La psicopatologia in ottica gestaltica

La diagnosi gestaltista è una diagnosi di tipo fenomenologico, intendendo per fenomenologia una visione  della realtà che mira più alla descrizione dei fenomeni che non ad imputare loro un significato.
Il terapeuta gestaltista osserva ciò che accade nel “qui ed ora” al confine di contatto, secondo una prospettiva funzionale piuttosto che eziologica.
Il confine di contatto è costituito dalle funzioni di contatto, che sono: guardare, ascoltare, muoversi, sembrare e toccare.
E’ principalmente per il modo proprio del paziente di utilizzare le sue funzioni di contatto che il terapeuta gestaltista perviene ad un apprezzamento clinico del funzionamento globale dell’individuo.
Il disturbo o la disfunzione del confine di contatto è mantenuto dai diversi modi di resistenza e di adattamento al contatto e da uno sfruttamento insufficiente dei vari sistemi di sostegno intra e interpersonale.
Le modalità di resistenza al contatto sono: la confluenza, l’introiezione, la proiezione, la retroflessione e la deflessione.
La confluenzaè un disturbo del confine di contatto per cui non esiste una rappresentazione netta di ciò che è Io e ciò che è non Io. L’individuo riduce al minimo le differenze con l’ambiente ed è incapace di circoscrivere la propria esperienza. Dal punto di vista adattativo, alcune situazioni della vita in comune suppongono che si rinunci, volontariamente e provvisoriamente, a parte della propria libertà individuale.
L’introiezione è un modo di adattamento o di resistenza al contatto in virtù del quale ciò che fa parte dell’ambiente è sentito come parte di sé. Si introietta quando si adottano senza rendersene conto le posizioni fisiche o mentali di qualcun altro. Si introietta in maniera positiva, invece, quando la persona che assimila decompone gli elementi dell’ambiente e sceglie ciò che è nutriente per sé respingendo ciò che è tossico.
Se nell’introiezione l’individuo incorpora passivamente ciò che l’ambiente gli fornisce, nel meccanismo della proiezione colui che proietta si disappropria di aspetti di se stesso e li attribuisce all’ambiente. L’individuo non può accettare i propri sentimenti e le proprie azioni a causa dell’introietto fondamentale, secondo cui egli “non deve” sentire ed agire in quel determinato modo. Nella modalità sana la proiezione si esprime con l’empatia, e sapere estrapolare ciò che si sa su se stessi come vero anche per gli altri consente la mutualità.
La retroflessione è il meccanismo mediante cui l’individuo rivolge a se stesso ciò che vorrebbe fare agli altri o fa a se stesso ciò che vorrebbe che qualcun altro facesse a lui. Egli smette di dirigere le proprie energie verso l’esterno nel tentativo di soddisfare i propri bisogni e le dirige all’interno, sostituendo se stesso all’ambiente. Da un punto di vista adattativo la retroflessione è il fondamento del pensiero strategico, della riflessione, della capacità di sopportare la frustrazione e di perseguire progetti a lungo termine.
La deflessione, infine, è lo spostamento dell’energia verso terzi, al fine di diminuire l’intensità del contatto (ad esempio evitando lo sguardo diretto o utilizzando un linguaggio vago). Sul piano adattativo la deflessione permette di diminuire l’intensità di ciò che in quel momento sarebbe insopportabile.
Dunque le persone che non funzionano in modo ottimale hanno una propensione a delle interruzioni, esitazioni o debolezze in momenti particolari del ciclo di esperienze con l’ambiente.
Le interruzioni del ciclo di contatto possono essere correlate alla psicopatologia descritta nella classificazione psichiatrica.


 
                                         
                                               Mobilitazione dell’energia
                         (proiezione)                                                 (retroflessione)
 
                 Simbolizzazione                                                       Azione
(introiezione)                                                                                    (deflessione)
 
                    Sensazione                                                                 Contatto
(confluenza)                                                                                                 (confluenza)
      Ritiro                                                                                                            Ritiro
 
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1)    Nella confluenza (interruzione tra la fase del ritiro e la sensazione) l’organismo non riesce a sostenere l’angoscia normale della separazione dalla situazione in cui si trovava precedentemente.Ciò accade in tutte quelle situazioni in cui l’intero organismo, o parti di esso, non si è differenziato. Certi disordini profondi, come ad esempio uno stato schizofrenico in cui l’individuo sembra non rispondere agli input sensoriali del proprio corpo, si possono individuare in questo modo.
 
2)  Nel momento in cui l’organismo inizia a identificare il bisogno, emergono gli apprendimenti passati (introietti) che possono impedire o falsificare la consapevolezza. L’individuo non sa ciò di cui ha bisogno e può provare delle sensazioni senza capirne il significato. I principali disturbi che troviamo in questa fase sono ansia, ipocondria, disturbi della personalità del gruppo C, depressione.
 
3)  Molti individui, anche se sono consapevoli dei loro bisogni, non riescono a sviluppare una forza tale da fare ciò che è giusto per loro e si sentono incapaci di passare all’azione. Il più delle volte l’energia si blocca per paura dell’eccitazione e delle forti emozioni. Qui si attua la proiezione: non potendo esprimere i propri sentimenti, li si fa appartenere all’ambiente o si imputano a qualcuno intenzioni o pensieri complementari ai nostri, come modo per legittimare ciò che si prova o che si pensa.
Tra i disturbi troviamo depressione, paranoia, disturbi della personalità del gruppo A e del gruppo B.
 
4)  Quando l’organismo è pronto al contatto, se gli viene a mancare il sostegno adeguato, si sente travolto dal panico, blocca l’azione appropriata e si ritira in prossimità del contatto finale. L’energia inverte la propria direzione e invece di proseguire verso l’ambiente si ritorce verso l’organismo (retroflessione). Alcuni disturbi che possiamo trovare in questa fase sono ad esempio la somatizzazione, l’ansia, il disturbo ossessivo-compulsivo e il disturbo evitante.
 
5)  Se l’interruzione avviene nella fase tra l’azione e il contatto, spesso ci troviamo di fronte ad un soggetto clinicamente isterico. La modalità di resistenza al contatto è la deflessione. In questo caso l’individuo non è in grado di assimilare la propria esperienza e non sa agire in maniera mirata: è dispersivo e distratto. Queste disfunzioni gli danno un senso di irrealtà interiore, spesso si sente privo di contatto con il proprio ambiente e avverte un senso di vuoto interiore.
 
6)  Infine, quando il ciclo si interrompe nella fase fra contatto e ritiro, significa che l’individuo non è in grado di lasciare andare la propria esperienza quando è al culmine. Al confine di contatto, dove si verifica l’azione rispetto all’ambiente, egli diventa confuso. Ha difficoltà a dosare il contatto, non sapendo quanto dare o ricevere, e di conseguenza si può sentire rifiutato e confuso sulle distanze tra sé e gli altri. Esempio di disturbo: simbiosi, personalità borderline.

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