Cara Alessia,le tue parole arrivano forti, nitide e dolorose. Non sono semplici da leggere, perché sono vere. Ma è proprio questa verità che merita rispetto, e merita qualcuno che ti risponda con altrettanta sincerità. Quando dici che ti senti come “una mina vagante che nessuno riesce ad afferrare”, parli di una solitudine profonda, quella che nasce non solo dall’essere ignorati, ma dall’essere incompresi anche quando urli in silenzio. Eppure… tu stai parlando. Con questa lettera, stai chiedendo aiuto, stai raccontando il tuo dolore. Questo è coraggio. Non un gesto debole, non un lamento, ma un atto di forza reale, anche se non ti sembra. Hai 16 anni, Alessia, e non dovresti portare il mondo sulle spalle.
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Vedere tua nonna in ospedale, e sentirti impotente.
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Avere adulti attorno che bevono, che non ti vedono, che non fanno il loro mestiere: proteggerti.
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Cercare amore e trovarti rinchiusa.
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Cercare aiuto e sentirti colpevole della tua stessa sofferenza.
Tutto questo non è colpa tua. Mai.
Stai crescendo in un ambiente che ti fa sentire invisibile e sbagliata, e questo lascia ferite che nessuno dovrebbe portare da solo. I tagli: non sono una richiesta di attenzione, sono una richiesta di esistenza Tu scrivi: “Tagliarmi con le forbici è diverso, ma il dolore dentro è lo stesso”.
Chi si fa male non vuole morire, vuole sentire qualcosa, liberarsi, ritrovare un confine tra sé e tutto ciò che fa male. Non devi vergognarti di questo. Ma non devi nemmeno restare sola a combattere.
Perché il dolore, anche se ti sembra familiare, non è l’unica casa possibile. Tu meriti di essere ascoltata. E ci sono persone disposte a farlo Anche se in questo momento la tua famiglia non riesce ad esserci per te, esistono adulti sicuri, persone competenti e disponibili che possono aiutarti a uscire da questa gabbia emotiva.
Ti prego, parlane con qualcuno che può agire:
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Un* psicolog* scolastic*.
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Un* insegnante di cui ti fidi.
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Un consultorio giovani (ce ne sono in tutte le città).
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Un centro anti-violenza o un servizio sociale: anche se non subisci violenza fisica, vivi una forma di trascuratezza grave che va presa sul serio.
Il fatto che tu abbia scritto dimostra che dentro di te c’è ancora una parte che crede, anche solo un po’, che potresti meritare qualcosa di meglio. Ed è proprio a quella parte che voglio rivolgermi: non smettere di cercare aiuto.
Non perché sei debole. Ma perché hai diritto a stare bene. Alessia, non sei sola, anche se ti ci fanno sentire ogni giorno.
Tu esisti, tu conti. Anche in questo buio, c’è un’uscita. E c’è qualcuno pronto ad ascoltarti davvero
Dott.ssa Antonella Bellanzon