Gap: cos'è e come affrontare la dipendenza dal gioco d'azzardo

Il gioco d’azzardo patologico, fenomeno che negli ultimi anni sta conoscendo una  massiccia espansione, viene inserito all’interno della quarta  edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi mentali, precisamente nella categoria diagnostica dei disturbi del controllo degli impulsi. Nel manuale è definito come “l'incapacità di resistere a un impulso, ad un desiderio impellente, o alla tentazione di compiere un'azione pericolosa per sé e per gli altri. Il soggetto avverte una sensazione di eccitamento prima di compiere l'azione ed in seguito prova piacere, gratificazione nel momento in cui commette l'azione stessa”. Nell’ultima edizione del manuale (DSM 5) assistiamo ad uno spostamento di tale fenomeno nell’area delle dipendenze, sulla scia delle indicazioni ricavate dalle recenti ricerche scientifiche, che evidenziano delle analogie tra tale disturbo e le dipendenze stesse, che vanno al di là di una fenomenologia strettamente comportamentale, aprendo, perciò, alla possibilità di utilizzare strumenti terapeutici normalmente applicati a diverse forme di addiction.
Nel far riferimento al disturbo da gioco d’azzardo (Gap) ci si riferisce a   disturbi psichici caratterizzati dalla presenza di azioni o gesti incontrollabili, preceduti solitamente da uno stato d’ansia e seguiti, in molti casi, da rimorso e senso di colpa.
Benché questo fenomeno abbia origini antichissime e diffusione geografica estremamente ampia, come può indicarci lo stesso termine “azzardo”, derivante dal termine arabo az-zahr (dado), solo negli ultimi anni, in concomitanza con la sempre più crescente rilevanza economica che il fenomeno ha assunto, è divenuto oggetto di indagine e trattamento clinico. Secondo i recenti dati Eurispes il gioco d’azzardo in Italia coinvolge tra il 70 e l’80% della popolazione pari circa a 30 milioni di persone, in maggioranza uomini tra i 20 e i 60 anni. Tuttavia questa pratica assume forma di dipendenza, tale da poter parlare di gioco d’azzardo patologico, nel 2,2% della popolazione, con una previsione di raddoppio dei numeri, nel giro di pochi anni.
A questo punto è bene specificare che la frequenza dei comportamenti di gioco non determina necessariamente la dipendenza patologica dallo stesso: molti giocatori sono solo appassionati che non investono nell’attività ludica, più risorse di quante ne dispongano, e praticano il gioco per una forma di divertimento, più che per inseguire la vincita stessa: in tali circostanze si parla di gioco d’azzardo ricreativo. La terminologia di Gap viene perciò utilizzata in presenza di incontrollabilità del comportamento di gioco e contemporaneamente compromissione delle aree sociali, lavorative e affettive del soggetto, prevedendo un’associazione con elevati tassi di ideazione suicidiaria e, in alcuni casi,  tentativi di suicidio veri e propri.
Lo sviluppo di questa forma di  dipendenza è caratterizzato da una serie di comportamenti, per i quali i soggetti aumentano progressivamente  la frequenza delle giocate, il tempo passato nell’attività ludica e il capitale economico investito, spesso proprio nel tentativo di recuperare il denaro speso e rifarsi delle perdite subite, con un’inevitabile messa in secondo piano degli  impegni e affetti della propria vita quotidiana.
 La sintomatologia psichica prevede un massiccio assorbimento nel gioco,  nel consumo e nella  pianificazione dell’attività, avendo bisogno di utilizzare sempre maggiori somme di denaro ai fini di raggiungere lo stato di eccitazione desiderato, associato a tentativi di riduzione o interruzione del gioco stesso, senza tuttavia riuscirvi a porre fine, che generano nell’individuo irritabilità ed irrequietezza, in seguito alla frustrazione del fallimento;  a ciò si accompagnano  alterazioni del tono dell’umore, con vissuti di onnipotenza controbilanciati  da sentimenti di impotenza, depressione, sensi di colpa e vissuti ansiosi, insieme a un aumento dell’impulsività e lo sviluppo di una progressiva tendenza alla superstizione.
Il disturbo da gioco d’azzardo patologico tuttavia, essendo per l’appunto una forma di dipendenza, porta con sé anche  una serie di sintomi fisici, quali insonnia, cefalea, alterazioni dell’alimentazione e i sintomi corporei tipici degli stati ansiosi, quali sudorazione, tremore e palpitazioni.
Il contesto familiare viene generalmente tenuto all’oscuro, rispetto a quella che è la reale entità del coinvolgimento nel gioco, sia a livello psichico che economico, in quanto, come precedentemente detto,  il soggetto tende a cercare di recuperare il denaro perduto attraverso l’investimento di maggiori somme, col rischio concreto di entrare in contatto con i circuiti dell’usura, per reperire fondi. Tutto questo va evidentemente a incidere, in maniera significativa, sul sistema di vita della persona, che mette a repentaglio relazioni sociali e possibilità lavorative, generando  un circolo disadattivo e autolesionistico, che incide negativamente sulla qualità della vita di chi, da tale dipendenza è affetto.
Così come ogni altra forma di dipendenza, non si può individuare per lo sviluppo di comportamenti di Gap  una causa univoca, in quanto l’insorgenza di tale disturbo può essere attribuita a una multifattorialità, che si snoda nell’interazione tra fattori ambientali, individuali e culturali.
Per quel che riguarda gli elementi individuali, determinati tratti di personalità costituiscono dei fattori di rischio per lo sviluppo di gioco d’azzardo patologico. In particolar modo l’impulsività, che trova spesso sfogo in comportamenti psico-motori ripetuti e stereotipati all’interno della strutturazione del gioco, sopratutto nelle tipologie di attività che recentemente stanno prendendo maggiormente il sopravvento sul mercato ( quali slot machine, gratta e vinci, bingo, etc.) , e distorsioni cognitive, ovvero pensieri e convinzioni basati su errori logici secondo i quali viene sovrastimata la possibilità della vincita e le proprie capacità di controllare l’esito degli eventi.
Questi elementi vanno ad impiantarsi su un terreno comune costituito da forme depressive e stati d’ansia, con uno spostamento sul versante ossessivo-compulsivo. Soprattutto per quel che riguarda questa modalità compulsiva di manifestazione del comportamento, la funzione del gioco sembra caratterizzarsi come una forma di apparente controllo su una realtà esterna caratterizzata dall’imprevedibilità: non è raro infatti che i giocatori elaborino complessi sistemi e rituali attraverso i quali,nella loro ideazione, è possibile raggiungere la vincita, benché, come paradosso, la maggior parte dei giochi su cui si impiantano le dipendenze,  si basino sul caso.
Essendo un fenomeno che va a collocarsi su un’ampia dimensione di multicasualità, è evidente che anche il trattamento debba avvalersi di differenti canali da utilizzare  in sinergia al fine di fornire al soggetto portatore del disturbo un approccio integrato che lavori su più aspetti della vita dell’individuo, al fine di garantirne un miglioramento della qualità. Appare evidente a questo punto la necessità dell’individualizzazione di qualsiasi forma di trattamento si metta in atto, tenendo presente tuttavia che la sola astinenza dai comportamenti di gioco non può essere valutata come obiettivo soddisfacente.
Nell’ottica dell’integrazione degli interventi appaiono molto diffusi ed utili i gruppi di giocatori anonimi, basati sul sistema dei gruppi di auto-aiuto, che forniscono un contesto di scambio e confronto dell’esperienza e contemporaneamente di contenimento emotivo rispetto ai vissuti di frustrazione e solitudine spesso presenti in queste forme di dipendenza.
Per quel che riguarda il trattamento psicoterapeutico individuale, esso non può prescindere dalla motivazione del soggetto al cambiamento, e a tal fine sarà innanzitutto necessario spostare lo sguardo del paziente dall’aspetto economico del comportamento alle difficoltà che lo stesso crea nella vita affettiva, sociale e lavorativa del giocatore.
 Nel contesto terapeutico è necessario perciò concentrarsi e individuare il significato che per il singolo individuo ha il gioco d’azzardo, lavorando sulla risoluzione dei conflitti che ne sono alla base, collegati a specifici e personalissimi vissuti che toccano le aree dell’affettività, della socializzazione e del confine tra l’Io e la realtà. Non è raro inoltre riscontrare nei soggetti affetti da questa forma di dipendenza vissuti e sentimenti di ostilità verso se stessi e verso le figure d’autorità della propria vita, in cui il gioco compulsivo va a prendere le caratteristiche di una modalità di espressione di questi stati emotivi  e di gestione di tali vissuti aggressivi che non possono essere espressi nel contesto sociale ed intra-psichico del giocatore, finendo per essere negati e rifiutati e assumendo forme differenti e apparentemente più controllabili, come nel caso del  gioco compulsivo.
Ecco quindi che il setting terapeutico si configura come uno spazio accogliente e protetto, contenitivo rispetto ai sentimenti di colpa e vergogna,  in cui è possibile inoltre far emergere i vissuti negativi , al fine di darvi forma e riconoscerli per poterli reintegrare all’interno di un funzionamento emotivo maggiormente adattivo, che si collochi sul versante della libera scelta emotiva e comportamentale piuttosto che dell’incontrollabilità dell’impulso.                                                                               

 


Bibliografia:

- Savron G., Pitti P., De Luca R., Guerreschi C.; “Psicopatologia e gioco d’azzardo: uno studio preliminare su un campione di Giocatori d’Azzardo Patologici”; 2001, Rivista di psichiatria, 36(1):14-20
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- Lavanco G.; “Gap il gioco d'azzardo patologico. Orientamenti per la prevenzione e la             cura”; Pacini editore, 2014
- Marino M., Arrisone C.; “GAP. Il gioco malato”; Odòn editore, 2014
   - Serpelloni G; “Gambling. Gioco d’azzardo problematico e patologico: inquadramento generale,   meccanismi fisio-patologici,vulnerabilità, evidenze scientifiche per la prevenzione, cura e riabilitazione” ; Manuale per i Dipartimenti delle Dipendenze,2013

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