lavorative. Il disturbo si riflette negativamente anche sulla qualità e la durata delle relazioni amicali ed affettive, infatti, il 50 % dei pazienti non riesce a stabilizzare o a mantenere un rapporto di coppia.

Nel Doc sono presenti le  ossessioni e le compulsioni. Le prime sono dei pensieri, degli impulsi o delle immagini ricorrenti e persistenti, vissuti come intrusivi ed indesiderati che generano ansia. Il soggetto tenta di ignorarli o sostituirli con altri pensieri. 

Le compulsioni sono comportamenti che il soggetto si sente costretto a mettere in atto in risposta all’ossessione. Hanno lo scopo di ridurre l’ansia e di prevenire gli eventi temuti, ma non hanno un collegamento realistico o sono chiaramente eccessivi. Fanno consumare tempo, più di un’ora al giorno, e, come ho detto, sono fortemente invalidanti.


FORME DI DOC

Esistono molte forme di DOC.

- contaminazione: timore di ammalarsi in seguito ad un contatto che porta a lavarsi le mani con la sensazione che non basti mai;

- controllo: ad esempio non si è certi di aver spento il gas e si ripete l’azione;

- sessuali e di pedofilia: pensiero di essere omosessuale: viene testato con prove guardando i ragazzi che passano e cercando di capire cosa si prova. Lo stesso vale per il timore di essere pedofilo;

- Doc da relazione: ci si chiede insistentemente se si ama ancora il proprio partner, se è adatto a sé e si va avanti per tutto il giorno;

- religiose e morali : ‘venderei l’anima al diavolo per passare l’esame’: il diavolo gli ha creduto e per scongiurare il pericolo che si prenda la sua anima, deve leggere ogni riga senza pensare alla parola ‘diavolo’. Non riuscendoci, ovviamente, ricomincia ogni volta da capo. Questo pensiero può comparire anche in altri contesti e deve neutralizzarlo pronunciando una determinata frase. Non riuscirà quindi a sostenere l’esame;

- Danno: ‘potrei fare del male al mio bambino’: butta tutti i coltelli, ma subentra la paura di soffocarlo e quindi butta tutti gli asciugamani, le coperte. Il timore è talmente invadente da non permetterle di fare il bagnetto al bambino;

- ordine e simmetria: si ordinano i libri in libreria per lettera perfettamente allineati, altrimenti può succedere qualcosa di brutto ad un proprio caro;

- paura di aver investito qualcuno: si torna indietro per controllare e non trovando nulla si pensa che la persona può essere stata soccorsa. Si sentono i telegiornali e si pensa per ore al tragitto percorso.

 
L’ATTIVITA’ OSSESSIVA

Si parte da un evento che innesca l’attività ossessiva (evento critico). Può trattarsi di un fatto concreto, come aver toccato un oggetto, o di un pensiero, come ad esempio pensare ai vantaggi che potrebbero derivare dalla morte di una persona cara o di un’immagine, ad esempio a carattere omosessuale o di una sensazione, ad esempio di sporco, o di un’emozione, come la rabbia.

Segue una prima valutazione che il paziente da dell’evento: una minaccia incombente, grave, ma fronteggiabile. La minaccia può presentarsi o come timore di colpa per irresponsabilità, che rappresenta il caso più frequente, o come timore di contaminazione da parte di sostanze disgustose.

Da questa prima valutazione, troviamo i tentativi di soluzione di primo ordine, che il paziente mette in atto, intenzionalmente o automaticamente, per prevenire o neutralizzare il problema scatenato dall’evento. Tra le attività intenzionali troviamo gli evitamenti, i controlli, le neutralizzazioni, come ad esempio i rituali di lavaggio, le ruminazioni.

Sono tutti tentativi ripetitivi, persistenti e sono spesso incongrui rispetto alla preoccupazione, possono essere magici.

Abbiamo poi una seconda valutazione fatta dal paziente, questa volta molto critica verso se stesso. Si sente preoccupato per la sua esagerazione e teme i danni che la sua attività procura a se stesso e ai propri cari. Seguono i tentativi di soluzione di secondo ordine per contenere il disturbo. Possono essere tentativi di sopprimere i pensieri ossessivi e bloccare le compulsioni o il ‘più di prima’.

L’evento critico è molto imprevedibile e l’imprevedibilità dipende dal particolare impegno che il paziente sente di dover mettere per prevedere o prevenire gli eventi temuti. 


EVENTO

‘Sfiorare inavvertitamente un passante

PRIMA VALUTAZIONE

Per sbadataggine potrei essermi contagiato l’Aids, dunque debbo provvedere’

TENTATIVI DI SOLUZIONE 1

Lavaggi ripetuti

Evitamenti

Ruminazioni

Richiesta di rassicurazioni

SECONDA VALUTAZIONE

‘Queste mie preoccupazioni sono esagerate sto rovinando la mia vita e quella dei miei familiari potrei rendere ossessivo mio figlio’

TENTATIVI DI SOLUZIONE 2

- di contrasto:

Tentativi di soppressione del pensiero

Tentativi di soppressione dei lavaggi più di prima:

Evitamenti finalizzati a prevenire il doc

Ruminazioni per autoconvincersi dell’inesistenza del pericolo

Lavaggi finalizzati a contenere l’impulso a lavarsi

Richiesta di rassicurazioni


COMPRENDERE LA MENTE OSSESSIVA

E’ molto antica l’idea che alla base del Doc vi sia un esagerato senso morale. Nel 17° secolo, Taylor che descrisse per primo in modo scientifico il Doc, riteneva che alla radice vi fosse una scrupolosità esagerata, un eccesso di religiosità ed una forte attitudine alla preoccupazione morale.

Nei pazienti ossessivi si riscontra, infatti, una maggiore tendenza a provare colpa e a sentirsi responsabili. Diversi studi sperimentali hanno dimostrato  che inducendo in pazienti ossessivi una diminuzione del senso di responsabilità, diminuisce la preoccupazione e l’urgenza di eseguire i rituali di controllo compulsivo. 

Così come, in  soggetti non clinici, aumentando il senso di responsabilità e soprattutto il timore di colpa si presentano comportamenti simil-ossessivi, come controlli ripetuti, esitazioni, ansia.

Chi teme un danno ha lo scopo di prevenirlo, contenerlo, fronteggiarlo e si concentra sul fatto dannoso in se. Chi ha timore di sentirsi in colpa ha lo scopo di non agire in modo da non avere nulla di cui essere accusato; la sua performance deve essere moralmente irreprensibile .

Viene definito il ‘disturbo dello scrupolo’, riferito al  dubbio che sorge dopo che la certezza è stata raggiunta. 

Le preoccupazioni ricorrenti sono le seguenti: essere colpevoli (se non controllo di aver spento il gas, incendio tutto); essere contaminati (lavarsi le mani); le proprie azioni non sono come dovrebbero essere (ordine e simmetria) e potrebbero causare un guaio a qualcuno.

Come possiamo vedere, alla base del pensiero ossessivo c’è la sensazione di essere responsabili. 

Quale colpa temono gli ossessivi? Temono soprattutto di essere responsabili di aver fatto male qualcosa più che le conseguenze. Gli ossessivi sono molto più sensibili ad una morale di tipo deontologico più che altruistico: si tratta di una regola morale. 

E’ stato osservato che gli ossessivi hanno vissuto esperienze sensibilizzanti alla colpa, esperienze precoci di rimprovero terminate senza un esplicito rituale di perdono da parte dei genitori. Nel caso opposto, si tratta di bambini così attenti che non venivano rimproverati.

La ripetizione del controllo deriva appunto dal voler essere certi di non avere nulla da rimproverarsi, eliminare ogni scrupolo.

Sembra che nella maggior parte dei casi si possa rintracciare una colpa o un aumento di responsabilità o un episodio che ha minato la fiducia del paziente nella propria capacità di essere all’altezza dei suoi doveri.

Alcune ricerche hanno dimostrato che la tendenza alle ossessioni e alle compulsioni si associa con una  educazione severa accompagnata ad atteggiamenti sprezzanti, aggressivi e svilenti.

Anche una sostanziale ambiguità nella relazione d’attaccamento dove la figura di riferimento manda messaggi contraddittori: comunica affetto e apprezzamento verbalmente ma freddezza e disapprovazione sul piano non verbale. Questo porterebbe il paziente al dubbio di essere una persona apprezzabile e la ricerca della certezza assoluta.


TRATTAMENTO

Il trattamento considerato più efficace è quello cognitivo-comportamentale, in particolare con la tecnica di esposizione e prevenzione della risposta.

Esamino ora i vari steps del trattamento.

- condivisione del funzionamento del disturbo: abbiamo un primo processo ricorsivo dove un evento critico, come ad esempio pensare di chiudere le finestre, fa scattare una prima valutazione : ‘Le avrò chiuse bene?’, alla quale segue un primo tentativo di soluzione, rappresentato dalla compulsione dei ripetuti controlli; nel secondo processo ricorsivo è presente una seconda valutazione molto critica rispetto i timori, con una grande colpevolizzazione di sé, dalla quale scatta un secondo tentativo di soluzione legato al pensiero che sarà l’ultima volta che effettuerà il controllo.

- intervento sul secondo processo ricorsivo : aiutare il paziente a ridurre la probabilità e la gravità che attribuisce all’evento temuto e aiutarlo a modificare la convinzione che le compulsioni siano indispensabili a prevenirlo. In questo modo, può riuscire a ridurre l’investimento protettivo e accettare la minaccia di sentirsi colpevole.

La minaccia è meno grave di quanto si pensi, così come la propria responsabilità. Il senso di colpa esiste ma non è catastrofico, nessuno può essere moralmente perfetto.

- Esposizione con prevenzione della risposta: costruire una gerarchia di eventi temuti, da quello che produce meno ansia. Aiutare il paziente ad esporsi alla situazione temuta non mettendo in atto la compulsione. Più passa il tempo, più diminuisce l’ansia e in questo modo il paziente impara a restare nella situazione di ansia.

Si tratta fondamentalmente di aiutarlo a stare sotto la spada di Damocle, accettare la sensazione del pericolo di diventare colpevole di qualcosa.  Potrà così sperimentare il fatto che i costi dell’ansia sono inferiori rispetto alle compulsioni.

La clinica del Doc si deve occupare dell’interruzione dei circoli viziosi di mantenimento ma anche ridurre la particolare sensibilità dei pazienti ossessivi verso la colpa e lo svilimento morale, l’essere disprezzati.

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